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Il 2015 era un anno più semplice. Aprire un locale richiedeva già allora una certa dose di coraggio, ma con la formula giusta si poteva sperare tranquillamente di conquistare il proprio pubblico, specie nelle grandi città. Nel 2015 però Pabel Ruggiero e Filippo Lo Forte non hanno aperto il loro locale a Milano, ma a Seregno: piena Brianza, distanti dal clamore del capoluogo immerso nel bagno di turismo dell’Expo. In che tipo di attività si lanciano i due amici, dopo anni nel mondo dei locali notturni? Puntano sulla carne. Le hamburgerie gourmet non hanno ancora saturato il mercato italiano, rimane spazio per ritagliarsi il proprio posto tra bun e condimenti. Nasce così il primo locale targato Pane & Trita.
Pabel Ruggiero e Filippo Lo Forte
Pabel e Filippo hanno un background che non li lega direttamente alla ristorazione, tutt’altro. Prima di Pane & Trita hanno vissuto la notte in ogni sua sfumatura, assimilando le dinamiche dell’intrattenimento, dell’evasione. Dalla pista da ballo hanno trasposto il concetto di divertimento nel menu del loro locale: le materie prime ottime, certo, ma ciò che davvero doveva contraddistinguere Pane & Trita dal resto delle hamburgerie era il feeling, la voglia di soddisfare il palato senza trascurare la componente ludica del pasto. Molta ironia, a partire dai nomi dei panini in carta; non si scherza invece sulla qualità, con referenze che spaziano dai piccoli produttori italiani per i salumi e i formaggi fino alle carni argentine e dell’Arkansas. Pabel tira fuori dal suo cilindro tutta la passione per la cucina - trasmessa come spesso accade da una leggendaria nonna - e la trasforma in creazioni irriverenti, che comunque appagano l’appetito.
Pane & Trita: da Seregno a Milano
Il mix si rivela azzeccato: Pane & Trita a Seregno compie un anno; nel 2017 si apre a Muggiò, l’anno dopo a Cantù, nel 2019 ben due sedi vedono la luce, rispettivamente a Villasanta e Costamasnaga. Le principali province lombarde sono conquistate, ma manca la più capricciosa e competitiva: Milano. E poi è il 2020. La Lombardia chiude, seguita dall’Italia intera. Prosperano le piattaforme di delivery, mentre i ristoratori devono fare i conti con una nuova realtà: l’assenza di clienti in presenza, l’organizzazione in breve tempo di un servizio di consegna, le spese che non diminuiscono a fronte del cambio di paradigma. Nel 2015 aprire un locale richiedeva coraggio; per pensarlo, costruirlo, realizzarlo durante la pandemia del 2020/2021 è necessaria anche una certa dose di incoscienza e una smisurata fiducia nel futuro: è questo che ha permesso a Pabel e Filippo di tagliare il nastro in via Muratori a Milano, zona Porta Romana, nel 2021. Se questa storia di successo vi ricorda altri franchising molto ben avviati, non vi state sbagliando: Pane & Trita potrebbe essere il Pescaria della carne, a voler ben guardare.
La squadra di Pane & Trita
La squadra di Pane & Trita intanto si è allargata: insieme ai due amici che iniziarono a Seregno nel 2015 adesso ci sono anche Stefano Mandaradoni e Danilo Giaffreda. Ad affiancare Pabel nel processo di pianificazione dei menu e nella formazione del personale di tutti i locali c’è il brianzolo Alessandro Rosin, executive chef. In programma ci sono due nuove aperture, anche al di fuori dei confini lombardi: la folle scommessa su Milano ha già pagato.
Pane & Trita: il format, le ricette, Instagram
Ogni locale ha la sua identità, un mix di pop culture, arredi retrò, ceramiche tradizionali siciliane e neon. La sede di Porta Romana è composta da diverse aree, quasi delle sale, che chiedono a gran voce di essere fotografate e postate sui social. Potrebbe sembrare questo l’intento principale di alcune proposte del menu, che addirittura riportano l’icona di Instagram accanto al proprio nome. Al di là del clamore mediatico - come quello che scatenò l’aver incluso un panino dal nome Terùn in carta - i piatti di Pane & Trita sono semplicemente molto buoni, “nonostante” siano fotogenici.
È il caso, ad esempio, del Cono del Macellaio. Quando arriva al tavolo riporta immediatamente all’infanzia, con quella parigina di wafer leggero sormontata da una pallina colorata e riccamente guarnita. Al posto del gelato però c’è una tartare di Black Angus, cosparsa di sfere di riso croccante, alghe wakame, cremoso al wasabi, salsa teriyaki e fiori eduli. L’interno del cono è farcito con un’altra dose generosa di cremoso al formaggio.
La tartare di manzo ritorna anche in un’altra fotografatissima specialità del menu: L’Uniporco che, a dispetto del nome, non è a base di carne di maiale, ma con i suoi colori si incastra perfettamente nel filone del rainbow / unicorn food: pane rosa glitterato, cremoso rosa alla barbabietola, bacon croccante, stracciatella, maionese azzurra alla spirulina, pico de gallo e chips di tortillas. Un po’ too much? Eppure, date un morso.
La pièce de résistance è il Sushi dell’Amicizia, servito come i sandwich dell’afternoon tea su eleganti alzatine: a dispetto del nome, non c’è neanche un chicco di riso, ma abbonda la morbida tartare di manzo declinata in tre diversi roll ad alto tasso di soddisfazione.
In menu comunque si trova qualcosa per ogni appetito, dagli hamburger alle costate, dal Pollo Samba (una tagliata di pollo che è tutto fuorché banale, con frutta, riso venere e salse aromatiche) ai fritti. C’è anche la pizza, con qualche proposta vegetariana. Il food porn, per chi lo cerca, è servito anche con il dessert: un tiramisù che più carico non si può.
a cura di Chiara Patrizia De Francisci