No, Settimio non ha chiuso. Anzi, è pronto a tornare a ottobre con la nuova gestione di Leonardo Vignoli di Cesare al Casaletto, proprio nel nome di Mario e Teresa Zazza, che lo hanno individuato come profilo ideale per continuare a far vivere la tradizione di Settimio al Pellegrino negli anni a venire. È necessario fare un po’ di chiarezza perché negli ultimi giorni si è diffusa la notizia (falsa) della chiusura di Settimio a causa del rincaro delle bollette. L’equivoco è nato da alcuni articoli pubblicati dopo un tweet del direttore di La7, Andrea Salerno, che ha postato una foto della trattoria con la saracinesca tirata giù scrivendo “Mario e Teresa hanno mollato. Un pezzo di Roma che se ne va. Le polpette più buone del mondo”.
Quindi nessun panico, Settimio continuerà a esistere anche se Mario, 82 anni, e Teresa, 76 anni, dopo aver passato una vita nella sala e nella cucina della trattoria hanno deciso di rallentare e godersi un po’ di riposo. Sono passati ben 62 anni dalla prima volta che il ventenne Mario ha iniziato a lavorare nella sala del ristorante del padre Settimio e il tempo si fa sentire per tutti. Quindi nessun mistero legato al rincaro bollette ma un semplice passaggio del testimone programmato da un anno e cercato proprio da Mario e Teresa. Ce lo ha raccontato Leonardo Vignoli, chef e anima insieme a Maria Pia Cicconi dell’altra storica trattoria romana Cesare al Casaletto – premiata ancora una volta con i tre Gamberi dalla guida Roma 2023 del Gambero Rosso – pronto a calarsi nella nuova avventura nel centro storico di Roma.
Com’è nata l’idea di prelevare l’attività di Settimio?
In realtà sono stati Mario e Teresa a mettersi in contatto con noi quasi un anno fa, a ottobre del 2021. Avevano già in mente, dopo 60 anni di lavoro usurante nella ristorazione, di lasciare l’attività ed erano alla ricerca di qualcuno che prendesse Settimio per continuare la sua tradizione. Hanno visto il nostro lavoro da Cesare al Casaletto e ci hanno proposto di prendere Settimio al Pellegrino.
Quali sono stati i passaggi successivi?
Dopo aver riflettuto su questa possibilità abbiamo concretizzato questo interesse di entrambe le parti con un atto di compravendita a marzo. Successivamente abbiamo iniziato una ristrutturazione che ha preso più tempo del dovuto: pensavamo di fare tutto in massimo tre mesi, poi con l’estate di mezzo si sono dilatati i tempi e si è creato un alone di mistero. Ora vediamo la fine, al massimo entro ottobre dovremmo riaprire.
Si chiamerà ancora Settimio?
Sì. Metteremo un riferimento a Cesare al Casaletto, probabilmente un logo nel menu che faccia intendere che siamo noi, ma sicuramente non staccheremo la storica insegna che è lì da quasi 100 anni. Non ci abbiamo pensato nemmeno un attimo.
Come sarà la transizione?
Gli elementi fondanti di Settimio al Pellegrino sono due e si chiamano Mario e Teresa. Mario ha 82 anni e ha fatto solo sala, Teresa ne ha 75 e ha avuto qualche problema di salute ma spero che possa partecipare con noi alla transizione con la sua presenza. Ci sono dei piatti iconici che si possono ricondurre a lei e hanno un valore culturale, gastronomico e storico. Spero che quando accenderemo i fuochi, come era nell’idea iniziale al momento del nostro accordo, possa partecipare all’apertura e ci aiutasse a traghettare Settimio in questo nuovo momento. La cosa bella sarà la fusione delle due entità che in realtà conservano uno spirito comune di tradizione.
Avete già idee sul menu?
Sarà tracciata la stessa idea di Mario e Teresa: piatti del giorno, ogni giorno diversi. Poi chiaramente nei mesi e negli anni è un discorso che può cambiare in base all’identità e alla conformazione del locale, come è successo anche nella nostra esperienza da Cesare al Casaletto. Vorrei superare lo schema dei classici primi romani, soprattutto perché nel centro di Roma è un po’ uno specchietto per le allodole, e proporre qualcosa di più autentico. Teresa ha sempre proposto dei piatti che negli anni hanno creato dei legami sentimentali, come le polpette o le fettuccine la domenica e proveremo ad affiancare qualcosa di nostro con rispetto.
E la cantina?
Faremo una cantina a modo nostro. Nelle mie esperienze all’estero ho capito che anche i piatti più tradizionali possono essere valorizzati dai grandi vini e si può uscire dalla dinamica secondo cui la trippa è buona solo per un cesanese. Questo è l’unico elemento che molto umilmente mi sento di inserire da Settimio, per il resto inizieremo in punta di viene e definiremo il futuro giorno dopo giorno.
Che clientela ti aspetti?
Vedremo come si comporrà la clientela che viene dai clienti esistenti, dai vecchi clienti di Settimio, da quelli di Cesare. Mi farebbe piacere avere una prevalenza di clienti romani e italiani, magari ci riusciremo con un sistema di prenotazioni.
A livello di stile come sarà il locale?
Stilisticamente sarà leggermente diverso, sia a livello di illuminazione che come colpo d’occhio. Quando abbiamo rilevato Cesare al Casaletto c’erano i fagiani impagliati e le foto di Falcao sulle pareti, li abbiamo tolti ma credo che nel piatto sia rimasta la stessa cosa perché non abbiamo stravolto il locale e la sua anima c’è ancora. Da Settimio abbiamo lasciato il marmo alle pareti e il vecchio lavandino e a livello di pianta è rimasto intatto, ma una volta che abbiamo iniziato a ristrutturare qualcosa abbiamo cambiato.
Cosa ti ha spinto a iniziare questa nuova avventura?
Sinceramente è stata una scelta di cuore. La città cambia e vorrei ideologicamente indirizzare questo cambiamento verso quello che avviene in altre città in Europa, come Parigi, in cui al di là delle novità stilistiche rimane una componente di tradizione e di conservazione di storia fatta con attaccamento e convinzione. Per Settimio al Pellegrino immagino questo, pianificare un passo alla volta con l’idea di rispettare l’anima di questa trattoria e valorizzarla.
Trattoria Settimio – Roma – Via del Pellegrino, 117
a cura di Maurizio Gaddi