A che serve uno chef quando si è in grado di preparare, conservare ed esportare in tutto il mondo i piatti simbolo della tradizione italiana, senza padelle, fornelli, cuochi, e canne fumarie? La startup MichelChef ha ideato un processo di conservazione e rigenerazione di piatti "gourmet", sostengono i diretti interessati, finalizzato alla creazione di una catena di ristoranti "automatizzati" a marchio Allf (All Italian food). La particolarità? Non ci sono fornelli e nemmeno chef, i locali possono essere aperti ovunque, i costi di gestione sono dimezzati e la qualità dei prodotti invariata. Ma come è possibile? E soprattutto, si può offrire una cucina di alta qualità senza che sia uno cuoco che cuc
Come funziona
Alla base del progetto c’è un’idea di Michele Raccuia, chef torinese con una laurea in economia, che ha studiato un processo di preparazione e conservazione dei piatti con un aromatizzatore brevettato. Raccuia spiega così il suo progetto a Il Resto del Carlino: «Il nostro obiettivo è quello di esportare le tradizioni della cucina italiana in tutto il mondo, facendo leva sul nostro brevetto che ci consente di preservarne aromi e sapori, rendendo la food experience del cliente costante. Non usiamo conservanti o additivi: siamo in grado di mantenere inalterate le proprietà organolettiche dei piatti grazie al nostro processo di cottura e abbattimento e al confezionamento sottovuoto in confezioni singole». In quattro anni sono stati elaborati 400 pietanze della tradizione culinaria italiana, compatibili con la cottura su base magnetron. Tutti i piatti vengono abbattuti sia positivamente (+4°) che negativamente (-20°) e confezionati in monoporzioni con pesi medi che variano da 150gr a 200gr. Pronti per essere preparati e serviti da chiunque e ovunque nel mondo, con tempi di preparazione e costi più che dimezzati.
La cucina gourmet del futuro?
MichelChef ha aperto nel 2021 a Ferrara il suo primo ristorante di cucina automatizzata: il locale, di 140 metri quadrati, ha 35 posti a sedere che ruotano tre volte più velocemente rispetto a un ristorante classico. La redditività dei tavoli è del 300% e la permanenza media dei clienti è di 43 minuti, si legge sul sito di MichelChef. Al primo Allf di Ferrara ne è seguito un secondo, a Calderara di Reno, nel Bolognese. “Alimentiamo il futuro” è il claim di MichelChef, ma davvero la ristorazione del domani sarà senza chef, pentole e padelle? Ed è veramente possibile proporre piatti gourmet che preservino aromi e proprietà in confezioni sottovuoto, impiattate e presentate al cliente senza la mano di un esperto? Secondo Raccuia sì: «Con i nostri prodotto si apre la strada per una ristorazione sempre più automatizzata, sicura e igienica, mantenendo alta la qualità e il gusto. La cucina italiana è riconosciuta nel mondo come una delle migliori e, con il nostro progetto, si può farla conoscere a tutti, anche all’estero, superando imitazioni, limiti fisici ed economici». Ma le preparazioni e i metodi di cottura dei piatti non sono anche loro parte integrante della storia della cucina italiana?