Verso, il ristorante dei fratelli Capitaneo dove la chef’s table diventa non l’eccezione ma la regola

21 Nov 2023, 09:59 | a cura di

Quante ne abbiamo dovute sopportare, noi italiani, negli ultimi anni, pensavo l’altro giorno pranzando da Verso, a Milano, il ristorante che ha da poco portato le stelle (uno-duè) in piazza Duomo, a Milano. Non ci hanno lasciati in pace un attimo - pensavo - tutti là a cercare di smontare le nostre certezze a proposito di come andrebbe glorificato il momento della cena, borghesemente codificato come momento intimo, individualistico, fatto di gusti e scelte personali incastrate in percorsi rassicuranti e uguali da decenni. E invece no. Cresciuti nel mito della scansione liturgica antipasto-primo-secondo-dolce, ci siamo dovuti adattare allo smontaggio e rimontaggio del menu, senza nemmeno il conforto delle istruzioni Ikea. Secondi che diventano antipasti, dolci-non-dolci, piatti camouflage bravissimi nell’arte del depistaggio, spaghetti a fine pasto, menu degustazione che alternano flashback e flash forward.

Abitudini terremotate

Poi ci siamo dovuti rassegnare alla condivisione, noi che “il piatto è mio e lo gestisco io” e al contrario ora ordini democratici, piatti in mezzo, forchette che si scontrano, una deriva plebiscitaria che ancora qualcuno non gradisce, preferendo un sovranismo alimentare alla comune: una questione politica. Ancora: ecco i social table, noi che più spazio c’era tra un tavolo e l’altro e più gradivamo, che giunti al ristorante cercavamo con lo sguardo il luogo più appartato, concependo il momento del pasto come un momento intimo, pudico, un panno sporco da lavare in famiglia, e anzi criticavamo quella mania francese di stipare nei bistrot decine di commensali in pochi metri quadrati; mentre ora anche da noi ci si accomoda accanto a sconosciuti sul tavolacci lunghi o issati sul bancone e ci si acconcia a convenevoli talora piacevole, spesso imbarazzati. E dov’è finita la vecchia cara tovaglia? Ormai ci invitano ad apprezzare le nervature di certi legni pregiati piuttosto che la perfetta stiratura di una tovaglia in fiandra.
Verso Ristorante Milano

Da Verso, interscambio tra brigata e clienti

Su questo riflettevamo e non a caso da Verso, un locale il cui rapido successo di critica e di pubblico in realtà è parimenti attribuibile alla precisione bartoliniana dell’opera di Remo e Mario Capitaneo, i fratelli pugliesi che guidano la cucina, e al modo in cui è stato disegnato il locale arrampicato al secondo piano di un anonimo palazzo affacciato sulla piazza più piazzosa di Milano. Ci sono tre lunghe postazioni da sei posti disegnati quasi come banchi da giurie, e a questo assomigliano in realtà i commensali che vi si accomodano, che hanno i loro compagni di avventura a fianco e non davanti, perché lo sguardo va tutto alla cucina, che si allunga là davanti, rendendo inevitabile un continuo interscambio tra la brigata e i clienti. I piatti vengono preparati letteralmente davanti agli occhi di chi li mangerà, spesso rifiniti al tavolo, grazie a certe lampade pendenti e allungabili, che soccorrono sia il cliente nella sua urgenza di immagini instagrammabili sia lo chef-de-partie nel dare gli ultimi tocchi.

Verso Ristorante Milano Capitaneo

Spettacolo d'arte varia

 

 

 

Certo, lo chef’s table non lo hanno inventato i Capitaneo, e formule di condivisione di spazi e azione tra il front office e il back office si sono sempre più diffuse, già altri locali come Condividere a Torino hanno accorciato le distanze conoscendo per questo meritata fama presso il pubblico più avanguardista e socievole. Ma qui siamo oltre: qui lo chef’s table diventa non l’eccezione ma la regola, la cena diventa spettacolo di arte varia, una pièce teatrale nelle sue prove generali, un permanente.

La quarta parete che cade, ecco. Questo cambia decisamente la sintassi del momento, il pubblico è meno predisposto a isolarsi dal viaggio e anzi incoraggiato a concentrarsi su esso, guardando fuori dal finestrino incessantemente. Il pubblico prevale sul privato, il politico sull’individuale. Probabilmente Verso non è il posto giusto dove andare per il primo incontro, per un compleanno, se si ha intenzione di chiedere alla propria fidanzata di andare a vivere assime, se si deve discutere di budget, se si vuole piluccare qualcosa continuando a scrivere mail e whatsapp. O meglio, per questi usi convenzionali del pasto ci sono una saletta privata o un tavolo da dieci staccato dai tre banconi. Ma Verso non nasce per questo uso e di certo questa logica collettivista cambia anche le dinamiche in una brigata costretta a essere silenziosa, a muoversi come un corpo di ballo, a levigare ogni contrasto. Tutto deve essere stabilito prima, gli errori ridtti al minimo perché difficilmente correggibili in diretta. Addio Hell’s Kitchen, qui si cucina come in paradiso, o almeno come in un purgatorio di altissima efficienza.

 

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