Basta "mangifici" anonimi e ingredienti omologati. Cari osti e ristoratori ripartite dai mercati

19 Gen 2025, 09:48 | a cura di
Città invase di ristoranti di bassa qualità e overtourism ci stanno soffocando: i ristoratori devono ripartire dai mercati e parlare di tipicità, tradizioni, stagionalità e sostenibilità

In viaggio a Ortigia, la splendida isola di Siracusa, ho potuto immergermi nel suo mercato, lussureggiante di pesce e soprattutto di frutta e verdura. È una mia passione, girare le città a piedi e visitarne i mercati, per capire cosa i locali mangiano, e in definitiva come vivono.

I mercati, presidio di tipicità e sostenibilità

I mercati, quelli veri, non ancora trasformati in infilate di banchetti di street food, sono un presidio insostituibile di tipicità, stagionalità e sostenibilità. Soprattutto in provincia, vi si trovano frutti e ortaggi quasi sempre prodotti nelle vicinanze, spesso varietà tipiche che si possono conoscere solo sul posto. I mercati sono un presidio di biodiversità e quello di Ortigia non ha fatto eccezione, con i suoi trionfi di verdure di stagione, agrumi e pesce, regali di una terra e di un mare particolarmente fortunati. Peccato però che nelle osterie e nei ristoranti locali di quelle meraviglie si faccia un utilizzo quantomai contenuto.

Ristoranti e osterie snobbano i mercati

La ristorazione, non solo quella gastronomica, anche quella più tipica delle osterie, ha abbandonato ormai da tempo il costume virtuoso di proporre verdura e frutta fresche e di stagione all’interno del menu, relegandone l’utilizzo all’ambito domestico, dei (sempre meno) fortunati che hanno il tempo, lo spazio e le competenze per fare la spesa al mercato e cucinarsi i prodotti a casa.

Ristoratori: riprendete a fare cultura alimentare

Forse tempo fa, quando mangiare a casa era la norma e il ristorante era il luogo del pranzo della domenica, poteva avere senso lasciare a casa broccoli e mele, che erano comunque presenti nelle carte delle trattorie dove i lavoratori pranzavano. Oggi sarebbe invece assai opportuno tornare a fare cultura alimentare al ristorante riproponendo la verdura e la frutta di stagione con il minimo delle lavorazioni, poiché sono parti integranti del sistema agroalimentare, come un formaggio e un olio dop. È una vecchia battaglia del Gambero, a partire dal ritorno della frutta sulle tavole dei ristoranti, ma da estendere certamente agli ortaggi, di quelle che giustamente devono essere periodicamente riproposte e rivendicate. Peraltro, i pochi che praticano questa attenzione (il mio favorito è Piatto Romano a Roma, un’enciclopedia di verdure selvatiche fresche nel menù, costantemente rinnovate) si ritrovano con carte assolutamente più profonde e interessanti di chi lesina sui vegetali, facendo semplicemente uno sforzo d’attenzione più che economico.

L'impatto della ristorazione sull'economia

Fa parte anche di una lettura non pedante, ma più attenta e responsabile, della ristorazione come grande industria culturale nazionale, che in quanto tale non deve essere letta solo dal punto di vista estetico, ma anche del suo impatto, negativo, positivo o neutro, sulla nostra economia, sulla nostra società e e sulla nostra identità.

Overtourism, mangifici e ingredienti da ri-scoprire

Se le "mangerie", i "mangifici", invadono le strade dell’overtourism e schiacciano la nostra identità gastronomica su pochi stereotipi, senza che intervenga la cultura famigliare a trasmettere sapere a tavole, è giusto rivendicare più spazio a una cucina sana non per le etichette che adopera, ma per gli ingredienti che acquista, utilizza, fa scoprire.
È una piccola rivoluzione verde, e di mille altri colori, che ci piace.

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