In coro chiedono il massimo rigore e coordinamento possibili riguardo le informazioni date all'opinione pubblica, al fine di chiarire le misure che dovranno adottare in futuro nei loro ristoranti. Non chiedono una riapertura urgente, ma una riapertura ragionata con una grande flessibilità per quel che riguarda la Erte (la cassa integrazione) e l'erogazione di liquidità, tenendo conto che quello della ristorazione è uno dei settori più colpiti dalla crisi dovuta al Covid-19.
Le persone continueranno ad andare al ristorante
“Prima di tutto va risolta la questione sanitaria, in questo momento non possiamo avere posizioni individualistiche, anche perché questo è un problema globale”, premette Andoni Luis Aduriz (Mugaritz, Errenteria) – che insieme al Joxe Mari Aizega, direttore generale del Basque Culinary Center, ha stilato un protocollo per la riapertura dei ristoranti - “E devo dire che in Spagna ci siamo dimostrati calmi e ragionevoli”. Ma una volta fatta l'analisi delle priorità tocca affrontare il tema della ristorazione. “Temo che verranno penalizzati sia le cosiddette startup, sia i ristoranti che hanno molti anni e non si sono mai consolidati, e dunque anche prima del Covid erano in una fase di declino. Ma d'altra parte penso (e spero) che le persone non subiranno un cambiamento molto drastico, siamo animali sociali e la gente vorrà passare il tempo libero fuori dalle proprie case e continuerà ad andare al ristorante”.
Creare fiducia in modo che i clienti ritornino al ristorante.
Una visione ottimistica quella di Andoni, confermata da quanto accaduto a Joan Roca (El Celler de Can Roca, Girona), il quale dopo aver aperto le prenotazioni per marzo 2021, ha raggiunto il sold out in pochissimo tempo. “Ora, la cosa prioritaria per il Governo”, sottolinea Roca, “è comunicare alla popolazione che i ristoranti sono luoghi sicuri, anche perché apriranno solo quando saranno in grado di soddisfare tutte le esigenze sanitarie”. Attualmente il Governo spagnolo ha predisposto l'apertura (prevista lunedì 11 maggio) dei ristoranti con terrazza o dehors, occupando solo il 30% dei coperti totali.
“Il peggior nemico è la disinformazione”
“Un passo in avanti non indifferente”, commentano Mateu Casañas, Oriol Castro ed Eduard Xatruch (Disfrutar, Barcellona), “perché avere un calendario con delle fasi e alcune linee guida, è già qualcosa; il peggior nemico, ora, è la disinformazione”. Ma c'è un grande ma: “Ad ogni modo le misure prese dal Governo non sono sufficienti per mantenere in piedi le nostre imprese. È chiaro che oggi ci sono altre priorità che vanno al di là delle nostre, ovvero controllare la questione della salute, ma noi chiediamo fermamente che oltre ai calendari, ci venga comunicato in modo chiaro come intendono gestire l'intera questione delle riaperture, da come ci dobbiamo comportare con il personale al protocollo da seguire. Queste informazioni sono essenziali affinché i ristoranti possano iniziare a lavorare in tranquillità”. La pensa allo stesso modo Ferran Adrià secondo il quale “la mancanza di date specifiche e di norme sulla sicurezza alimentare chiare, non consentono di fare delle previsioni sulla riapertura. Necessitiamo di informazioni più concrete”.
Lì dove necessario, tocca cambiare modello di business
Ma al tempo stesso Adrià, qualche previsione la fa: “Ci sarà chi cercherà di sopravvivere, ma comunque sopravvive solo chi ha un buon modello di business, e chi punterà sull'innovazione, cambiando i paradigmi della propria attività economica”. Stesso scenario immaginato da Quique Dacosta (Quique Dacosta Restaurante, Dénia Alicante), che ha all'attivo cinque ristoranti e una società di catering con differenti modelli di business. “Uno dei maggiori problemi che riscontreremo è la capacità limitata, fino a quando non vi sarà un vaccino. Se un ristorante ha 100 sedie, ne può occupare solo una trentina, e quando si tratta di un ristorante di alta cucina, la cosa è più o meno gestibile perché è la capacità che di solito abbiamo in media. Ma ristoranti come Vuelve Carolina o Mercatbar affrontano un grosso problema perché lo scontrino medio è compreso tra i 20 e i 40 euro. In questi casi bisognerà rivedere il modello di business. Ciascuno dei miei progetti dovrà affrontare sfide completamente diverse su tutti i livelli”.
La creatività non verrà meno
Anche per Andoni questo è il momento giusto per rimescolare le carte: “Stiamo attraversando uno strano processo in cui le nostre vecchie abitudini sociali dovranno coesistere con nuove misure di sicurezza. Quanto a noi, come ristorante, combatteremo in questo nuovo contesto con creatività, essendo più Mugaritz che mai: Mugaritz non smetterà mai di essere Mugaritz e useremo la creatività per navigare nella complessità”. “Ora è un buon momento per focalizzarsi su altri aspetti della ristorazione”, suggerisce Adrià, “i cuochi potrebbero per esempio costruire un catalogo di ricette o concentrarsi sul business plan”. Oppure potrebbero rimodulare il loro business puntando maggiormente sulla digitalizzazione o su un servizio, non solo il food, a domicilio.
I ristoranti alla riapertura in Spagna andranno a due velocità. Il Governo deve stanziare più aiuti
“Un altro problema”, riscontra Dacosta (che proprio in questi giorni sta attivando il delivery), “è che al momento i ristoranti andranno a due velocità, le spese generali saranno le stesse di prima del coronavirus, ma il giorno in cui apriremo, la produttività sarà direttamente correlata al 30% della capacità stabilita dalle normative. Pertanto, se devi pagare tutto (affitto, elettricità, acqua, assicurazione, tasse, IVA ...) alla stessa velocità di produttività pre-Covid, è molto plausibile che la maggior parte delle imprese non ce la farà. Per intenderci, è come se una moto avesse la ruota anteriore che non può superare i 30 chilometri orari e quella posteriore che va ai 120 km/h; il risultato è che anche il miglior motociclista cade”. Per questo chiede - ma in generale la richiesta è condivisa – al Governo spagnolo di prorogare la cassa integrazione e provvedere con la liquidità. Altrimenti, in queste condizioni, un ristorante aperto rischia di perdere più denaro di uno chiuso.
La ristorazione fine dining è intrinsecamente legata al turismo
L'ultima questione toccata dagli chef spagnoli interpellati è il forte legame tra ristorazione e turismo. “Dobbiamo affrontare un'altra sfida”, rincara la dose Dacosta, “Quique Dacosta Restaurante, per esempio, si trova a Dénia, una piccola città di pescatori ad Alicante. È una città turistica e se le persone non potranno venire, non ci saranno i presupposti per aprire. È una singolarità importante perché è molto probabile che, sebbene sia consentito il 30% della capacità, in un ristorante come questo potrebbe non esserci nemmeno quella percentuale di clienti”. Una problematica comune, che speriamo venga presa in considerazione dal governatore di turno.
Ma prima di lasciarci chiediamo a ognuno di loro come pensano di superare questa crisi inedita, i più ottimisti ci hanno risposto, gli altri attendono più informazioni concrete da parte del Governo.
Quique Dacosta: “Cercheremo di essere attraenti con tutti gli strumenti che abbiamo, dalla nostra cucina, alla rappresentazione del territorio, alla creatività, in modo che chiunque voglia vivere un'esperienza gastronomica unica, lo possa fare da noi. Metteremo tutto lo staff e tutte le conoscenze che abbiamo al servizio di un'esperienza che deve essere reale, con le massime garanzie sanitarie e igieniche (le avevamo già prima di questa situazione, sicuramente siamo il settore con il più rigoroso standard sanitario!). Dobbiamo continuare a infondere fiducia, dimostrando anche che il rispetto dei parametri igienico-sanitari non è dannoso per l'esperienza. Al contrario, dobbiamo trovare dei meccanismi per incentivarlo. Ora, per esempio, stiamo programmando di cenare nel giardino all'aperto, cercheremo di ottenere l'atmosfera magica”.
Gli chef del Disfrutar: “Siamo ottimisti e vogliamo ricominciare. Come? Sicuramente offrendo delle garanzie al consumatore, anche perché sarà lui stesso a richiederle e (giustamente) a pretenderle”.
Andoni Luis Aduriz: “Indubbiamente ne usciremo molto rafforzati, anche se lo scenario a medio e lungo termine sarà altrettanto complicato, soprattutto perché c'è molta incertezza. Ma penso anche che ogni crisi abbia un risvolto positivo e insegni molte cose. Noi, per esempio, abbiamo sfruttato il tempo del lockdown per guardare che cosa abbiamo fatto e per disegnare il nostro futuro, non sempre quel che si sta facendo si adatta a quel che vorremmo fare o essere. Insomma, da tutte le situazioni di crisi ne esci arricchito, anche perché quando si insegue un sogno, questo è sempre più grande di qualsiasi ostacolo”.
Elena Arzak: “Al ristorante seguiremo le fasi di riapertura come il resto dei ristoranti, in modo organizzato e sicuro. Non vediamo l'ora di servire nuovamente i nostri clienti, ma poiché non abbiamo alcuna esperienza precedente, lo faremo con grande cura e con un un maggior sforzo da parte di tutti”.
a cura di Annalisa Zordan