A che serve uno chef quando si è in grado di preparare, conservare ed esportare in tutto il mondo i piatti simbolo della tradizione italiana, senza padelle, fornelli, cuochi, e canne fumarie? La startup MichelChef ha ideato un processo di conservazione e rigenerazione di piatti "gourmet", sostengono i diretti interessati, finalizzato alla creazione di una catena di ristoranti "automatizzati" a marchio Allf (All Italian food). La particolarità? Non ci sono fornelli e nemmeno chef, i locali possono essere aperti ovunque, i costi di gestione sono dimezzati e la qualità dei prodotti invariata. Ma come è possibile? E soprattutto, si può offrire una cucina di alta qualità senza che sia uno cuoco che cuc
Come funziona
![](https://static.gamberorosso.it/2023/11/i-piatti-sottovuoto.jpg)
Foto dal sito www.michelchef.it
Alla base del progetto c’è un’idea di Michele Raccuia, chef torinese con una laurea in economia, che ha studiato un processo di preparazione e conservazione dei piatti con un aromatizzatore brevettato. Raccuia spiega così il suo progetto a Il Resto del Carlino: «Il nostro obiettivo è quello di esportare le tradizioni della cucina italiana in tutto il mondo, facendo leva sul nostro brevetto che ci consente di preservarne aromi e sapori, rendendo la food experience del cliente costante. Non usiamo conservanti o additivi: siamo in grado di mantenere inalterate le proprietà organolettiche dei piatti grazie al nostro processo di cottura e abbattimento e al confezionamento sottovuoto in confezioni singole». In quattro anni sono stati elaborati 400 pietanze della tradizione culinaria italiana, compatibili con la cottura su base magnetron. Tutti i piatti vengono abbattuti sia positivamente (+4°) che negativamente (-20°) e confezionati in monoporzioni con pesi medi che variano da 150gr a 200gr. Pronti per essere preparati e serviti da chiunque e ovunque nel mondo, con tempi di preparazione e costi più che dimezzati.
La cucina gourmet del futuro?
![](https://static.gamberorosso.it/2023/11/123951309-1506306049567265-6088546823633686631-n.jpg)
Foto dalla pagina Facebook di MichelChef
MichelChef ha aperto nel 2021 a Ferrara il suo primo ristorante di cucina automatizzata: il locale, di 140 metri quadrati, ha 35 posti a sedere che ruotano tre volte più velocemente rispetto a un ristorante classico. La redditività dei tavoli è del 300% e la permanenza media dei clienti è di 43 minuti, si legge sul sito di MichelChef. Al primo Allf di Ferrara ne è seguito un secondo, a Calderara di Reno, nel Bolognese. “Alimentiamo il futuro” è il claim di MichelChef, ma davvero la ristorazione del domani sarà senza chef, pentole e padelle? Ed è veramente possibile proporre piatti gourmet che preservino aromi e proprietà in confezioni sottovuoto, impiattate e presentate al cliente senza la mano di un esperto? Secondo Raccuia sì: «Con i nostri prodotto si apre la strada per una ristorazione sempre più automatizzata, sicura e igienica, mantenendo alta la qualità e il gusto. La cucina italiana è riconosciuta nel mondo come una delle migliori e, con il nostro progetto, si può farla conoscere a tutti, anche all’estero, superando imitazioni, limiti fisici ed economici». Ma le preparazioni e i metodi di cottura dei piatti non sono anche loro parte integrante della storia della cucina italiana?