Un'amica vicina di casa ci aveva raccontato come nell'estrema periferia di Roma, a un chilometro dal Raccordo Anulare, ci fosse un ristorante di pesce inaspettato e di come fosse spesso pieno a pranzo. Lei - ci disse - ci andava una volta l'anno a festeggiare in solitaria il suo compleanno: crudi di pesce e Champagne. Ma poi quel posto ha chiuso. Qualche tempo fa, passando da corso Sempione e girando verso viale Adriatico, ci troviamo di fronte l'insegna di quel locale di cui ci parlava la nostra amica: Che te ne sa. Nome naif e così particolare che non poteva che essere la rinascita del ristorante che stava a Cinquina, alla fine di Bufalotta. Incuriositi, non riusciamo a far finta di nulla ed entriamo.
Crudi e Champagne
Ovviamente ci buttiamo su crudi e Champagne! Chiediamo la carta dei vini: prima vengono i calici. Il titolare prende la lista e ci chiede di seguirlo alla cantinetta refrigerata. Ci mostra le etichette e sulla carta ci fa vedere i prezzi, ci guida... Noi scegliamo una Cuvée di Julien Herbert Extra Brut. E ci accompagniamo due piatti di Gran Crudo di mare insieme a una tartare di ricciola con olive taggiasce e pomodorino secco. Il vino costa 80 euro; i piatti 35 euro l'uno: prezzi assolutamente in linea con la qualità proposta e anzi competitivi.
Gli extravergine - ci diamo un'occhiata - sono comunque di buon livello: dal pugliese Congedi al siciliano Barbera. E cominciamo prima ad annusare e poi a mangiare i crudi. Ottimi. Gobetti rosa cremosi e marini, gamberi rossi di livello, scampi eccezionali, ostriche e mandorle di mare profumate e croccanti. Tonno bluefin - a detta della nostra commensale che di crudi è una super esperta e super critica - di ottima qualità. E di livello anche il salmone affumicato. Tartare anche eseguita a regola d'arte. Divertente, poi, il proprietario: molto alla mano e perfino un po' rustico, ma assolutamente appassionato e padrone del suo lavoro. Insomma, il tutto ci incuriosisce, così lo invitiamo a sedersi al nostro tavolo per raccontarci la sua storia.
Una storia che scrisse anche Gianni Mura
Quando si siede, Fabrizio Colaiacomo racconta una grande storia. Un'avventura che nasce alla periferia dell'impero (a Vejano, al confine tra Tuscia e campagna romana) e sbarca nella estrema periferia della Capitale nel 2008. Prima pizzettaro, poi ristoratore, Fabrizio apre il suo secondo ristorante alla fine di Bufalotta, località Cinquina (la prima insegna era in campagna, a Vejano: «Un posto splendido nel paese originario dei miei nonni - racconta Fabrizio - Ma era anche davvero dura mandarlo avanti e lavorare solo nel weekend»). Ed è qui che Colaiacomo e la sua famiglia vivono la vera svolta. Un loro cliente e fan era anche amico di Gianni Mura che scriveva le sue recensioni sul Venerdì di Repubblica.
«Un bel giorno mi ritrovo a pranzo il giornalista che conoscevo già per averlo visto in tv e sul giornale - sorride Fabrizio - Ero non emozionato, di più. Mi vergognavo quasi. Comunque, l'ho servito al tavolo come un qualsiasi ospite. Certo, lo guardavo spesso. Così lui alla fine mi fa: "Complimenti. Mi hanno consigliato questo locale appena aperto. Sappia che io non scrivo e non scriverei mai di un ristorante ad appena due mesi dalla sua apertura, ma voi mi avete convinto e non credo di sbagliare", mi disse. E mi salutò. Dopo qualche settimana, vedo l'articolo sul Venerdì. È stata la mia fortuna. Nel giro di qualche giorno avevo la fila fuori, ho dovuto cacciare via decine di clienti perché non c'era posto. Insomma, sul fronte della notorietà ho risparmiato due anni di attività. Ma soprattutto, questo episodio mi ha dato la spinta per andare avanti con ancora più forza».
Tanto che le etichette che a dire di Mura erano 250, nel giro di poco tempo divennero un migliaio. «E pensate - fa Fabrizio con un po' di nostalgia - Quando ero in cucina a Bufalotta avevo stretto i rapporti con una ex modella giapponese che organizzava stage per ragazzi del suo Paese che volevano imparare la cucina italiana: io ne avevo a rotazione otto-dieci, per anni. Erano bravissimi. Poi la signora, Tokiko, è morta. E il Covid ha fatto il resto».
"Una cantina oggi impensabile"
«Avrò avuto quasi centomila euro impegnati in vini, una follia - racconta oggi Fabrizio - Ma erano altri tempi, c'era un'altra considerazione della ristorazione, c'era passione e si era disposti a spendere. Erano anche gli anni in cui le guide avevano un senso profondo. Tanto che arrivò pure Daniele Cernilli e mi mise su Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso. Poi, con l'avvento di Internet e con i cambiamenti che ci sono stati nel mondo, quel mondo è lentamente scomparso». Ora di etichette Fabrizio ne ha una sessantina. Costretto dai proprietari del locale a lasciare Bufalotta, dopo un anno "sabbatico" ha trovato l'occasione di ricominciare: su via Gargano, quella che collega corso Sempione a viale Adriatico, quartiere Montesacro. E qui, con i suoi figli - Federico in cucina, Emanuele ai vini e al pesce (nella foto sotto) e Lucilla in sala - e con sua moglie Laura è ripartito: ha preso in affitto quello che vent'anni fa era il Papero Giallo e che poi è rimasto chiuso per anni e anni.
Il pesce scelto alle aste
«Il pesce me lo portano dei fornitori che fanno le aste a Fiumicino e Anzio, Civitavecchia e qualche volta a Orbetello - spiega Fabrizio - Mi mandano le foto dei pesci, mi dicono che caratteristiche hanno e io li scelgo, poi li verifico all'arrivo: c'è Emanuele che è un grande esperto e segue di persona ogni scarico. Ora sempre mio figlio sta cercando di rimettere in piedi una cantina seria, ma certo i tempi sono cambiati rispetto a quindici anni fa. La mia fortuna, comunque, è stata la passione e l'onestà intellettuale che ho sempre seguito nel mio lavoro. Altrimenti, anche con la recensione di Mura non avrei avuto il seguito che ho avuto. La gente viene, magari anche spinta dalla firma importante, ma se poi la qualità non c'è stai tranquillo che non vedi più nessuno!»
Le carni arrivano quasi tutte dalla "sua" Tuscia, insieme ai funghi quando è stagione; gli abbacchi da Tolfa insieme al guanciale. Oltre al pesce che sta in primo piano, l'offerta prevede infatti anche piatti di terra. Tanto che Fabrizio non vede l'ora di rimettere in carta un suo "piatto forte di Bufalotta": spaghetto artigianale ajo&ojo con cicoria ripassata, pomodorino e bruschetta sbriciolata. E per chi scegliesse la carne, c'è anche qualche etichetta di Etna Rosso. Della serie: si può fare. Magari averlo sotto casa!