Francesca Montesano ”. Il futuro della ristorazione secondo René Redzepi

10 Mar 2025, 14:46 | a cura di
Nel futuro del Noma, un ecosistema creativo in cui la ristorazione occuperà una parte secondaria: «Credo che il nostro settore abbia qualcosa da offrire per migliorare il cibo» dice René Redzepi in una lunga intervista

«Il lavoro nei ristoranti deve diventare il nostro hobby, il modo in cui ci divertiamo e non quello in cui ci manteniamo» dice René Redzepi nel raccontare il Noma 3.0: non pi ristorante tradizionale, ma un pop up aperto al massimo tre mesi l'anno (formula già sperimentata all'estero), come un laboratorio dove testare le idee. Punto e a capo, quindi: il Noma sarà una sorta di centro di innovazione gastronomica in cui il ristorante è uno degli elementi, insieme ad altri: non solo alimenti, ma anche media, pubblicazioni, documentari.

Non è una novità: nel 2023 René Redzepi ha annunciato che avrebbe chiuso il Noma così come lo abbiamo conosciuto fino a ora. Un po' come era già successo nel 2015 per il trasferimento nel locale attuale. Anche stavolta Redzepi parlava di una trasformazione. In quale direzione, però, non era dato sapere. Fino alla lunga intervista rilasciata a Sasha Correa, nel corso dei Dialogos de Cocina del Basque Culinary Center, fedelmente riportata da Gastronomia 360 nel quale ha raccontato in che modo il Noma deve cambiare per rimanere se stesso, adattarsi a un settore che sta attraversando una grande trasformazione, e rispondere a nuove esigenze. Il sistema dei ristoranti, che è un tritatutto per i giovani non può funzionare più: bisogna assicurare a tutti un livello di vita adeguato e sostenibile, avere un impatto significativo sul mondo dell'alimentazione, e creare una prospettiva a lungo termine in cui immaginare un futuro. E mentre il pubblico aspetta l'apertura delle prenotazioni per accaparrarsi uno dei pochi posti a disposizione, Redzepi pensa che è giunto il momento di voltare pagina.

Le tre linee di sviluppo del Noma

Il Noma diventerà un ecosistema creativo che lavora su diversi obiettivi: il no-profit, la ricerca per possa rispondere alle sfide alimentari e ambientali del futuro, legate allo sviluppo di nuovi cibi e nuovi sapori - “future staple food” li chiama – come novel food, funghi o legumi, e poi il business, in cui lo chef apre alla collaborazione con start-up e aziende dell'industria alimentare in cui di solito gli chef non servono se non come strumento di marketing promozionale quando  vuole fare bella figura per un breve momento. Uno o due partner potrebbero bastare per un progetto che richiede un grande impegno finanziario per cui Redzepi è pronto a vendere parte delle sue azioni del Noma per colmare il buco dovuto alla chiusura della regolare attività del ristorante, prima che il nuovo progetto vada a regime. Ci sarà un Noma in futuro, rassicura lo chef, ma c'è di più: Redzepi vuole preservare la creatività e di avere un impatto positivo sul mondo del cibo.

Un Noma senza Redzepi

«Penso anche che potrebbe esserci un Noma senza di me in questo momento» dice senza giri di parole: lo chef non è la mente unica che crea tutto, piuttosto è un leader all'interno di u team in cui ci sono personalità che potrebbero a loro volta esserlo come Pablo Soto. «Penso che se ci si concentra sull'insostituibilità si cerca di preservare qualcosa, invece non si tratta di preservare, ma di andare avanti». Molti ristoranti sono ecosistemi, laboratori di collaborazioni, gruppi di professionisti troppo spesso anonimi: «Perché non conosciamo i nomi di di queste persone?» Anche la stampa di settore, i narratori, gli editori e tutti coloro che ruotano intorno al settore della ristorazione devono cambiare. Per la Guida alla fermentazione del Noma, best seller da oltre mezzo milione di copie ha dovuto lottare con l'editore per mettere David Zilber, capo della fermentazione, come autore insieme a lui, del resto «le persone che lavorano nel laboratorio di fermentazione del Noma ne sanno molto più di me». In questa prospettiva non importa chi sarà il leader, il Noma ci sarà ancora. «Nel 2070 spero di essere pieno di vitalità, ancora curioso e creativo... Camminerò con le stampelle o su una sedia a rotelle, ma spero di essere ancora in grado di pensare, vorrei essere una persona creativa, piena di energia e vitalità». Ma non si sta disamorando, anzi: «il cibo è di gran lunga la cosa più importante che abbiamo. Vorrei essere ancora più che mai un servitore del cibo».

Un tavolo al Noma

La creatività e l'innovazione

La creatività è da sempre un punto chiave: la creatività è curiosità e la curiosità è sentirsi vivi. «Quando si avvia un ristorante, la mente è piena di idee e si pensa che sia che andrà avanti per sempre. Ma poi si scopre che il 90% delle idee era una schifezza. E quando inizi a metterle in campo ti rendi conto che le esaurirai se non stai bene dentro». Il segreto di Redzepi è leggere di notte e camminare di giorno: ogni anno per un mese. Lasciando da parte il rumore ma creando lo spazio mentale per riflettere: «Le idee ci sono, ma bisogna mettersi degli occhiali speciali per vederle». Si va per fasi: «Nessuno riesce a mantenere vivo qualcosa per tutto il tempo. Quando si invecchia un po', si capisce che non c'è niente di male se a volte le cose non funzionano». Fedeltà e disciplina, sono alleate, «Se avete disciplina, potete fare tutto ciò che volete. C'è una cosa importante che voglio dire: non arrendetevi». Motivazionale, Redzepi, è oggi in cerca di nuove forme e riassetti che consentano di mantenere viva la creatività e l'energia delle persone che fanno parte del team: «Personalmente, credo che al di sopra di tutti questi problemi ci siano la speranza e la positività. Tutto è contagioso. Se sei una persona positiva, lo diffondi a chi ti sta intorno». E intorno a Redzepi ci sono tanti giovani, cosa gli invidia? «Sono molto più intelligenti di noi, riescono a vedere il mondo a volo d'uccello».

I garum del Noma

La fermentazione

«Avremmo potuto chiudere la cucina di prova, il laboratorio di fermentazione. Ma il mio carburante per la vita è il lavoro creativo». Quel lavoro dietro le quinte, nel mondo invisibile della fermentazione: «Lo trovo immensamente più interessante e innovativo, in cui c'è molto da esplorare». Lo paragona a quello vegetale, minuscolo rispetto a quello di lieviti, muffe e batteri. Richiede un impegno e un tempo che sono in controtendenza rispetto alle abitudini attuali, dominati da Instagram con i suoi tempo veloci, mentre la fermentazione è una cosa lenta e nascosta. «Mi piacerebbe avere occhiali magici per poter vedere tutti i microbi. Ci farebbe impazzire vedere cosa succede intorno a noi. Stiamo camminando in uno zoo».

Il futuro del Noma

Cos aspettarci dal Noma? «Ogni idea passa attraverso tre fasi: avere l'idea in sé, organizzarla, farla funzionare. Noi abbiamo quasi finito la seconda fase. Nei prossimi due anni vedremo se riusciremo a farla funzionare. E questo non è affatto certo». Lasciare tutto cos'è, per pausa di perdere qualcosa, non serve: non bisogna affezionarsi al successo. «Non abbiamo perso le tre stelle, ma le perderemo». Quando ha perso la prima si è reso conto di una cosa: «Il giorno dopo il mondo va avanti come se nulla fosse». Meglio lavorare come se non ci fosse nulla da perdere, perché in realtà non c'è nulla da perdere. Poi «Se funziona, creeremo un nuovo tipo di organizzazione alimentare che non è mai esistita prima. E se non dovesse funzionare, torneremo a essere un ristorante 12 mesi all'anno, perché ho tre figli».

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