Chi è Rasmus Munk, lo chef del più spettacolare ristorante al mondo

13 Feb 2025, 10:57 | a cura di
Alchemist è uno dei più incredibili e visionari ristoranti al mondo, che costruisce una specie di realtà parallela a partire dal cibo. Le cene sono spettacoli ad alto tasso di denuncia sociale.

Quando apre Rasmus Munk il suo ristorante è il 2015. È solo un assaggio di quello che diventerà Alchemist, che nel 2019 si trasferisce in uno spazio enorme: oltre 2000 metri quadrati, in un ex cantiere navale poi diventato magazzino di scena del Royal Danish Theatre nel quartiere industriale di Refshaleøen, a Copenaghen. Un progetto costato intorno ai 15 milioni di dollari cui ha provveduto il mecenate Lars Seier Christensen, lo stesso del Geranium. All'epoca lo avevamo definito come il nuovo teatro dell’alta cucina a Copenaghen ma forse non era abbastanza. Perché più che uno spettacolo teatrale, quello offerto (si fa per dire: ogni cena sta sopra i 600 euro, ma con le bevande può superare i mille euro) da Rasmus Munk è un evento olistico, come lui stesso lo definisce nel suo manifesto gastronomico.

La sala di Alchemist, con grandi schermi che proiettano un paesaggio

L'esperienza multisensoriale di Alchemist

Il suo obiettivo è costruire un’esperienza multisensoriale unica al mondo, dove arte, teatro, proiezioni, suggestioni tattili, immersioni video e sonore ad alto tasso di tecnologia, contribuiscono a portare letteralmente i commensali-spettatori-protagonisti in un altrove in cui il cibo è solo una delle componenti. L'esperienza dura anche 6 ore, e prevede una cinquantina di bocconi - impressioni culinarie - di forte, fortissimo impatto (disponibili anche in versione vegana, vegetariana e pescetariana). Non solo per il sapore, ma anche per l'effetto dato dagli oggetti di servizio (chiamarli piatti, ceramiche o mise en place è decisamente riduttivo).

 

munk 1984

Come nel caso di quell'occhio che ti guarda, omaggio al romanzo 1984, o a quella lingua di silicone che richiama l'attenzione sul cancro. Sì, perché da Alchemist non c'è cibo senza narrazione, e non c'è comunicazione senza la sua rappresentazione gastronomica. Potrebbe sembrare troppo fin troppo didascalico, e invece è semplicemente spaziale.

Una creazione di Alchemist: finta lingua su cucchiaio

La cucina come impegno e attivismo gastronomico

Per Rasmus Munk – ragazzone danese classe 1991 - la cucina è impegno sociale, politico, etico, strumento per lanciare messaggi nel mondo più rumoroso possibile. Il suo è un attivismo visionario che non arretra di fronte a nulla, come quando – per urlare al mondo (il suo mondo) l'indecenza di bambini che ancor oggi muoiono di fame – ha fatto costruire una piccola cassa toracica in argento, su cui servire una una fettina sottile di coniglio, animale che per la facilità nell’allevamento, secondo lo chef potrebbe essere la soluzione per contrastare la fame del mondo.

munk hungry

Il piatto si chiama Hunger, e lo accompagna un monito a non chiudere gli occhi su questa tragedia, un invito a donare, anche perché chi può permettersi una cena da lui può o almeno potrebbe dare un contributo notevole alla causa. Che poi questo accada, beh è tutto da vedere. Lui, la sua parte la fa: durante il lockdown del 2022 ha fondato JunkFood, un’associazione benefica che, a oggi, ha distribuito oltre 255.000 pasti ai senzatetto di Copenaghen. Quel che è certo è che Munk sa come scioccare, e sa per cosa vuole farlo. Inquinamento, malattie, immigrazione, donazione di sangue: i suoi temi sono quelli che in genere ci si lascia alle spalle quando si vuole una serata di svago. E invece no.

Lui ha creato un nuovo paradigma culinario che non fa sconti. Qualche anno fa, per esempio, serviva il cuore di agnello con una specie di "sacca di sangue", in realtà una salsa di ciliegie, e un opuscolo sulla donazione degli organi che ha raccolto oltre 1.500 firme. In Burnout Chickens, invece, gli ospiti si vedono arrivare una zampa di pollo in una gabbia delle dimensioni proporzionali allo spazio che ha a disposizione un pollo intero allevato in gabbia. Il piatto (un'ala di pollo disossata e farcita con pollo, gamberi e curry verde, glassata e arrotolata in gamberi fritti e arachidi) è servito  mentre in sottofondo si sentono i rumori delle gabbie di allevamenti intensivi: il punto è mettere sotto gli occhi dei commensali che degli animali sono stati uccisi per fare il loro cibo.

Cene da mille euro e liste d'attesa da mille persone

Non ci si stupisca: provocatorio, Munk, lo è sempre stato. E anche visionario, scenografico, disturbante. Il suo fine dining con impegno e spettacolo è un pacchetto completo, prendere o lasciare. E sono in molti quelli che prendono: l'Alchemist vende i suoi biglietti (li chiamano proprio biglietti) di tre mesi in tre mesi, ha 50 ambitissimi posti, e una lista d'attesa di circa 1000 persone al giorno. L'apparato tecnico fa la sua parte, avvolgendo i commensali in un universo di immagini immersive incredibili, teletrasportandoli dall’oceano inquinato dalla plastica allo spazio siderale, all’interno del corpo umano, circondati da performance dal vivo di artisti e attori, da installazioni interattive, musica creata ad hoc.

La sala del ristorante Alchemist a CopenhagenL'avventura da Alchemist è un viaggio nel centro della terra, nella tana di un bianconiglio che non perde un telegiornale e ti spiattella a ogni passo la sua interpretazione delle crisi che intralciano il nostro quieto vivere. Un posto in cui una magia allucinata si ricompone costantemente in un corto circuito tra senso di colpa e autoindulgenza.

Spora e il lavoro per combattere l'emergenza alimentare

Stimolare i sensi – tutti i sensi - non è che uno degli obiettivi di Munk: lui vuole superare le convenzioni, sfidare le aspettative, stimolare dibattiti su temi etico e sociale, contribuire a fare conoscere nuove culture e società, sempre all'interno di un approccio sostenibile (che gli è valso la stella verde, che si aggiunge alle due stelle Michelin). Di pari passo continua a fare ricerca di cibo sano, nutriente, di facile approvvigionamento che possa dare una risposta concreta all'emergenza alimentare. Come le farfalle.

Questo è un impegno che persegue anche grazie al suo laboratorio Spora, centro di ricerca globale a un passo del ristorante sostenuto da un investimento iniziale di 10 milioni di corone danesi (1,34 milioni di euro) da parte dei pionieri della bioscienza, Claus e Bente Christiansen.  Con un investimento del genere e un team multidisciplinare, con leader dei settori della gastronomia, della scienza, del design, dell’arte, dell’ingegneria e del business, Spora è un luogo da guardare con attenzione per il futuro del cibo. Qui si lavora, tra le alte cose, per trasformare gli scarti in cibo, in una sorta di rivoluzionario upcycling alimentare che trasforma rifiuti, avanzi, sottoprodotti alimentari in cibo agibile, così in cui le bucce di cacao diventano cioccolata sostenibile, e le torte di colza sono il ripieno di tacos innovativi e molto proteici. Ogni scarto qui può diventare una risorsa preziosa e gustosa. La fermentazione fungina è una delle tecniche su cui punta per migliorare gusto, sostenibilità e sicurezza, ed è soprattutto la Neurospora intermedia a essere studiata, perché non emette micotossine e crea alimenti dal sapore gradevole, anche a partire da intrugli ammuffiti. Tutto questo senza smettere di insistere sulla spettacolarizzazione dell'evento gastronomico che si svolge a pochi metri, nel più spettacolare ristorante al mondo.

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