La trattoria di Centocelle a Roma dove si mangiano solo prodotti di piccoli contadini del Lazio

13 Mag 2024, 09:51 | a cura di
Parliamo di Proloco Centocelle, da 10 anni l’unica insegna romana (insieme alla gemella di Trastevere) che a pranzo e a cena propone tutti e solamente ingredienti del Lazio

C’è un posto a Centocelle dove il solo varcare l’ingresso è un po’ come regalarsi una vacanzetta… È un po’ decidere di fare il turista intorno a Roma, concedersi una gita fuori porta e godersi i sapori di una regione che sa bene come allettare palati robusti e desiderosi di emozioni forti. Parliamo di Proloco Centocelle, da 10 anni l’unica insegna romana (insieme alla gemella di Trastevere e alla prima nata Proloco Pinciano)Proloco Pinciano) che a pranzo e a cena propone tutti e solamente ingredienti del Lazio forniti, non a caso, da Dol (acronimo per Di Origine Laziale) che è a sua volta l’unico distributore per l’horeca che seleziona e commercializza e solo ed esclusivamente ingredienti e prodotti artigianali della regione. Fosse però solo per i prodotti, non basterebbe a giustificare l’immagine della vacanza golosa. In più, adesso, c’è da segnalare il “ritorno” a casa di Vincenzo Mancino (il titolare del locale e di Dol) e l’ingresso in squadra di un nuovo cuoco, Carlo Fiorini, che viene dall’esperienza di una osteria Slow a Veroli e che ha le mani e l’esperienza giuste per trattare i materiali a disposizione. Poi, basta la vista immediata dei sette metri di bancone dove ruotano in alternanza le chicche di almeno una quarantina di aziende laziali, per lasciare che olfatto e vista restino appagati e ci spingano a concedersi questa vacanzetta, questo piccolo ma intenso viaggio nei sapori della Città Eterna e della campagna romana che la circonda e la nutre dai tempi di Romolo e Remo.

Vincenzo Mancino e il bancone di 7 metri. In apertura, insieme allo chef Carlo Fiorini

Dalla BioOsteria a Proloco

Anche se vorremmo evitare di cadere nel trappolone dell’antico adagio “excusatio non petita…”, crediamo sia giusto motivare una per una le affermazioni di cui vi inondiamo e dunque il prologo al racconto di questa esperienza ha preso un po’ di spazio. Uno spazio che è anche un po’ filosofico, oseremmo dire. Perché quella che sta alla base della vita, dell’azione, della professionalità di Vincenzo Mancino è un po’ filosofia e un po’ ideologia, condite da una bella dose di idealità. Tutte caratteristiche – unite a una certa ruvidezza e a un mood poco “polite” o politically correct – che rendono il personaggio (Mancino) poco incline alla simpatia generalizzata (o lo si ama o lo si odia… oppure – ma risulta meno facile in un mondo in cui la gran parte delle frequentazioni e delle “amicizie” avviene via social – semplicemente lo si può stimare per quello che fa riconoscendone il senso) e poco avvezzo all’uso della comunicazione online. Insomma, potremmo definirlo poco mediatico; e anche per questo in giro e nei circoletti gourmet se ne parla poco. Eppure, il suo Proloco è sempre pieno e la gente esce da lì con lineamenti rilassati e appagati.

Incuriositi sia dal ritorno di uno che a Roma era arrivato come studente dalla natia Basilicata e poi si era affermato come cuoco, una ventina e più di anni fa, nella “BioOsteria” del Casale Occupato di Centocelle (segno dei tempi!), sia dal nuovo cuoco, ci siamo fatti un giretto a Proloco.

Pajata di vitello allevato nel Reatino, cotta alla cacciatora

Nel piatto la campagna romana

L’impatto iniziale è godurioso con le “polpette garofolate” di Veroli, aromatizzate ai chiodi di garofano: fatte col castrato cotto nel pomodoro, tritato e assemblato in una pallotta che viene fritta in bianco e poi servita con il sugo di castrato iniziale. Una goduria vera che ci introduce immediatamente nella patria delle polpette e del castrato, tradizionali sapori cari ai romani, almeno a quelli che hanno una certa età. In realtà, queste polpette sono in grado di conquistare anche palati più giovani e meno avvezzi: basta che si tratti di ragazzi curiosi: il resto lo fa l’eleganza e la leggerezza della mano di Carlo Fiorini che riesce a trattare con una gentilezza estrema anche un piatto “ignorante” come la pajata alla cacciatora. Davvero da estasi. E già stiamo esplorando diversi territori intorno a una Capitale che per la regione intera è un fortissimo nodo di attrazione, di omologazione, ma anche di ispirazione: siamo sugli altopiani di Arcinazzo dove nasce il castrato. Siamo nel cuore di Veroli, centro della Ciociaria storicamente sentinella e avamposto per l’agro romano, nel cui territorio troviamo anche la cistercense abbazia di Casamari. Siamo negli allevamenti bovini del Reatino. E ci stiamo avvicinando alla Sabina, da cui proviene la carne (fantastica) di agnelli di razza Lacaune protagonista del piatto in arrivo, l’agnello brodettato, ricetta antica e molto molto rara da trovare in giro (non solo a Roma). Per inciso, difficilissimo trovare anche la carne di agnelli o pecore Lacaune, razza francese che produce un latte di altissimo pregio e dalla carne molto profumata.

Comunque la Carbonara c'è: questa è quella di Proloco Centocelle

La tradizione romanesca, oltre la Carbonara

Il resto della cena ci porta invece tra gli artigiani della Capitale: incontriamo un grande protagonista del gusto romano, Mauro Secondi con la sua pasta fresca e ripiena, con un raviolo di broccolo romanesco (altro ingrediente centrale che la tradizione romanesca declina in tanti modi diversi, tra cui la classica minestra con l’arzilla) condito con stracciatella e burro della Frisona di Segni e alici di Gaeta, pescate nel mare del litorale pontino. Ecco, sapori di una Roma lontana dai soliti cliché di carbonara e amatriciana che invece strapopolano i social.

Le animelle di agnello fritte

Una vacanza intorno al tavolo

Ecco, la vacanzetta romana può ritenersi soddisfacente, specialmente ricordando di averla annaffiata con un due buoni ancestrali (giusto per sottolineare che i “naturali” ormai spopolano a Roma): il rosato Podere 769 della cantina Santa Maria nel comune di Latina, e il bianco frizzante di Casale Nibbi di Amatrice. E anche qui siamo nella campagna piena e autentica che circonda la metropoli che è il comune agricolo più grande d’Europa sia per estensione, sia per quantità e qualità dei prodotti della terra e può essere definita la Capitale europea dell’Agricoltura”, scrive un documento dell’Università Roma Tre in occasione del trentennale della sua fondazione. Torniamo a casa soddisfatti. Non senza aver ceduto, però, alla tentazione di far due chiacchiere con Vincenzo, la nostra guida in questa saporita escursione nel Lazio.

I ravioli di broccolo romanesco con stracciatella, burro artigianale e alici di Gaeta

Ristoratori paladini del territorio

Accennavamo alla filosofia e all’ideologia di Mancino e anche alla sua idealità. «La ristorazione è a un bivio – argomenta lui – Sempre più la socialità si sposta nel fuori-casa, in una convivialità che si svolge nei locali, bar, pizzerie o ristoranti che siano. Dunque, la ristorazione avrà un ruolo e un peso sempre più importanti sia a livello sociale che a livello economico: o ci convinciamo che i ristoratori devono essere i primi alleati degli agricoltori e basare il proprio lavoro sulla qualità e sull’artigianalità delle materie prime, o tutti i luoghi che abbiamo visitato nei piatti di questa sera scompariranno: chi porterà più mucche, agnelli e pecore al pascolo? Chi terrà in ordine la collina e le terre interne? Chi terrà pulita la campagna? Se vince l’industria, il made in Italy gastronomico scompare: avremo materie prime solo dall’estero e qui l’industria le lavorerà. Ma non è più made in Italy. Non solo: i territori chi li terrà in ordine? Chi si occuperà dell’ambiente, del paesaggio? Ecco, la ristorazione deve diventare lo snodo di queste tematiche e farsi alfiere, paladino, difensore della nostra biodiversità». Come dargli torto?

ps. Piccola coda: un applauso al giovanissimo Riccardo Fontana (nella foto) che a 19 anni ha deciso di impegnarsi in sala e ci crede. Un augurio a lui di crescere sempre e di non stancarsi. Di avere la consapevolezza di essere un "animale raro" e di perseverare...  

Proloco Centocelle - Roma - via D. Panaroli, 35 - 06 2430 0765 - @prolocodolcentocelle

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