Quando gli chiedi quanti ristoranti ha, Paulo Airaudo ci deve pensare sempre un po', perché ha sempre un locale o due in apertura da qualche parte del mondo. «Mi pare 14 per ora», risponde. Tra gli ultimi nati c'è Ibai, a San Sebastian, suo quartier generale con 8 insegne, tra cui l'ammiraglia Amelia, una cucina sontuosa, con grandissimi prodotti, il meglio del meglio da tutto il mondo. Con Ibai invece l'argentino si dedica alla cucina del territorio che l'ha adottato, così identitaria, inconfondibile e basata sulla materia prima locale: txipirones, foie gras a la plancha, txuleta e tutto il corredo dei piatti tipici, rivisti con l'occhio di Airaudo, che non teme di mettere mano alla tradizione, come ha mostrato sul palco del congresso Gastronomika, a San Sebastian.
Ha rilevato un ristorante storico, cosa è cambiato dalla vecchia versione?
Ibai era un'attività di famiglia, dove lavoravano due fratelli e la moglie di uno di loro. Quando una locale diventa un business con dei dipendenti, cambia tutto.
Stiamo parlando di costi?
Anche. La cucina tradizionale basca è basata sul prodotto, e non ne basta poco. Se prendo i carabineros, che costano 108 euro al chilo, che poi sono 4 gamberoni, ci aggiungo tutte le spese, li devo vendere a 80 euro ognuno. È matematica, non si sbaglia.
Il conto finale sarà molto alto
La gente vuole mangiare il meglio del meglio, stare bene, ma senza pagarlo. Non giudico il business degli altri o per cosa spende la gente, se non te lo puoi permettere non venire. Non posso finanziare la felicità di altri.
Sab Sebastian è una città adatta per questo tipo di business?
Siamo una città turistica, pieno di americani, è una little America
Però quello dei costi è un tema non secondario
Il discorso di costi ci provo sempre a spiegarlo, ma il problema è che le persone hanno paura che se alzano i prezzi la gente non andrà più. Invece, se si lavora bene, il commento sarà: è caro ma è buono. Da me rimangono addirittura sorpresi che si mangi bene, come se dovessi cucinare male.
Perché questa paura?
Perché forse non sono persone di business. E se gli altri pensano che sei troppo costoso, che ti importa? Se ti preoccupi di questo e non alzi i prezzi, ma poi i conti non tornano meglio chiudere subito, che ti stai rovinando, è così che si fallisce.
Quindi il segreto è alzare i prezzi?
Fai meno coperti, falli pagare di più e sacrificati di più. Se vuoi arrivare lontano devi sacrificarti, lavorare più degli altri. I creatori dei grandi marchi non hanno avuto fortuna, se la sono conquistata. Lo stesso che succede con il personale, non devi avere paura che se spingi molto andrà via, gli stai pagando uno stipendio, se non rende, mandalo via. Se uno non vuole certi ritmi deve lavorare in un altro posto. C'è troppa paura intorno a questo mestiere.
La mette facile, ma ovunque si parla della fine del fine dining
Non è così, il fine dining è il lusso, e il lusso esiste ancora, ci sono tanti a cui il fine dining piace e ci vogliono andare. A San Sebastian faccio soldi con Amelia, soffro di più con quelli casual che con fine dining, che per me è più gestibile.
Davvero è più gestibile un ristorante fine dining?
Sì, perché lavori con persone appassionate, questa è la loro vita, come lo è per me. Lavorano sodo quando quando devono e noi proviamo a compensare, paghiamo bene e diamo 2 mesi di ferie. Troviamo un compromesso che vada bene a tutti. L'importante è non perdere soldi, questo non puoi farlo in nessun tipo di attività.
E i tanti che chiudono?
Chiudono i ristoranti che non sono all'altezza, quelli che hanno qualcuno che fa meglio di loro. Bisogna saper fare mea culpa.
Ma la crisi...
C'è una crisi nella classe media, tra chi viveva al di sopra delle proprie possibilità, e ora non può più farlo per cui sono scesi i consumi di certe cose, e qualcuno deve ripensare il proprio business.
In che direzione?
Per me meglio puntare più in alto. Non fare 30 coperti ma solo 10 a prezzo più alto con metà della squadra. Ma devi avere il la capacità di farlo. Il vorrei ma non posso non è ammissibile.
Però si deve anche avere il coraggio per rilanciare
Il coraggio è una delle qualità indispensabili a un imprenditore.
Da Amelia il degustazione è a 332 euro, Una cifra importante anche per un ristorante due stelle come il suo.
Il prezzo non lo fa la stella ma i 15 grammi di tartufo bianco che metto sul piatto, il caviale e tutto il resto, più affitto, prestiti per sopravvivere al Covid, personale. Siamo un business basato su poche ore di guadagno: sono 5 servizi a settimana, solo 15 le ore in cui si guadagna, ma pago i dipendenti molte ore a settimana, perché è l'unico modo per arrivare al livello cui vogliamo arrivare. Tutte queste cos finiscono nel conto. E poi ci deve essere anche il mio guadagno: se non ci sono margini non è business.
Detta così sembra facile
Se fai pagare quello che è giusto far pagare non hai problemi. Sono cose che si imparano, anche con gli sbagli. È l'esperienza che viene con gli anni e gli errori, non impari mica da quello che fai bene.
L'esperienza conta anche in cucina?
Ci sono giovani che sono bravissimi tecnicamente, ma la complessità nel costruire i piatti si acquisisce con l'esperienza. Penso al palato che avevo 15 anni fa e non ha niente a che vedere quello che ho oggi. Quello te lo dà l'esperienza.
Attenzione che da lì alla retorica della cucina delle nonne è un attimo!
Ma basta con questa cucina delle nonne. Per ognuno di noi era il meglio del meglio perché c'è di mezzo la memoria. Insomma: si mangiava bene solo nei ricordi, spesso nella realtà si mangiava male. Ma anche se fosse, perché non possiamo mangiare benissimo migliorando quella cucina?
In molti la pensano diversamente
Nessuno lo ammette perché c'è questo storytelling che prevale. Perché prima non pensiamo a cucinare bene e poi parliamo?