Per l'Alta Langa è il momento della ribalta, ma bisogna trovare un'identità comune

12 Mar 2025, 10:42 | a cura di
Da straordinaria promessa a segreto ben custodito, le bollicine piemontesi conquistano anche la stampa estera

Una storia recente costruita su una traccia ben più lontana. L’Alta Langa ha appena 20 anni come denominazione, eppure insiste su quelle colline tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria, che hanno conosciuto le prime prove in assoluto del Metodo Classico italiano. La denominazione, che ha appena ottenuto il riconoscimento di "Vino dell'anno Regione Piemonte", ha adesso la possibilità di fare un passo in avanti, almeno sul piano della promozione.

Oltre che in termini di numeri, il suo sviluppo vede un’identità ancora da plasmare pienamente. «È ancora tutto da costruire. Siamo agli inizi» esordisce Mariacristina Castelletta, presidente del Consorzio Alta Langa. Siamo stati sul territorio per una panoramica dettagliata: la qualità media dei prodotti è di buon livello, anche se manca un’intonazione generale per restituire un’identità univoca e condivisa di questo spumante.

Alta Langa: Un disciplinare di ferro

«In queste zone c’è una grande potenzialità da esprimere. L’importante è che le aziende siano disposte a credere e a investire su questa denominazione. Si deve lavorare sull’incrementare un’uniformità stilistica e aumentare sempre di più la qualità. È importante farci conoscere per poi alzare sempre di più il tiro», dice Alberto Cane dell’azienda Marcalberto.

Una denominazione che si distingue per l’impostazione rigida, dai paletti ben piantati in profondità nel testo del disciplinare. «Si distingue dagli altri Metodo Classico italiani di riferimento – Franciacorta, Oltrepò e Trentodoc – grazie al disciplinare di produzione e in parte anche per l'orientamento di molti produttori verso stili pas dosé ed extra brut. I vini hanno un carattere asciutto, deciso, che può trovare consenso nei mercati esteri, anche se a mio avviso i toni a volte austeri potrebbero risultare un limite», dice Richard Baudains editor di Decanter.

L’affinamento minimo sui lieviti è di ben 30 mesi, mentre per lo Champagne – tanto per citare un prodotto di riferimento per le bollicine di qualità – il tempo è di “appena” 15 mesi. Territorio e annata, poi, sono legati in maniera stretta dalla impossibilità di produrre Alta Langa “sans année”: qui si punta forte sul millesimo. Infine, c’è l’indicazione del limite altimetrico minimo per la coltivazione dei vigneti: 250 metri sul livello del mare. «La quota media dei vigneti è di 450 metri. Il punto più alto sfiora i 900», spiega l’agronomo Edmondo Bonelli. Per i vitigni, invece, si guarda a pinot nero e chardonnay che compongono lo spumante dal 90 al 100%.

«Trovo che un disciplinare così rigido serva a tagliare fuori le aziende che non ci credono o vogliono solo completare la gamma aziendale con una bollicina», afferma Umberto Bera dalla sua cantina di Neviglie. Non mancano però perplessità rispetto a queste considerazioni; le esprime Alberto Cane: «Nello champagne un millesimato è visto come un prodotto d’élite di quella specifica annata. Nell’Alta Langa, in cui tutte le etichette sono millesimati, è difficile comunicare prodotti di fascia alta e di fascia bassa. Noi ci siamo adeguati alle regole, ma continuiamo a fare selezioni che possono non entrare nella denominazione per distinguere i prodotti».

Lavorare sull'identità dell’Alta Langa

La denominazione è giovane, ed è tangibile la sua dimensione ancora in via di sviluppo. I limiti perimetrali sono segnati dal disciplinare e tra i produttori si sta piano piano facendo strada l’idea di una dimensione identitaria comune. Sull’identità, però, c’è ancora da lavorare. Non che ne manchi una, ma è il momento di girare la ghiera dell’obiettivo per mettere meglio a fuoco diversi elementi: aspirare a una maggiore uniformità di produzione per rendere la denominazione riconoscibile e facilmente individuabile, senza però rinunciare alle sfaccettature date dai diversi terreni e dalle differenti vigne.

«I punti identitari sono più evidenti in quelle aziende che fanno spumanti da parecchi anni, un po’ meno in quelle nuove che si sono affacciate a questa produzione recentemente - sottolinea Alberto Cane – Un fenomeno normale in una denominazione che si sta formando, ma spero che questo tratto si assottigli sempre di più, affiancato da una produzione di bottiglie numericamente più elevata. Per me – spiega il titolare di Marcalberto – il futuro dell’Alta Langa è quello di una denominazione di nicchia: più fondata sui valori che non sui grandi numeri. Per ora vedo la diversità di gusto come un valore aggiunto legato alla diversità di territorio. Bisogna dare priorità alla qualità e poi pensare a costruire una “idea di omogeneità”».

L'Alta Langa vista dall’estero

Una considerazione importante, quella di Cane, soprattutto se il discorso viene riferito a un pubblico o a una dimensione internazionale. «Se parli di spumanti italiani nel Regno Unito, tutti conoscono il Prosecco. L’Alta Langa, per ora, rimane un segreto ben custodito e merita maggior riconoscimento. L'aumento della consapevolezza del suo marchio richiede una comunicazione approfondita, una strategia di marketing coerente e ben coordinata rivolta ai suoi segmenti target», afferma Will Wong, critico e fotografo.

Gli fa eco il giornalista Yasuyuki Ukita: «In Giappone, la diffusione di Alta Langa è limitata rispetto a Champagne, Cava, Prosecco o Franciacorta. Sono, però, rimasto fortemente colpito dall'alta qualità. A seconda di come verrà promosso, credo che abbia buone probabilità che possa diventare il "prossimo Champagne" nel mercato giapponese».

La concorrenza con lo Champagne

Molto positivo è il giudizio di Brianne Cohen, wine educator e wine writer di Los Angeles. « Vedo l'Alta Langa Docg come una grandiosa promessa, perché è in grado di sfruttare la reputazione di alta qualità della regione Piemonte nel suo complesso, guidata dai vini di Barolo e Barbaresco. L'unica sfida che prevedo, che non riguarda solo l'Alta Langa, è la concorrenza dello Champagne sia in termini di prezzo che di reputazione qualitativa. Tuttavia, può fare da apripista per gli amanti delle bollicine che sono alla ricerca di qualcosa di diverso e unico».

Idee condivise anche dalla Master of Wine canadese Jacqueline Cole Blisson: «Le opportunità di riconoscimento e crescita internazionale ci sono sicuramente. Il mio unico dubbio è sulla prevalenza di vini a dosaggio zero. Forse man mano che i vini maturano e diventano più concentrati, questo stile funzionerà meglio, ma alcuni vini potrebbero trarre beneficio da pochi grammi di dosaggio (arrivando all’ extra-brut) per bilanciare l'acidità ed evitare che il finale sia troppo austero. I vini Zéro Dosage sono molto alla moda per i sommelier, ma penso che dobbiamo tenere a mente il consumatore finale: sospetto che non siano così grandi fan di questo stile secco come noi, nel commercio. Pensiamoci!».

Più che una scommessa, l’Alta Langa è una nuova idea: la prospettiva di una denominazione che si sta cucendo addosso un territorio che ha tutte le carte in regola per emergere nella produzione spumantistica.

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