C’è differenza tra brutalismo e brutalità? Tra l’essenzialità stilistica della funzionalità a vista, esibita e sbandierata, e una certa rudezza scabra, quasi sgradevole? Me lo sono chiesto dopo aver mangiato nel nuovo Manna, il ristorante attorno al quale è andato crescendo negli ultimi anni NoLo, il quartiere della gentrificazione prima di tutto onomastica di Milano. Un locale che segue una strada tutta sua, quella che lo chef e patròn Matteo Fronduti ha scelto anni fa e che, al netto di una recente ristrutturazione, è rimasta comunque quella: compiacenza zero, giornalisti e critici visti come la sabbia nel costume, sostanza a secchiate, nessuna propensione al compromesso. Prendere o lasciare.
Nessuna accondiscendenza
In molti pensano che Fronduti - milanese di Rho - col suo talento di ben altre glorie si sarebbe rivestito con un carattere appena più facile, con una maggiore accondiscendenza verso un mondo che richiede una faccia pubblica suadente, sorrisi a favore di telecamera, parole da profeta. Ma a lui tutto questo sembra non interessare. Per dire, gli ho ricordato quando, anni fa, criticai da romano una certa sua interpretazione della cacio e pepe, e lui si incazzò in diretta, perché il cliente ha ragione solo fin quando non ha torto. “Non ricordo ma sarà andata certamente così”, mi risponde quasi orgoglioso. Il fisico è da rugbista, la barba lunga, lo sguardo truce. L’attitudine in sala, dove Matteo si fa vedere spesso, è quella da oste vecchio stile, accogliente ma in cerca di empatia, se scatta bene, se non scatta sei un cliente come tanti, peggio per te.
Nuovo-vecchio Manna
Il nuovo Manna ha riaperto a inizio dicembre dopo una chiusura scioccante annunciata d’estate sui social. “Manna chiude per sempre”, scrisse allora, lasciando orfani i suoi non pochi groupie. In realtà intendeva dire che dopo una lunga pausa e la riapertura, il locale non sarebbe stato più uguale. Per me resta lo stesso posto di frontiera, solo più bello, intimo, e con una cucina ancora più affilata ed estrema, direi graffitara, urbana, democratica ma non demagogica.
La vera novità è il bel cocktail bar che lavora affiancato al ristorante, utile per l’aperitivo ma anche per accompagnare la cena a uno dei drink preparati dal bravo Mattia Mizzi, già al Rita. A pranzo business lunch stringato a 25 euro. Tre i menu serali: il piccolo Quindici (quattro portate, 76 euro), l’intermedio L’Altro (sei portate, 94 euro) e il loquace Porcherie, probabilmente la carta più hardcore di Milano, vero caso di gonzo gastronomy in stile “Paura e disgusto a NoLo”, viaggio testosteronico tra trippe, animelle e grassi.
L'Altro e il Porcherie
Io opto per L’Altro con la promessa di almeno una incursione “porca”. I piatti, noto subito, sono elencativi, didascalici, Matteo ha rinunciato al talento di “titolista” che esercitava nel vecchio Manna, che faceva da ponte pop tra il pensiero e l’azione. Si parte con un brodo di cavolo nero, poi un elettrico Cavolfiore arrosto, spuma di cavolfiore, uvetta, liquirizia, dragoncello, acciughe e polvere di cavolo nero, una Testina di vitello arrosto con cannolicchi, mela verde, zenzero, erba ostrica e un consommé di cannolicchio. Si sale di livello con la Zuppa di molluschi e crostacei con bacon, latte e aneto che mostra una capacità inconsueta di gestire differenti grammatiche e consistenze. Quindi lo Spaghetto con cima di rapa, rafano, salsa di sedano rapa e aneto affumicato, acidità e umami.
È il momento del bonus track dal menu Porcherie: Grasso di manzo arrosto con sgombro marinato, leche de tigre, mango affumicato, coriandolo e arachidi un piatto estremamente piccante che viene a più miti consigli grazie al gelato al tè hojicha con bottarga e pepe di Sichuan. Uno schiaffo salutare.
Infine la Pancia di agnello arrosto con bagna cauda e cavolo cappuccio. Di chiude con insolita soavità grazie alla Nocciola soffice, nocciole croccanti e sorbetto di cacao e caffè. Un percorso coerente e convincente, rude e piacevole, più di lotta che di governo. Certamente una proposta inclassificabile: Manna infatti è prima di tutto un luogo che sfugge a categorizzazioni facili, per questo unico a Milano.
Narrativa carente
E a proposito della differenza tra brutalismo e brutalità, il servizio, pur impeccabile, avrebbe bisogno di maggiore umanità, di una narrativa e di un calore riservati non solo a chi va a genio al Fronduti. Io, evidentemente non gli sono piaciuto troppo, e posso anche capirlo: sarà per questo che al momento del conto una transazione con la carta di credito apparentemente fallita va invece in porto e finisco per pagare due volte per un conto un po’ troppo salato. Verrò avvertito il giorno dopo e rimborsato con un bonifico. Poco male.
Manna, piazzale Governo Provvisorio, 6. Milano. Tel. 02.26809153 - Chiuso la domenica.