Per chi è legato al mondo del vino e a quello della ristorazione di qualità, Valerio Capriotti è un nome noto per le sue moltissime esperienze a Roma e in Sicilia. Partito nello storico Uno e Bino ha trascorso diversi anni in Sicilia occupandosi della cantina del Duomo di Ragusa, con Ciccio Sultano. Rientrato nella Capitale lo abbiamo visto da Roscioli, Ercoli, Baccano, ma anche impegnato in una distribuzione di vino.
A un certo punto lo avevamo perso un po' di vista, ma poi è risbucato fuori in un locale di quartiere, in quell'area della città chiamata Trionfale, non distante dagli studi legali che circondano piazzale Clodio, dall'andirivieni degli studi televisivi e radiofonici della Rai, dai flussi turistici dei Musei Vaticani e dalla più modaiola Prati. Nonostante questa vicinanza con alcuni degli snodi più popolati da pubblici molto orientati, Trionfale riesce a mantenere integra la sua identità popolare. C'è un Mercato con botteghe e banchi di somministrazione, tra i più moderni e frequentati della città; nuove caffetterie specialty e trattorie moderne ne testimoniano la vivacità che riesce a non entrare in conflitto con la sua anima di rione tranquillo e a misura d'uomo. Quello in cui Enofficina da una decina di anni serve calici e taglieri in un'atmosfera non troppo dissimile da quella che c'era più di 50 anni fa, quando questi locali ospitavano il Vini e oli del quartiere. Aperto negli anni '30 è arrivato, gestione dopo gestione, fino a quando – nel 2013 – Alessandro Cappello lo hanno rilevato, mantenendone il più possibile intatta l'estetica, l'atmosfera, ma soprattutto lo spirito.
Non si tratta solo di aver conservato il pavimenti d'epoca ma di aver deciso di rivolgersi alla popolazione della zona, locals – come si suol dire – clienti abituali oltre che ai molti impiegati presenti soprattutto nell'orario di pranzo e a qualche turista. Niente effetti speciali, ma tanta concretezza, un occhio alla qualità delle materie prime, uno ai prezzi, schivando proposte (e ricarichi) più turistici. A dar man forte in questo percorso, da un paio di anni c'è Valerio Capriotti, prima come consulente esterno, da qualche mese anche come parte integrante dello staff, che oggi conta 11 persone. In crescita – dunque – come lo è anche il locale. Partito dallo spazio originario, nell'ultimo anno ha accorpato anche una bottega vicina che oggi ospita una cucina vera e propria e arricchendosi con una saletta privata dove volendo si tengono degustazioni o cene guidate.
«La chiamiamo Omnivore room» dice Capriotti, perché chi ci entra è disposto a bere e mangiare la qualsiasi cosa affidandosi a loro. I clienti hanno seguìto il cambio di passo, le prove e nuovi inserimenti in menu: «ci dicono contenti che non siamo più solo un locale per l'aperitivo ma possono stare anche a cena». Ma senza confusioni: «il nostro motto è l'apericena non esiste».
Il lavoro sui produttori
«Cerchiamo di lavorare con fornitori che conosciamo personalmente e spesso fannodelle serate con noi, come accade con Beppe per i formaggi», ci sono Zivieri per la carne di maiale e la mora romagnola, Bettella di Polesine Parmense con il suo Maiale Tranquillo, «fa prosciutti da 20 chili e li stagiona anche 6 o 7 anni». La conserve di pesce sono di Testa o Armatore, il pomodoro è sempre il piennolo vesuviano o la paccatiella di BioBuò, la pasta Mancini, le uova di Claudio Olivero, il fresco è di Maccarese o del Mercato Trionfale. Il pane è del forno attiguo: il Panificio di Gabriele Bonci. Con la nuova cucina si è allargato un pochino il menu, con 2 o 3 primi e altrettanti secondi, oltre a croissant salati e testo «che ci porta un produttore umbro una volta a settimana», pizza bianca com pastrami, tutto home made da chef Mario Schiano. Ci sono primi e secondi con cose come arrabbiata con pomodoro vesuviano e aglio di Nubia, pasta fresca con ragù di cortile o di cuore, o galletto alla diavola o peposo di cinghiale di Zivieri; martedì e venerdì, come da tradizione, c'è un po' di pesce: «vado al mercato e scelgo io quel che c'è di meglio, poi ci facciamo i piatti che ci escono, l'altra volta era un bello scorfano: 8 porzioni, non di più». Così hanno accompagnano la transizione da fortunata enoteca di quartiere - «chi arrivava per la prima volta poteva quasi sentirsi escluso» - a locale con un'offerta più ampia e un servizio sempre friendly ma un po' più professionale, quel tanto che basta per valorizzare le selezioni e accompagnare i clienti nella scelta. È anche questo l'apporto di una figura navigata come Capriotti, che sa come fare formazione: «Ormai cerco le persone educate, brave o capaci ce le facciamo diventare noi». Nel potenziare l'aspetto gastronomico si è mantenuta l'attenzione ai prezzi: «Niente primi a 20 euro e secondi a 30. Puntiamo a una proposta diversa, anche più veloce, dove è meglio un euro in meno che uno in più... se vuoi con 20 euro prendi una bruschetta del prosciutto e un bicchiere di vino».
Il vino naturalmente buono
Sui vini il discorso non cambia: «in mescita abbiamo una ventina di etichette, tutte tra i 6 e i 10 euro, tranne che per lo Champagne: ora abbiamo Tarlant 2015. È una bella mescita: puoi trovare l'Erbaluce di Favaro o il Chianti Argenina 2018 o l'Etna di Emiliano Falsini. Insomma: facciamo in modo di far gioire i nostri ospiti, Alessandro ci tiene, io certe volte cerco pure di spronarlo ma lui è una persona modesta, umilissima». La scelta dei vini? «Il nostro criterio è quello del piccolo produttore eticamente corretto, tifiamo per il vino buono, più che per il naturale e il non filtrato a tutti i costi». La carta è snella, agile: «niente mostri sacri» spiega, sempre in virtù di un rapporto qualità prezzo adeguato e tale da favorire una fruizione ugualmente agile. Si spazia tra Italia, Francia, Germania, ma con la costante di produttori indipendenti e alla portata di tutti, con i quali hanno rapporti diretti; «li andiamo a pescare direttamente in Francia per superare distribuzioni che hanno in tanti», niente grandi maison neanche per lo Champagne: «preferiamo il piccolo manipulant che à qualcosa di diverso, anche perché vogliamo dare un po' più di autenticità». La clientela apprezza, e una maggiore conoscenza del vino consente di spaziare di più nella scelta: ci sono palati più educati. Smarcando l'impatto del nuovo codice della strada - «al momento è un problema» spiega – che condiziona parecchio i consumi. Niente più bicchiere della staffa, almeno per ora.
Enofficina - Roma - via Trionfale, 50 - 06 3974 2353.
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