Il 15 ottobre 2015, dopo otto ore di pioggia ininterrotta, acqua, fango e detriti invasero vallate e pianure in provincia di Benevento, allagando abitazioni, campi coltivati, vigneti, in diversi Comuni tra Dugenta e Ariano Irpino. L'alluvione del beneventano scaricò 60 milioni di metri cubi d'acqua in breve tempo. Fu una dura ferita per questo territorio della Campania, che ne subì un'altra del tutto simile pochi giorni dopo, il 19 ottobre, nell'area della Val Fortore. Una settimana dopo il maltempo, i cittadini avevano ancora la pala in mano per ripulire case, cortili e scantinati. E nelle campagne, strade e ponti furono fortemente danneggiati dall'esondazione di fiumi e torrenti. Le vigne vennero rovesciate in poco tempo dalla furia delle acque: oltre seicento gli ettari interessati in decine di comuni tra cui Torrecuso, Ponte, Solopaca. A un anno da quel disastro, il territorio si è rialzato, come raccontano gli stessi produttori colpiti, i vigneti sono stati rimessi in piedi, le cantine sono nuovamente attive, i macchinari ripristinati, ma ciò che non si è ancora visto è il rimborso dei danni.
I danni nella provincia di Benevento
Nella provincia di Benevento, la più produttiva della Campania, ci sono circa diecimila ettari di vigna; sotto il fango di un anno fa è finito meno del 10% della superficie totale, come spiega il numero uno del Consorzio vini Dop Sannio, Libero Rillo: “Ci stiamo rialzando, ma è stata la caparbietà dei nostri coltivatori e imprenditori vitivinicoli a consentire la ripartenza del settore dopo l'alluvione. Nel senso che ognuno ha agito con le proprie forze, fisiche ed economiche. I risarcimenti sono stati annunciati, promessi da parte dell'amministrazione regionale, dopo molto tempo passato a conteggiare le perdite assieme a Prefetture, Comunità montane e tecnici regionali, ma non si è visto ancora niente”.
I 5 milioni per i danni atmosferici del Piano di Sviluppo Rurale
Attualmente, un bando del Piano di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020, con scadenza il 25 novembre, prevede investimenti per oltre 70 milioni di euro, di cui 5 per il ripristino del potenziale produttivo per le imprese danneggiate da eventi atmosferici, che abbiano subito almeno il 30% di danno sulla produzione lorda vendibile. Cinque milioni di euro a fronte di richieste di risarcimento stimate per oltre cento milioni di euro.
L'iniziativa della cooperativa
“È evidente che con questi tetti non sarà facile accedere al contributo”, commenta Carmine Coletta, agronomo e presidente di Cantina Solopaca, la cooperativa che un anno fa, dopo essere stata colpita dal maltempo, lanciò un'intelligente campagna di raccolta fondi dal titolo 'sporche ma buone', con cui provò a rialzarsi immediatamente, dopo essere finita in ginocchio e nel fango del fiume Calore, vendendo circa centomila bottiglie recuperate, non più etichettabili, ma il cui vino non era stato compromesso. Un souvenir autentico della storica alluvione che consentì ai soci di Solopaca di recuperare 300 mila euro in pochi mesi, su un danno stimato alla cantina pari a quasi un milione di euro. “Finora non abbiamo ottenuto nulla su alcun fronte, ma quello che più dispiace è che non ci sia stata concessa nemmeno la proroga dei versamenti dei contributi Inps, così come ci fu prospettata”, sottolinea Coletta, ricordando che la cantina, che quest'anno festeggia con un libro e diversi eventi i suoi 50 anni di attività, consente a ben 600 conferitori di uve di andare avanti. “Quella che stiamo vivendo ci sembra una storia di ordinaria burocrazia” aggiunge “e ci stiamo quasi rassegnando al fatto che tutto cadrà sulle nostre spalle. Un bando poco chiaro sulle richieste di risarcimento non chiarisce, per esempio, se il danno sulla plv debba essere valutato in rapporto al fatturato complessivo, che nel nostro caso è di 900 mila euro su 10 milioni di euro. Però ci sono viticoltori che hanno perso tutto il vigneto”. Di fatto, Solopaca produrrà nel 2016 tra 20 e 25% di uve in meno, considerando anche l'annata non facile per gelate e peronospora, nei mesi primaverili.
Amarezza anche tra i produttori privati e piccole cantine. “La cifra prevista dal bando Psr è irrisoria e la situazione generale è tale per cui siamo stati abbandonati a noi stessi”, si sfoga Lorenzo Nifo, proprietario dell'azienda Nifo Sarrapochiello, che un anno fa subì danni soprattutto ai vigneti: 3 ettari su circa 18. “Una parte di questi ettari non è utilizzabile mentre in un'altra abbiamo recuperato le piante rimettendole in piedi e riposizionando pali e fili. Nel frattempo, abbiamo fatto alcuni nuovi impianti che potrebbero compensare le perdite di quest'ultimo anno. Per quanto mi riguarda, questo 2016 è meglio non ricordarlo. E ciò che ho fatto l'ho potuto fare grazie alle mie forze e alla solidarietà degli amici”.
La giovane produttrice Giusy Rapuano(Torre del Pagus, azienda da 15 ettari) fu una delle prime a postare sul suo profilo Facebook le terribili foto dell'alluvione e delle pietre trascinate dall'acqua che invasero la sua cantina a Paupisi. “Abbiamo riacquistato dei macchinari per la cantina, abbiamo perso anche del vino, mentre per quanto riguarda i vigneti l'esondazione del fiume Calore ha raso al suolo due ettari nel comune di Ponte, che in parte sono stati reimpiantati e per il resto sono rimasti così”. I risarcimenti? “Abbiamo fatto richiesta tramite i nostri agronomi. Ma, finora, chi ha potuto ha rimesso le cose a posto da sé”.
Grande delusione è la parola che Luca Baldino, che gestisce la cantina Santiquaranta, ripete più spesso. La sua azienda da 6 ettari produce, tra le altre cose, il Moscato di Baselice, dopo aver recuperato la varietà intorno al 2000. “L'alluvione lo ha distrutto, noi lo abbiamo estirpato, abbiamo sistemato il terreno e rifatto l'impianto, che sarà nuovamente produttivo nel 2019”. Oltre 30 mila euro la spesa per i lavori e sicuramente non sono sufficienti: “L'impianto dovrà essere completato” spiega Baldino che, come altri imprenditori, aveva compilato a suo tempo la ben nota “scheda C”, riservata alle attività produttive per la stima dei danni, che nel suo caso sono ammontati a 160 mila euro (compresi quelli alla cantina di trasformazione), dopo le perizie dei vigili del fuoco. “Viviamo un paradosso: dopo l'alluvione è stato dichiarato lo stato d'emergenza e di calamità naturale, l'Inps non ha concesso la posticipazione dei contributi previdenziali, il Psr è uscito con ritardo e ora il bando che scade a novembre prevede criteri che non ci daranno accesso ai risarcimenti. Non capisco lo spirito di questa norma. Si è scelto” sottolinea Baldino “di introdurre un parametro d'accesso ai fondi come quello del 30% sulla produzione lorda vendibile, che taglia fuori gran parte delle aziende come la mia. Pertanto, secondo questo bando, chi ha perso il vigneto e non l'uva, che era già stata raccolta, è come se non avesse perso nulla. Il risultato è che non presenterò neppure la domanda”.
Un anno tra isolamento e incertezze
A un anno dall'alluvione, il prezzo pagato dalle comunità non è meramente economico. Le ferite sul territorio provinciale sono ancora visibili, come fa notare Gennarino Masiello, vice presidente nazionale e presidente della federazione campana di Coldiretti: “Gli interventi necessari a evitare che si ripeta un evento simile non sono stati messi in campo, né sul fronte prevenzione del rischio idrogeologico, né su quello del ripristino della viabilità. Ancora oggi, in alcune zone, ci sono famiglie isolate che per rientrare a casa devono parcheggiare l'auto a centinaia di metri e percorrere dei ponti a piedi”. Sul piano dei rimborsi, invece, Masiello sottolinea l'assenza di coordinamento: “Passata la fase d'emergenza, non c'è stata la possibilità di sederci attorno a un tavolo con le istituzioni e pianificare le priorità”. Pochi giorni fa il Governo, attraverso il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato misure per risollevare il settore agroalimentare nel Centro Italia, dopo il terremoto dello scorso agosto, tra cui indennizzi fino al 100%, 35 milioni per le imprese, un piano di rilancio da 220 milioni in tre anni attraverso i Psr: “Fatto salvo che le vite umane hanno la priorità su ogni cosa” fa notare Masiello “sia un terremoto sia un'alluvione provocano dei danni alle imprese che in quanto tali vanno riparati, senza particolari distinzioni”.
L'opzione assicurativa
In pratica, per le imprese agricole e vitivinicole che vogliono evitare le pastoie burocratiche e l'incertezza normativa, l'unica via certa sembrerebbe assicurare il raccolto, fa notare la Confagricoltura, considerate le esigue disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali (appena il 2% dei danni all'agricoltura italiana sono stati coperti). L'Ue da tempo insiste su questa strategia e il Piano nazionale di sostegno incentiva l'opzione assicurativa. Anche se, la percentuale di produttori del sud Italia che sceglie di stipulare una polizza contro le calamità naturali è ancora troppo bassa rispetto alle imprese del Nord Italia.
a cura di Gianluca Atzeni