Si è spento ieri sera Giuseppe Benanti, (nella foto tra i due figli), classe 1945, produttore di spicco del comprensorio dell’Etna, tra i primi in assoluto a credere fortemente nel potenziale della viticoltura etnea. Mosso da antiche memorie di famiglia nel campo vitivinicolo, ha il merito di avere investito, sin dalla seconda parte degli anni Ottanta, tempo e risorse nella valorizzazione dei vitigni tipici dell'area attorno al vulcano, nello specifico sul versante Nord, ma non solo, grazie a un accurato approfondimento delle differenze fra le varie contrade, la vera unità di misura della viticoltura locale.
Giuseppe Benanti con il vino: pioniere della viticoltura dell’Etna
Aveva intuito la complessità dei terreni dell’Etna, mettendo a frutto l'incidenza delle diverse esposizioni, la definizione di modelli di riferimento, individuati infine nella tradizione. La riscoperta dell’alberello etneo, con il contributo dell’enologo Salvo Foti, è diventata una fonte d’ispirazione per tutti i produttori della zona. E se oggi l'Etna è in grande spolvero lo dobbiamo soprattutto al brillante lavoro del Cavaliere del Lavoro, collezionista d’arte e accademico aggregato dei Georgofili. I vini di Benanti sono diventati dei grandi classici dell’enologia tricolore, su tutti l’Etna Bianco Superiore Pietra Marina, un Carricante semplicemente unico per profondità e complessità. I pochi fortunati che hanno ancora in cantina dei millesimi degli anni ’90 sanno di avere tra le mani uno dei più grandi bianchi mai prodotti sul territorio italiano. Ma anche sul fronte dei rossi ha fatto scuola, a partire dal Serra della Contessa, che da tempo gira il mondo raccontando, al ritmo del nerello mascalese, il valore di questo spicchio unico di Sicilia. In questo momento di tristezza, ci stringiamo attorno ai figli Antonio e Salvino, che hanno ereditato la stessa passione per un territorio di una bellezza magnetica. Che la terra ti sia lieve, Giuseppe.