Di agenzie che vogliono vendere followers fasulli e finte recensioni ne è zeppo il web. Ora però, oltre che fastidiose, sono diventate aggressive e se non si accetta di investire con loro, ricattano anche di invadere gli spazi Google e TripAdvisor dei locali con testimonianze e commenti negativi. Così da spingere gli avventori a virare verso un altro indirizzo. E così se non si paga, se si decide di lavorare in maniera onesta, ci si ritrova bombardati da parole penalizzanti e col ristorante vuoto, mentre gli imprenditori scorretti riempiono i tavoli e hanno addirittura liste d’attesa.
La denuncia al commissariato
A raccontare tutto al commissariato della polizia di Stato è stato un ristoratore di Trastevere, Vincenzo Colao, patron di Ripa12. Il Gambero Rosso ha potuto leggere la sua denuncia: secondo la sua deposizione, l’uomo a dicembre è stato contattato da un numero proveniente dal Bangladesh, il cui titolare «dichiarava di essere un promotore professionale di recensioni Google», proponendo pertanto «100 recensioni positive al costo di 400 euro». Colao, non interessato, ha rifiutato la proposta. «Ma da quel numero i messaggi su WhatsApp si sono moltiplicati — spiega —. Il “promotore” ha continuato a contattarmi per propormi queste recensioni, anche con una nuova formula per spendere una cifra inferiore».
Scatta la minaccia
All’ennesimo rifiuto del ristoratore è arrivato il ricatto, in un italiano sgrammaticato e maccheronico: «Sono passati dieci giorni ormai e non accetti più recensioni. Il mio lavoratore inizierà a dare recensioni negative quando si arrabbia». Queste le frasi che hanno spinto Colao a rivolgersi alla polizia. Siamo andati nel suo locale in via di San Francesco a Ripa, ogni giorno presa d’assalto dai turisti, per capire meglio se i messaggi ricevuti siano stati un caso o se, piuttosto, si tratti di un fenomeno più vasto. E in effetti lo è.
Il ristoratore non ha ricevuto solo offerte (e minacce) da un numero del Bangladesh, ma anche da altri. C’è un certo “Prince” che si fa avanti: «Hello brother, do you need Google reviews?». Tradotto: «Ciao fratello, hai bisogno di recensioni Google?». Poi un altro numero, sempre straniero, dal quale arriva anche una proposta nuova: il ristoratore può scegliere quale testo inserire nella recensione. Una formula che probabilmente scelgono coloro che vogliono rendere più intriganti alcuni piatti, magari i più costosi. In questo caso il prezzo è a recensione: quattro dollari a commento. Ma tra i servizi ci sono anche l’aumento dei followers su Facebook e sul sito web, se necessario.
Un “successo” che costa caro
Colao scorre il telefono, la lista di chi vorrebbe mettere mano sui suoi soldi ed è allo stesso tempo pronto a provare a rovinarlo è lunga. Da un altro numero, stavolta italiano, arriva un’ulteriore proposta, più allettante rispetto ad altre: non si ragiona per numero di recensioni, ma per raggiungimento degli obiettivi. E mostra alcuni esempi: ci sono ristoranti, dei quali questo ragazzo invia nomi, vie, fotografie che prima avevano punteggi bassi, anche poco sopra alle 3 stelline su Google. Ma che dopo il loro intervento sono arrivati a 4,2, un numero considerato positivo, che può pesare sulla decisione di turisti e romani di fermarsi qui o andare al locale dopo. Chi scrive manda screenshot con il “prima” e il “dopo” del suo intervento: ecco sfilare in chat nomi di botteghe, di ristoranti, di ogni genere di locale. Poco importa se poi chi esce da lì si trova male: affare chiuso, soldi intascati. E mal che vada, a fronte di così tante recensioni positive (frutto di accordi), gli avventori potranno pensare che la loro serataccia possa essere stata «un caso».
Non si contano, poi, i contatti che chiunque riceve attraverso i social newtork: su Instagram è ormai una costante. Mille recensioni positive generiche costano appena 40 dollari. Dieci dollari è invece il prezzo per avere mille followers in più, con 150 se ne ottengono anche 20mila. Un dato che fa balzare dalla sedia chi quel seguito se l’è sudato.
Il boom di turisti a Roma
C’è anche un altro punto e non riguarda tanto i ristoratori, quanto il Comune di Roma. Dopo la pandemia la giunta del sindaco Roberto Gualtieri — e in particolare l’assessore ai Grandi eventi, Sport, Turismo e Moda, Alessandro Onorato — ha saputo restituire ai romani e ai turisti appuntamenti di qualità e soprattutto di respiro internazionale. E i dati sono effettivamente positivi, basti pensare ai 13 milioni di presenze di turisti tra maggio e luglio dello scorso anno, con una permanenza media a Roma di 2,8 giorni (dati Ente Bilaterale del Turismo). Ma si pensi anche ai pienoni di Natale e Capodanno e alle ottime previsioni per la Pasqua. Insomma: un flusso incredibile che, complici i cambiamenti climatici, non conosce pausa se non per le settimane più bollenti e che si percepisce quotidianamente per le vie del centro storico, per i monumenti più simbolici e anche per i ristoranti e le botteghe.
Mercato drogato
Ecco il punto: gruppi organizzati e agenzie non solo pubblicano recensioni fasulle dietro compenso, ma viziano il mercato. Facendo aumentare la popolarità online e il punteggio di ristoranti di bassa qualità, che altrimenti avrebbero commenti solo negativi, si indirizzano turisti (ma anche romani) verso piatti scadenti, servizi frettolosi, talvolta conti astronomici. E questo, di fatto, è quello che la Capitale offre a chi per orientarsi nella (fin troppo) vasta scelta di locali consulta Google. Forse per il neonato Consiglio del Cibo di Roma — si legge sul sito del Comune: lo «strumento di partecipazione inclusivo nel quale società civile, soggetti istituzionali e associazioni di settore si incontreranno e dialogheranno per arrivare alla definizione di un Piano del cibo che dovrà delineare la politica agro-alimentare della città di Roma per i prossimi anni» — è arrivato il momento di occuparsene.