Un provvedimento che fa discutere, e i cui danni possono già essere in parte calcolati. La recente stretta ordinata dal comune di Milano per limitare la movida nelle ore notturne ha sollevato proteste e dissenso dalla categoria che più risentirà del divieto, dopo la mezzanotte, di vendere cibo e bevande d'asporto in 12 delle aree più frequentate del capoluogo lombardo, ovvero gli esercenti. «Non possiamo fare i vigili, non ci possono obbligare a seguire le persone fuori dal locale o a non farle uscire. Non è democrazia», è il commento rilasciato al Gambero Rosso da Luca Hu, proprietario di tre locali in zona Garibaldi a Milano, a margine dell’incontro tenutosi tra i rappresentanti di Confcommercio e dell’Associazione provinciale milanese pubblici esercizi (Epam).
L'ordinanza della discordia
Come già accennato, il focus di palazzo Marino riguarda le zone più “in” del capoluogo meneghino, per fare in modo che i residenti «possano riposare meglio la notte». Sono parole del sindaco Giuseppe Sala, che ha tentato di ridimensionare l’ordinanza, definendola un insieme di «leggerissimi limiti» e dicendosi disponibile a «mettere a posto» alcune delle sue parti, tra le quali il divieto di vendere anche un semplice cono gelato dopo la mezzanotte. Hu riconosce il diritto alla tranquillità e al silenzio dei residenti: «Anche se abbiamo tremila persone fuori, è giusto chiudere dopo una certa ora per rispetto di chi chi abita in zona», così come la presenza di una «movida incontrollata» in diverse aree della città.
Le iniziative per contrastare la movida
Dello stesso avviso è Cesar Araujo, bar manager di Bob, che opera sia presso il quartiere Isola, nello specifico in via Borsieri, che in quello Moscova, nei pressi di corso Como. «Non possiamo contrastare l’ordinanza, ma sperare che qualcuno più in alto di noi comprenda le nostre difficoltà», spiega Araujo a Gambero Rosso, anch’egli non negando, per quanto riguarda entrambi i locali, disordini notturni che potrebbero avere indotto il comune di Milano al giro di vite che entrerà in vigore a partire dal prossimo 17 maggio. «Per quanto riguarda la parte in Moscova, sì, si sono creati degli incidenti, che però potrebbero essere tranquillamente sedati se ci fosse un po’ più di attenzione da parte delle forze dell’ordine». Nel quartiere Isola, proprio al fine di limitare tali disagi, «ci siamo adoperati per avere, nei fine settimana dei mesi caldi dove abbiamo più clientela, delle ‘guardie’ che vanno in giro durante tutta la parte serale».
Più pattuglie per limitare la movida
Andando a colpire in prima persona gli esercenti, tuttavia, il provvedimento di palazzo Marino sarebbe secondo molti di essi fuori fuoco. «Se una persona non compra il biglietto per la metropolitana qua a Milano, posso andare a sanzionare l’Amt (l’Azienda dei trasporti milanese)? No, sanziono la persona», spiega Hu. Una delle soluzioni emerse dall’incontro tra le due associazioni è quella di aumentare le pattuglie che vigilino sulla città nelle ore notturne. Un appello raccolto anche da Vladimiro Silvano, proprietario del locale Vini e cibi al banco, situato nella popolarissima piazza Morbegno: «La maggior parte dei nostri clienti è della zona, per cui noi per primi vogliamo avere rispetto dei residenti», spiega Silvano a Gambero Rosso.
Cosa non torna nell'ordinanza
La norma presenta ulteriori falle, secondo Hu. «In Garibaldi ogni weekend arrivano molti ambulanti che vendono tantissimi cocktail a prezzi stracciati. Passato un semaforo, e usciti dal quartiere, magari c’è un locale che può servire da bere liberamente e all’ora che vuole perché non rientra nelle zone oggetto dell’ordinanza. Entro il 3 maggio diremo al comune: ‘o il provvedimento si applica a tutta la città, oppure si tratta di concorrenza sleale». Non sarebbero, secondo Hu, neppure adatte le previste sanzioni accessorie. Esse non si limiterebbero alla semplice multa ma porterebbero alla chiusura dei locali per sette giorni alla seconda infrazione dell’ordinanza registrata e per tre mesi alla terza.
I danni economici
Un altro fattore da considerare, poi, è il danno economico causato e che può già essere calcolato, in previsione e non solo. «Stiamo tutti già incassando molto meno», spiega Hu, «noi abbiamo registrato un calo in cassa da sei o sette mesi di 600mila euro, allargando il danno a tutto il quartiere saremo nell’ordine dei cinque milioni». «Il vero utile di un cocktail bar è dalla mezzanotte alle 2”, afferma ancora Hu, «se dobbiamo chiudere a quell’ora, le perdite diventano enormi». Dello stesso parere Araujo: «Dovremo adattarci. La problematica sta nel fatto che abbiamo delle assunzioni per quanto riguarda le moli di lavoro di ogni locale. Non confermeremo degli extra che prevedevamo di avere nei finesettimana. La perdita sarà del 30%».
Gli Stati Generali degli esercenti milanesi
Quali sono i prossimi passi? «Coinvolgere l’opinione pubblica, fare battaglie legali», afferma Hu, che individua, nel disagio causato dall’ordinanza, lo spiraglio per la positiva istituzione dei cosiddetti «Stati Generali dei pubblici esercizi a Milano», che eleggano un rappresentante per ciascuna zona del capoluogo lombardo. «Ci hanno detto che non è un problema politico, in realtà lo è, e noi non abbiamo rappresentanti all’interno del governo, nonostante tantissime persone in Italia vivano di turismo. Dobbiamo cambiare», conclude Hu.