Alessandra Quarta: una nuova leadership giovane, competente e tutta al femminile alla guida di tre cantine

17 Giu 2023, 10:58 | a cura di
Un cambio generazionale vede Alessandra Quarta prendere le redini di Tenute Eméra, Cantina Sanpaolo e Moros, tre cantine, tre diversi territori, ma accomunate dalla stessa prospettiva e dagli stessi obiettivi

La triplice realtà di produzione vitivinicola fondata da Claudio Quarta nel sud Italia negli anni è riuscita a veicolare l’ambiziosa prospettiva di produrre vini che riescono a trasportare l’identità di un territorio. Un progetto iniziato con Tenute Eméra, che ha ricevuto quest’anno i Tre Bicchieri e che ora vede un cambio di testimone. Alessandra Quarta ha infatti preso le redini dell’azienda, proseguendo sulle orme di suo padre e portando in azienda nuove prospettive e progetti.

Come ti sei avvicinata al mondo del vino?

Mentre studiavo per laurearmi in Economia la nostra azienda era un progetto ancora in fase di lavorazione. Quello che mi ha portato sulla strada del vino, sono state le esperienze all’Unesco a Roma, dove ho incontrato la mia mentore: Danielle Mazzonis. Lei mi ha portato in Sud America, per valutare progetti di sviluppo di piccole comunità. Tornata in Italia, dopo essere andata al Vinitaly ho voluto riscoprire le mie radici nel sud, portando con me l’esperienza appresa in Sud America. Le persone e il territorio sono al centro di ciò che voglio fare e in questo il vino è un mezzo di espressione.

Ora sei tu a guidare l’azienda.

Il 4 maggio abbiamo comunicato questa decisione presa insieme con mio padre, all’interno dell’azienda. Abbiamo sofferto molto la pandemia e quest’anno continua ad essere un anno critico. Abbiamo pensato che fosse necessario un cambio di leadership. Una decisione presa in anticipo se la confrontiamo ad altre realtà, ma pensavamo che una guida rinnovata, giovane e al femminile, potesse essere un modo per ripartire e riprenderci dalla crisi degli scorsi anni. Da quando sono entrata in azienda, tuttavia, mio padre mi ha sempre coinvolta facendomi vivere l’azienda in prima persona.

Quale sarà l’aspetto più ostico di questo ruolo?

Quando sei tu in prima persona a dover prendere decisioni il senso di responsabilità aumenta tantissimo. Per me mio padre è stato il grande innovatore mentre io, paradossalmente mi vedo più come una conservatrice. La grossa sfida sarà realizzare le mie idee, mettendole in pratica e seguendo un mio percorso. Mio padre rimarrà sempre con me al mio fianco, anche perché rimane in ambito aziendale come presidente e nella produzione è la persona di riferimento che darà una impostazione ai vini e continuerà nei progetti di ricerca.

Dammi un’immagine del tuo Meridione

Io vivo due regioni diverse: il Salento e l’Irpinia. Due realtà che hanno una costituzione molto diversa. L’Irpinia ha una tradizione di viticoltura antica e profonda, però ha meno appeal turistico. In Puglia la situazione è ribaltata: c’è ancora una cultura del vino ancora poco focalizzata sulla qualità. Si potrebbe fare molto di più perché il potenziale c’è, ma ancora oggi si ha ancora quella visione poco precisa, poca attenta che non valorizza i singoli territori. Gode però  di un turismo florido. Fatte queste distinzioni, mi sento di dire che c’è potenziale e attenzione dai mercati internazionali su territori meno noti e vitigni autoctoni poco conosciuti. Come comunità vitivinicola si deve lavorare sul creare dei distretti del vino. I consorzi sono attori fondamentali sul territorio per andare verso questa direzione.

Nuovi progetti nel futuro dell’azienda?

Dopo la vendemmia di quest’anno vorrei portare avanti l’impianto di una piccola parcella di negroamaro su piede franco. Una sfida che nasce dall’ispirazione di una produttrice dell’Oregon: Mimi Casteel che coltiva Pinot Nero su piede franco. La sua storia mi ha ispirato a cominciare questo esperimento. Mi ha motivato anche vedere negli ultimi anni un patrimonio sgretolarsi per via della Xylella. Un male che mi ha ricordato l’epidemia della fillossera. Una storia che si ripete. È una sfida che sono ansiosa portare avanti perché mette in gioco tutto l’idea di preservare un territorio e proporre delle etichette per raccontare il progetto.

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