«Tuba comincia ad avere una sua storia» dice Barbara Kenny che ha aperto questa libreria-bar nel novembre 2007 insieme a Barbara Piccolo, grazie a un bando per l'imprenditoria femminile. «Sapevamo solo che volevamo creare uno spazio di socialità femminista facile da attraversare, bello, accogliente e soprattutto su strada. Qualcosa che a Roma non c'era». Partono. «Eravamo dilettanti allo sbaraglio». L'inesperienza pesa, ma lentamente Tuba acquisisce una identità così forte da diventare il punto di riferimento di una galassia di donne pensanti molto più ampia e variegata di come loro stesse se l'erano immaginata. Partono dai libri poiché li ritengono lo strumento adatto per creare una socialità, ma vogliono anche sdoganare un discorso sulla sessualità che parli del desiderio erotico e del corpo dal punto di vista femminile; nei primi anni duemila vogliono ribaltare la prospettiva e trasformare il corpo delle donne da oggetto in soggetto. In questo contesto i giocattoli erotici femminili diventavano parte di una nuova costruzione della narrazione, che esce dai sexy shop per approdare in posti più rilassati, come in un salotto in cui scambiarsi esperienze e idee, «ci sembrava una sfida divertente». Per trasformare Tuba da un semplice negozio a un posto in cui stare serve però un'altra cosa: che sia anche un ristoro. Il primo locale è piccolissimo, con un bancone mignon che mesce qualche bicchiere, abbastanza per richiamare studentesse specializzate in studi di genere, associazioni di mamme, intellettuali, scrittrici, oltre ovviamente ad attiviste e femministe: un universo di donne che hanno voglia di incontrarsi.
La crisi e il rilancio
Tutto bello, ma non basta a far quadrare i conti: «eravamo sempre sull'orlo del fallimento». Capiscono che se vogliono andare avanti devono rilanciare: «noi due da sole non potevamo far stare insieme tutte quelle cose in pochi metri quadrati». Diventano 5 socie e si spostano in uno spazio più grande, qualche metro più in là, nell'ex show room Ioselliani. Investono sul bar e sulle professionalità. «Serviva una vera barista, siamo andate da Valeria Sebastiani con il cuore in mano. Abbiamo detto: la nuova Tuba ha un bancone fantastico, stiamo costruendo una Ferrari ma noi siano scarsissime». Valeria (scomparsa per un incidente due anni fa) le aiuta facendo formazione mirata su cocktail e vino a costruire l'offerta di oggi, concentrata ma molto pensata.
La selezione dei prodotti come atto politico
Se la scelta dei titoli, attenta alla bibliodiversità con piccolissime case editrici, è dedicata esclusivamente ad autrici donne, nei prodotti offerti al bar il criterio è un altro: «siamo tutti parte di una filiera. Ci siamo chieste: quale vogliamo sostenere?». Produttori con un rapporto qualità prezzo che funziona - «per noi è importante che Tuba sia accessibile a tutti» - e con un valore aggiunto. Piccole cantine, realtà artigianali che lavorano con amore e con un impianto etico che corrisponde a quello di Tuba. E poi negozi di prossimità, per costruire una rete sul territorio. I lieviti, per esempio, sono di Fattori, gelateria caffetteria, pasticceria e gelateria del Pigneto. Aperta sin dal mattino, Tuba è – orgogliosamente – un bar di quartiere, «ma anche così puoi fare delle scelte».
Per il fresco c'è il mercato dell'isola pedonale, frutta e verdura per panini (la proposta è molto orientata al vegano e vegetariano), succhi e cocktail arriva da lì. Nel frattempo spingono forte sulla programmazione culturale e a quella dinamica di slancio e rilancio corrisponde una crescita sotto tanti profili, non ultimo la sostenibilità economica, premessa per progetti più ambiziosi. Oggi Tuba, ormai maggiorenne, è una presenza forte nell'isola pedonale del Pigneto. Anche grazie ai molti eventi (dibattiti, presentazioni di libri, mostre, incontri, i festival Bande De Femmes e Inquiete) molti anche all'esterno forma un'esperienza contaminante per chi vuole recepire: «anche i vicini ormai hanno un dottorato in studi di genere» scherza Barbara. Investire sulla programmazione culturale in una zona in cui al moltiplicarsi dei bar non corrispondeva un impegno sul territorio, risulta vincente, perché riempie anche i locali intorno con un pubblico con cui è piacevole avere a che fare.
Creare uno spazio accogliente
Tuba continua a crescere, senza perdere l'anima militante: «ora siamo 6 socie, la metà lavora da Tuba insieme a 4 dipendenti donne». Il gruppo di lavoro tutto femminile lancia un segnale chiaro: «Se una donna su 4 ha paura a uscire da sola alla sera, è perché lo spazio pubblico non è accogliente», quasi sempre gestito da uomini. Tuba è un locale dall'anima queer, in cui il pubblico femminile deve stare comodo. E gli uomini? «Non siamo ostili ai maschi, pensa che Tuba è il posto in cui quelle di noi che sono etero hanno trovato il loro compagno. Molti uomini sono entusiasti perché anche loro si sentono a proprio agio». È andato sempre tutto bene? «No, ci sono state situazioni spiacevoli, ma sono sempre meno: anche nelle mascolinità ci sono evoluzioni, tanti giovani uomini sono attenti in modi che altre generazioni non conoscevano proprio». Il mondo dei bar non è sempre a misura di donna: «sono uno dei luoghi in cui si riproducono i ruoli più stereotipati di genere, lavorando al Pigneto lo vediamo: le cameriere diventano parte di una forma di attrazione del locale, qualcuno chiede di vestirsi in un certo modo e spesso i clienti parlano loro in modo poco rispettoso. Se hai un locale hai la responsabilità di quel che succede all'interno, di quel che viene considerato legittimo o illegittimo in quello spazio». Tuba non è un posto in cui vengono consentiti certi comportamenti. «Quando qualcuno ha un atteggiamento che non troviamo consono siamo esplicite, gli uomini molesti e fuori luogo non sono i benvenuti, li allontaniamo. Ma nessuno ha mai avuto reazioni che ci mettessero in difficoltà. Nel caso di una coppia ci rivolgiamo a lei per sapere se va tutto bene. È anche successo che donne vittime di violenza si siano rifugiate qui».
Un bar diverso è possibile?
«Anche vendere alcol è una responsabilità», questo significa non vendere cose di scarsa qualità a prezzo stracciato, ma anche valutare i clienti: «se una persona ha superato il limite dai un bicchiere d'acqua o un caffè, ti informi quando e come torna a casa e soprattutto con chi, magari chiedi se vogliono che cerchiamo qualcuno che torna nella loro zona. Capita meno da quando abbiamo deciso di chiudere prima: nella fascia da mezzanotte alle due spesso c'è una clientela che beve in un modo che troviamo poco consapevole». Non è l'unica ragione: è difficile conciliare la vita fuori dal lavoro, maternità e turni che finiscono alle 3 di notte. Anticipando la chiusura e riposando la domenica il disallineamento con il resto della società si riduce, così da rendere questo lavoro più accessibile a tutti. Anche perché il cliente si accorge se il personale è di malumore o non è contento di come vanno le cose: «i posti hanno un'anima e sono legati a chi ci lavora». Il cambio di orario è maturato nel periodo del Covid, ma probabilmente sarebbe arrivato comunque: «c'era un grande stress nel rapporto con il pubblico, eri esposta al contatto con sconosciuti, un sacco di gente non osservava le regole e dovevi agire un ruolo di controllo. E poi le persone erano scosse e arrivavano al bancone a sfogare l'emotività legata alla pandemia. Era molto stancante». Per rispettare quella stanchezza hanno cambiato orari. «Ci siamo accorte che era la fascia di pubblico che non ospitavamo più ad aumentare la stanchezza». Hanno cambiato un canone, reinventando uno spazio per renderlo più simile alle loro esigenze in cui ognuno a proprio agio. «Uno spazio pubblico comodo e bello in cui abbassare le difese, trascorrere una serata gli amici senza avere una parte di te sempre accesa in allerta».
Tuba - Libreria Femminista - Roma - via del Pigneto, 39/a - 06 7039 9437 - https://www.libreriatuba.it/