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THE BEST IN ROME & LAZIO
“Sapidità essenziali continua” dice Francesco Apreda, e snocciola i nuovi piatti di questa stagione da Idylio (Tre Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso): tre più il dolce, che giocano, come al solito, con le spezie e la sapidità naturale delle alghe e delle verdure.
Il Carciofo con lattuga di mare e zafferano è un piatto vegano di grande sapidità – vegetale e marina - che si inserisce in un menu dove già le proteine animali sono non protagoniste ma comprimarie, con una decisa preminenza del pesce e la carne che non supera il 10%. La pasta - acqua e farina – ammicca certi udon, con le 5 radici - zenzero, lemongrass, rafano, rapa bianca e daikon – a dare una base cremosa con note intense, decise, rafforzate da colatura di alici e asparago fermentato: della Pasta in bianco casalinga sono rimasti solo i colori, accentuati dal caviale golden e i petali di margherita.
Mentre la ricciola all'ischitana (foto di copertina) gioca a nascondino con il coniglio che c'è ma non si vede; si sente, però, nel jus di ossa e lische, e poi si rivela nel patè e nella tartare di fegato con sesamo piccante sotto gli asparagi. Il dolce è un melone caramellato con miso, di nuovo sapidità, acidità (quella di yogurt e cardamomo nero che richiama note affumicate e di canfora) a tirare una linea dritta con il resto del menu Sapidità Essenziali, “quello in cui c'è più tecnica” spiega, e poi aggiunge: “è un progetto su cui c'è uno studio che va avanti da tempo”. Come va avanti la sperimentazione su spezie, alghe, su richiami asiatici e mescolanza di culture, quelle incontrate della sua vita professionale e nei molti viaggi dall'altra parte del mondo. Finché s'è potuto, perché anche lui, come tutti, a un certo punto ha dovuto tirare il freno a mano.
La storia la conosciamo: pandemia globale, fine dei viaggi, soprattutto quelli oltreoceano. È in questa lunga pausa, in cui tutti abbiamo dovuto confrontarci con un orizzonte ristretto, che Apreda ha capito che era il momento di guardare alle origini. E dedicare un menu alla sua Campania; seguendo al pass lo stesso movimento vissuto nella quotidianità, di introspezione e slancio centripeto. Pur avendo disseminato gli indizi della sua napoletanità tra viluppi speziati e intersezioni gastronomiche, non l'aveva mai raccontata apertamente, “me ne sono reso conto solo allora" dice.
Il menu Terra Mia
Ne nasce un menu breve – appena 5 corse - il più breve dei percorsi proposti da Idylio, che accompagna un viaggio, stavolta nel tempo, tra i ricordi del passato, in quei giorni di prima gioventù segnati dai sapori popolari, dai richiami del cibo di strada e dei pasti domestici. Lo chiama Terra Mia, in omaggio a quel luogo che è anche e soprattutto luogo dell'anima e degli affetti. E ricordi e nostalgia, quelli di un giovane che se ne va, “facevo la stagione a Rimini” racconta “avrò avuto 13-14 anni”. È allora che scopre Pino Daniele con quel suo album - il primo - un canto dolente e innamorato alla città, è un regalo del cugino “per non dimenticare mai le mie radici”. Così tutto torna: i piatti, il nome del degustazione. Persino la copertina del disco è d'ispirazione “c'è Pino Daniele un po' scugnizzo con un mucchio di terra in mano, trovo ci sia un legame con il cibo”.
Arriva così, l'esigenza di fermarsi e voltare lo sguardo. “Non so come mi è venuto questo attaccamento... giri il mondo, ne fai parte e poi, a un certo punto, ti rendi conto che vuoi tornare lì”, comincia a ripensare quei piatti tradizionalissimi “ma sempre all'interno della mia visione di cucina”. Caprese, impepata di cozze, melanzane, pane e ricotta, pasta arruscata, pesce sulla graticola, babà: i piatti simbolo ci sono tutti, e ci si potrebbe costruire un'immaginario da cartolina se non fosse per quell'abilità di rileggere con sguardo obliquo la propria identità. A marcare i piatti ci sono sempre le spezie, stavolta tenute a briglia stretta, a servizio di preparazioni che affondano a piene mani nella tradizione, scegliendo tecniche elementari, con la cognizione di chi sa. “È una semplicità fatta a mestiere” spiega “pochi passaggi mirati e centrati”. Stavolta vuole semplificare, “non stravolgere ma tornare alle cose lineari”, ci penseranno poi i profumi e i sapori a tirare fuori il passato: “era quello che mi interessava”. Così da costruire, nella proposta di Idylio (che viaggia ormai senza carta), un terzo vertice: oltre al menu dei classici dello chef (Iconic Signature, 6 portate, 140€) e quello più sperimentale (Sapidità Essenziali, 7 portate, 160€), un percorso più breve e rinfrancante, di facile comprensione: quasi un entry level per chi approccia alla cucina di Apreda (5 portate, 120€), con la possibilità, con Idylio’s Butterfly (100€), di pescare 4 portate dai tre degustazione.
Terra mia. Il nuovo menu di Francesco Apreda
Caprese variegata e Gamberi rosa
L'omaggio a uno dei piatti più popolari della cucina campana partenopea, ormai monumento sovranazionale, esalta il gusto della mozzarella, “la porto a 38 gradi, che è la temperatura di mungitura del latte, così sprigiona sentori molto intensi, è una mozzarella allo stato puro”; insieme pomodorini di diverse varietà delle pendici del Vesuvio con una brunoise di cipollotto e frutta esotica, acida e dolce - kiwi, papaia - e poi i profumi di basilico, origano, pepe. L'insalata tiepida “è resa gentile con una bisque aromatica di gamberi, preparata con alga kombu e latte di bufala, per una sapidità particolare, con gamberi rosa crudi conditi con shio koji, una sorta di distillato di sake usato per marinare e intenerire le carni, olio di oliva e buccia di lime grattugiata”.
Impepata di Cozze e Melanzane
Tre ricordi in un solo piatto: “le melanzane sott'olio, l'impepata di cozze di una bottega che stava dove abitavo, e poi un carretto che vendeva pane caldo e ricotta da spalmare”. E qui – nel paradigma partenopeo - arriva l'Apreda che tutti conosciamo. A dare il là l'impepata che non può che essere un mix di pepi aromatici: “cubeba, malagueta, pepe lungo del Bengala, pepe di Venere... il connubio pepe e cozze è geniale”. Alla base una spugna di pane casereccio, che rimanda al pane che spesso resta nel piatto imbevuto nel liquido dei mitili, e una crema di pane e ricotta. Ci sono poi un crumble di pane, una cialda di pane alle olive e nero di seppia che ricorda il guscio della cozza, tocchetti di ricotta a dare la parte grassa e dolce a bilanciare l'acidità delle melanzane preparate come da tradizione: olio, aceto, peperoncino, origano.
Maccheroni Arruscati al Ragù Napoletano
Si gioca ancora con i ricordi: qui è la pasta del lunedì, che altro non è che la memoria aumentata di quella della domenica, avanzata e ripassata in padella a formare quella crosticina che è impressa nella memoria gustativa di molti. La croccante della lasagna (cit.) a Napoli diventa la parte arruscata dei maccheroni, e prende le mosse da un ragù di spuntature di maiale, che di nuovo c'è ma non si vede. Classicissimo nella lunga preparazione parte con una base di 20 spezie – eredità delle esperienze di Apreda in India – una volta pronto, si separa la carne (usata per le polpettine che completano il piatto) e la polpa per lasciare il liquido in cui viene passata la pasta (li chiama maccheroni ma sono ziti) prima di essere abbrustolita. Il piatto è finito con lo stesso jus usato per gli ziti, profumatissimo di spezie (tra cui semi di finocchio selvatico nero calabrese che hanno un retrogusto liquirizia e anice che dà freschezza) e bilanciato da limone fermentato (per l'acidità) e foglie di lattuga di mare (per la sapidità).
Sciabola alla Brace Vista Positano
Sorrento, il mare, la griglia “ho impressa una sciabola alla griglia sulla spiaggia di Laurito, 7-8 anni fa” racconta. E insieme al pesce, le foglie di limone e la mozzarella, e il profumo del mare a comporre un quadro di sapori e profumi che più tipici non si può. “Ci ho messo tutto in questo piatto”: la griglia è quella giapponese, i profumi del mare sono quelli di una zuppa di pesce di scoglio, “accanto ho messo una foglia di scarola piastrata con dentro patata cipolla e una dadolata di pesche leggermente aromatizzate con erbe e spezie che mi ricordano le pesche con il vino, così ho chiuso il cerchio”. E il limone? “In una cocotte di argilla fatta fare su misura, così conserva i sentori di foglie di limone bruciate”.
Babà Mille Culure, Alloro e Albicocche
Babà è Napoli, e come Napoli è di mille colori, quelli dei confettini della pasticceria classica e i paan indiani dall'aroma di anice e finocchietto che si servono a fine pasto per rinfrescare. Sono loro, insieme a toccheti di amarena e di albicocca secca, a completare la cupola dorata del babà, con il gelato di albicocche e una panna semimontaata in infusione con tantissimo alloro. Ancora oro, l'oro di Napoli.
Idylio by Apreda - The Pantheon / Iconic Rome Hotel – Roma – Via di Santa Chiara, 4/a – thepantheonhotel.com
a cura di Antonella De Santis