Il Monte dei Cocci è una collinetta artificiale frutto dell'affastellamento di frammenti di anfore romane, usate per trasportare liquidi o cereali lungo il corso del Tevere e poi ordinatamente accumulate a creare una montagnola alta quasi cinquanta metri. Un Monumento Storico Archeologico Italiano ma anche un posto simbolo della romanità più verace, strettamente collegato con il mercato e lo scambio delle merci, ma anche un luogo ideale per conservare il cibo, perché l'argilla assicura una temperatura costante nelle grotte scavate nel monte, sin dal Medio Evo sede di osterie. Non stupisca allora che mentre il mattatoio – per decenni centro nevralgico delle attività alimentari - ancora era da farsi, di fronte già c'era il preludio di quello che sarebbe diventato, nel 1887, il ristorante Checchino della famiglia Mariani. L'attività, infatti - uno dei Locali Storici d’Italia e d’Europa - nasce come rivendita di vini e cibi freddi e solo successivamente si è aggiunta la cucina.

Roma Capitale e il Mattatoio
Gli ultimi anni dell'800 hanno visto Roma diventare la capitale del Regno d'Italia, investita da una frenesia edilizia che ne ha cambiato il profilo urbanistico e creato nuove esigenze come la costruzione di un nuovo mattatoio nel quartiere Testaccio (oggi trasformato in spazio espositivo con il Macro e la Pelanda) proprio di fronte a quel ristorante che divenne ben presto rifugio degli operai che lavoravano al cantiere. Quando nel 1890 lo Stabilimento di Mattazione è entrato in attività, gli scortichini, i lavoratori più umili che scuoiavano le bestie, le dividevano in mezzene e le spostavano a spalla, erano pagati anche con un poco di carne delle bestie appena macellate: testa, coda e interiora. Parti molto deperibili, considerate allora di scarto. Si conia una definizione arguta per quei ritagli che nessuno voleva: quinto quarto, a sottolineare che oltre ai due quarti posteriori e ai due posteriori, ci fosse anche dell'altro non considerato, ma di pari peso. Figlia dell'arte di arrangiarsi, la cucina del quinto quarto è presente un po' ovunque nel mondo, Roma la celebra con una grande varietà di ricette, molte inventate proprio dalla famiglia Mariani. Gli scortichini, che qualcuno chiamava anche vaccinari, arrivavano con il loro pacchetto di frattaglie, che venivano prese in consegna e cucinate in modo da rendere più appetitose delle carni spesso ostiche per consistenza, odore e sapore. Nascono così alcuni piatti diventati patrimonio capitolino.

La coda alla vaccinara e gli altri piatti della memoria
La coda alla vaccinara è uno di questi, con tanto di documento ufficiale che ne testimonia la nascita. Oggi la ricetta di Checchino è ancora la stessa codificata da Ferminia – figlia dei capostipiti Lorenzo e Clorinda Mariani – se non fosse per qualche adeguamento al modo di mangiare attuale, più attento alle cotture e alla leggerezza delle pietanze. Anche i rigatoni con la pajata – ovvero l'intestino digiuno dei vitellini da latte – si fanno praticamente da sempre, qui ve la ricordate sì, la scena del Marchese del Grillo in cui Alberto Sordi fa assaggiare quel piatto a Olimpia? Ecco: il piatto per le riprese è stato preparato proprio Checchino.

Elio, Marina e Francesco Mariani
Dopo i primi esperimenti in cucina, ci è voluto poco perché il menu si ampliasse accogliendo oltre ai classici immancabili della tradizione, anche minestre e verdure locali: carciofi in primis, ma anche cicoria, puntarelle, broccoli e gli altri piatti della tradizione come saltimbocca e petto di vitella alla fornara, abbacchio alla cacciatora, o ancora il padellotto di piedini e nervetti, il garofolato. Ricette antiche, che è sempre più difficile trovare eseguite con la perizia di cui la famiglia Mariani è da sempre orgogliosa testimone. Il bue garofolato sono invece la ricetta consegnata al Piatto del Buon Ricordo, un'iniziativa volta alla valorizzazione dei cibi regionali. L'associazione dei ristoranti del Buon Ricordo è nata nel 1964 con l'obiettivo di preservare dall'oblio alcune ricette tradizionali: ogni locale aderente individua un menu cui dedica una ceramica decorata a mano da un artigiano di Vietri, che poi viene donata ai clienti che scelgono quel menu. Ma se qualcuno pensa che questo sia un posto chiuso nel suo passato, si sbaglia di grosso: è la storia ad essere passata di qui, seduta alla tavola dei Mariani. Gente qualunque e volti famosi, politici e attori, semplici appassionati e addetti ai lavori: la cucina verace di Checchino ha sfamato tutti e ha vissuto la stagione delle guide internazionali prima di molti altri, finendo persino nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants nel 2003 e nel 2005.
Bere da Checchino: il cocktail bar nascosto al primo piano
Negli anni '50 qui si stappavano già vari tipi di vini francesi, mentre una cinquantina di anni fa erano già un mezzo migliaio le etichette tra cui scegliere, per la gioia degli appassionati come Luigi Veronelli, mentre il carrello dei distillati era una sorpresa per un locale tipico come Checchino. La cantina, poi, è sempre stata un vanto, incastonata com'è nel Monte dei Cocci: merita una visita per per capire come si è formata questa collina artificiale che denota tutto il quartiere (il nome Testaccio si riferisce proprio al nome latino di questi frammenti). Oggi è Simone Mina, figlio di Marina e nipote di Elio e Francesco Mariani, ad ampliare l'offerta beverage con una carta dei cocktail ben strutturata, duplicando di fatto l'offerta con un cocktail bar nascosto nel piano superiore del locale. Qui c'è una piccola proposta gastronomica pensata ad hoc: non solo bruschette o intingoli in cui fare la scarpetta, ma anche cicchetti romaneschi come insalata di zampi, testina di vitella, trippa alla romana scelti dal main menu perché particolarmente interessanti da abbinare ai drink. Si sceglie tra classici e interpretazioni della casa, come nel Martini, proposto con 5 profumi che diventano garnish; il profumo è uno dei fil rouge che punteggia la carta dei signature. Ma ci sono anche un drink vintage, con un cordiale del '96, un luxury e quelli a base vino, come nel caso dello spritz con malvasia o il negroni con il Roma Doc. Il gioco, però, è trovare l'abbinamento migliore con la cucina: ecco allora che, pescando nel piccolo menu creolo, dedicato al rum di Martinica, il T-Tini è abbinato alla pajata arrosto: provare per credere.
Checchino dal 1887 - Roma - via di Monte Testaccio, 30 - tel. 06 5743816 - 06 5746318 - http://www.checchino-dal-1887.com/