«È stata mia moglie a farmi notare quella pubblicità: eravamo a pranzo e all'improvviso ho avuto un blocco allo stomaco. Ma è atroce. L'avete vista anche voi? È un attacco denigratorio a tutto il lavoro di noi chef che ci impegniamo nel far crescere la cucina e la ristorazione. Così, mentre tra di noi discutiamo sul futuro della ristorazione e del fine dining litigando e alterandoci, quelli arrivano e piazzano un colpo mortale proprio al cuore della migliore realtà della ristorazione italiana nella fascia oraria più seguita dagli italiani». Parla Ciro Scamardella, chef del ristorante Pipero di Roma, due forchette del Gambero Rosso e una stella Michelin.
Per chi non l'abbia vista, la pubblicità mostra un critico gastronomico solitario e triste, annoiato e stranito da una serie di portate al tavolo di un fine dining in un ambiente molto cupo; poi, quando rientra a casa, si illumina aprendo una scatoletta di tonno che diventa una abbondantissima insalata in una bella tavolata familiare e condivisa in allegria...
Scamardella, ma se Rio Mare fa quella pubblicità, ci sarà un motivo? Non sarà perché l'alta ristorazione è in crisi nella percezione dell'opinione pubblica? Insomma, il fine dining sta morendo?
Assolutamente no. Per me il fine dining non può smettere di esistere e poi, soprattutto, ha sempre vissuto queste dinamiche e queste polemiche. Ringraziando dio, non c'è nessuna chiusura nei fine dining. Noi di Pipero Roma abbiamo aperto un ristorante estivo in Toscana, i Cerea aprono Vuitton a Milano. Siamo sicuramente di più rispetto agli anni passati. Prima ci prendevano in giro per le porzioni piccole. Ora ci indicano come attività fallimentari.
Ma fine dining e alta ristorazione sono sinonimi?
Fine dining è alta ristorazione, accoglienza, cucina e ospitalità a livello sartoriale. Credo che il fine dining sia necessario: è un elemento vitale in questo settore. Certo, ospitiamo solo una piccola parte di chi va a mangiare al ristorante, ma noi facciamo il lavoro che poi serve a tutti. Nei locali diversi da noi, diversi dai fine dining, si usano ormai comunemente tecniche ed esperienza già rodate da noi, magari già da vent'anni. Non mi sembra che i Roca o i Troisgros abbiamo difficoltà.
Eppure c'è chi chiude, anche se non a questi livelli, e in tantissimi si lamentano della crisi.
Ci si lamenta perché si lamentano tutti. Se guardi in cassa a fine anno, non c'è quello che ti aspetteresti. E per questo le aziende di ristorazione si attrezzano in tanti altri modi, fanno anche altre attività per incrementare gli utili.
Poi però ti trovi la faccia del famoso chef pluripremiato che pubblicizza col suo nume un poco decoroso club sandwich al baretto sul "vagone ristorante" del treno...
Sì, ma ci sono anche le vetrine che espongono gli slip firmati da Armani che non sono proprio espressione di quella che è la grandezza di Armani!
Non c'è crisi, quindi?
Più che crisi, c'è un momento di metamorfosi, di evoluzione. Qualcosa sta cambiando: ci sono elementi nel servizio, nel tipo di cucina e nell'impostazione del ristorante in sé che stanno cambiando. Ma non è detto che tutti debbano cambiare. Non mi sembra che i Santini abbiano cambiato qualcosa. Così Don Alfonso. O anche gli Alajmo che adesso fanno una risrorazione nuova a Venezia. In generale, sì, c'è un momento di cambiamento, di evoluzione.
I vostri colleghi, però, faticano a trovare gente che voglia lavorare in ristorante, di notte o nel weekend o per troppe ore...
Sì, ma c'è anche chi non vuole fare più il barbiere o lavorare in ufficio...
Insomma, c'è qualcosa da cambiare o va tutto bene così?
La prima cosa su cui riflettere, secondo me, è l'aspetto della formazione. Noi andiamo all'alberghiero dove i libri di testo ancora spiegano il servizio alla russa o alla francese. Io credo tantissimo nella formazione e nella condivisione. Vado sempre a fare corsi e collaboro con diverse scuole alberghiere. Faccio anche parte da anni di Lazio Innova dove si affiancano le start up e si fa formazione. Credo sia importante, fondamentale. e credo che dobbiamo essere noi professionisti in prima persona a impegnarci nel formare i giovani e avviarli verso questo lavoro.
A proposito di lavoro: su orari e retribuzioni, nessun problema?
Io non credo ci siano problemi di questo genere. Credo sia un terreno ben superato. Quanto guadagna un apprendista appena entra in uno studio di architettura o di grafica o di comunicazione? Vediamo le cifre e poi facciamo la comparazione con il mondo della ristorazione.
Ma insomma, perché dunque Rio Mare ha puntato a denigrare il fine dining, se la crisi nell'opinione pubblica non c'è?
Credo che ci sia un nervo perennemente scoperto, cioè il fatto che l'alta ristorazione sia rivolta a una piccola parte di clienti dei ristoranti. Ci sono persone che decidono di venire in un fine dining e c'è chi non lo farebbe mai. ma la scelta non è di carattere economico, bensì culturale. È la stessa cosa du quando per screditarci mettevano il piatto piccolo del fine dining accanto a quello ben più grande della ristorazione tradizionale. Il piatto grande dà più serenità.