Se il filetto alla Wellington è forse il piatto più iconico della cultura gastronomica britannica è risaputo che i sapori di oltremanica non siano certo tra i più rinomati e apprezzati dagli appassionati gourmet. La cucina inglese viene spesso banalizzata e accomunata a quel piatto stereotipato che porta il nome di Fish & Chips, ma ha ben altro da raccontare e, qui a Torino, lo sappiamo ormai da qualche anno.
Nella città della Mole Antonelliana si trova infatti l’unico ristorante britannico in Italia che un paio di domeniche al mese propone anche Brunch e Afternoon Tea rigorosamente originali. Si chiama Smith’s British, si trova in zona Cenisia, ed è stato aperto sei anni fa da Adam Smith e Manuela Badino. Ma i segnali che la cucina inglese stia suscitando sempre più interesse arrivano da diverse città europee: basti pensare alla recente aperura del Public House di Parigi in cui il “Pie King”, chef Calum Franklin, porta in terra francese i sapori britannici (in primis proprio quei pies, torte, che hanno reso celebre la sua Pie Room all’Holborn Dining Room di Londra). Ed è proprio nella capitale britannica che anche il noto Jamie Oliver, dopo il tracollo dei suoi ristoranti vocati alla cucina italiana, ha deciso di puntare sulla cultura inglese come racconta il Jamie Oliver Catherine St di Covent Garden in cui serve dalle Scotch Eggs ai Seafood Cocktails.
Le ricette di famiglia di Smith’s British
In Italia, si sa, la cultura gastronomica britannica è sempre passata attraverso i pub: fenomeno sociale che soprattutto a cavallo tra gli Anni Novanta e Duemila ha raggiunto il culmine del suo successo. Quella offerta da Smith’s British è però una proposta completamente diversa, molto vicina alla cultura locale (Adam Smith ha origini che spaziano tra Scozia, Galles e Irlanda) e a quella che potrebbe essere definita una carta di fine dining. I piatti nascono da ricette di famiglia, da portate della tradizione britannica e vengono studiati insieme allo chef Luca Icardi di origini piemontesi, ma con anni di esperienza in quel di Londra.
“Sono nato e cresciuto nell’ovest dell’Inghilterra – spiega Smith, con un passato da ingegnere meccanico specializzato in aereonautica – nel borgo di Worston in quella Ribble Valley nota come una vera e propria zona foodie per le tradizioni gastronomiche, gli allevamenti e la presenza di tre dei cinquanta migliori gastropubs di tutta l’Inghilterra. Smith’s British nasce all’interno di un altro locale inglese che esiste da sedici anni (il Cocktail Club Casa Manitu, ndr) con l’intento di sfidare i pregiudizi e combattere la xenofobia gastronomica verso la cucina inglese”. Cucina che, per altro, ha subito anche in Patria, nel dopoguerra, una perdita d’identità dovuta all’industrializzazione, all’abbandono delle campagne, all’evoluzione del ruolo di famiglia nella società moderna. Basti pensare a piatti come il Lancashire Hotpot (uno stufato di agnello tipico della Contea di Lancashire, racchiuso sotto una crosta di patate e cipolle): “Questo piatto – spiega ancora Smith – veniva spesso cotto nel forno della paese: lo ricordo bene nei racconti di famiglia perché la mia bisnonna aveva un forno in cui tradizionalmente gli operai lo lasciavano mentre andavano al lavoro per poi riprenderlo, cotto, all’uscita e portarlo a casa per cena”.
Storicamente la cucina britannica è sempre stata legata, come nel resto del mondo, alla ricchezza delle corti: basti pensare a Enrico VIII, alla sua passione per le spezie e allo sfarzo dei banchetti, o ancora alla famiglia reale che a Londra celebra ancora oggi l’opulenza di grandi catering nei Garden Parties. Non va poi dimenticato che la cucina inglese è strettamente legata anche alle tradizioni gastronomiche delle colonie e degli stati del Commonwealth (basti pensare alla cultura del tè) o ancora a piatti che sono nati per celebrare l’incoronazione di re, regine, giubilei e creazioni come la Victoria sponge cake divenuta popolare ma nata in onore della regina Vittoria che amava gustare il pan di spagna con il tè pomeridiano: “Dopo l'invenzione nel 1843 del lievito in polvere – spiega Smith - da parte di Alfred Bird, lievito che consentiva al pan di spagna di lievitare più in alto nelle torte, fu creata una torta patriottica, il pan di spagna Victoria, che prende il nome proprio dalla regina”.
Cosa si mangia da Smith's British
Ma cosa si mangia da Smith’s British? Gli chef Luca Icardi e Matteo De Agostini propongono quella che può definirsi una cena casual dining attraverso un autentico viaggio tra le isole di Gran Bretagna e Irlanda. Il menù cerca di seguire le stagioni, ma ha dei classici sempre in carta come il Roast beef e il tanto amato quanto osteggiato Fish & Chips. Ma qui si possono assaggiare anche il già citato Filetto alle Wellington, l’Haggis (piatto nazionale della Scozia realizzato con interiora di agnello e tradizionalmente servito nel suo stomaco), e poi il Sunday Roast (il classico arrosto della domenica), le Scotch eggs (uova sode avvolte in carne o pese) e poi ancora il Coronation Chicken (insalata di pollo al curry con frutta secca servita con fragole sottaceto e shortbread salato) e i mitici Pie tra cui quello ripieno di topinambur con fonduta di Cheddar e petali di tartufo nero tardivo. Imperdibili anche la Cheese Union (torta di cipolle e formaggio tipica della zona di provenienza di Smith) o la Cullen Skink con pesce affumicato (in questo caso direttamente nel torinese Rifocillatorio BBQ di Simone Bianco). Non mancano prodotti locali come il bacon irlandese o scozzese, il black pudding, la salsiccia di Cumberland o ancora ottimi formaggi locali come Stichelton, Lancashire, Cheddar, Wensleydale, Cheshire, Devonshire Blue. Tra i dessert i Manchester Brownies, l’Hot Sticky Toffee Pudding, gli Scones, la Victoria Sponge o il Treacle Tart, il preferito di Harry Potter. “Abbiamo una lista di circa 500 piatti tra dolci e salati che alterniamo nel corso dell’anno e tra questi una quarantina di Pie anche dolci, come la mitica Apple Pie”, conclude Smith.