Ad Ortona la buona cucina di un ristorantino contamina l’Abruzzo con l’Argentina

1 Set 2024, 14:22 | a cura di
Tra i vicoli della cittadina costiera nella provincia di Chieti, dove nasce la Costa dei Trabocchi, Gaia e Mirco hanno scommesso tutto su una cucina che contamina la tradizione abruzzese

Siamo in provincia di Chieti, qui prende il via la "ciclopedonale" che per 42 chilometri percorre tutta la Costa dei Trabocchi fino a Vasto, costeggiando il tratto di mare più bello dell’Adriatico abruzzese. Se volete mangiare su un trabocco, ne parliamo qui, ma se vi trovaste a passeggiare per la cittadina di Ortona c’è un angolino che non dovete perdere di vista. Si chiama Tapanì, ed è un ristorantino che abita l’angolo al piano strada tra via Giudea e via Guglielmo Marconi, cui si accede dal civico 7. Qui Gaia e Mirco, che sono una coppia anche nella vita, hanno deciso di dare espressione alle loro professioni avventurandosi da ormai due anni nel fondere, o meglio avvicinare, la cucina abruzzese che appartiene a entrambi con la cultura gastronomica argentina, che invece arriva dalle origini materne di lei. «Mia madre è di Buenos Aires – dice a tutti Gaia in sala appena arrivano nuovi ospiti – per questo abbiamo deciso di fare qualcosa di più delle Pallotte cacio e ova, portando un po’ di Argentina nei piatti».

In effetti le due tradizioni culinarie fortemente agricole e pastorali trovano il punto di incontro in una tavola frugale, ma di grande sapore. Ed è proprio il sapore a essere protagonista da Tapanì, con il valore aggiunto di essere servito nei piatti con una costruzione elegante, in un ambiente informale ma ricercato. La sala è un ampio spazio unico circondato da vetrate affacciate sul crocevia dei vicoli, l’arredo premia il legno come materia calda in un ambiente che gioca sulle varianti del verde e del rosso. Luminoso, semplice, con la cucina a vista separata da un banco di servizio. Così, mentre Gaia in sala disegna un’accoglienza sorridente, Mirco in cucina smista l’orto del papà e ai fornelli fa tutto da solo.

Il menu è divertente, a Ortona poi non si era mai vista una cucina così fuori dagli schemi e fa gola anche solo leggerla. La scelta per l'antipasto cade su un Carpaccio di manzo (13€), maturato 18 giorni e servito con una dadolata di pomodori e peperoni verdi, insieme a una maionese di senape e miele. Bello da vedere, centrato nel sapore e davvero divertente nei rimbalzi di gusto. Impossibile non assaggiare anche le Empanadas (8€), che con un ripieno di tre carni diverse e verdure dell’orto appagano senza deludere. Da condividere abbiamo anche preso un abbondante Quesadillas Tapanì (15€), ovvero un grande wrap di frumento ripieno di cif e ciaf (ricetta povera abruzzese a base di carne di maiale) e ricoperto di queso prima di andare in cottura al forno. Loro lo descrivono come un cannellone gigante e di fatto lo è, besciamella leggerissima e salsa ai peperoni ben dosata.

Il carpaccio di manzo

A seguire abbiamo assaggiato un Roastbeef con verdure (18€), buono, ma a sorprendere fino all’ultimo morso è arrivato un Capocollo kimchi (18€). La carne, cotta benissimo, presenta nel taglio un’equilibrata parte grassa e viene servita, nel suo fondo delicato, con una verza fermentata, acida e croccante al punto giusto. Peccato per l’aggiunta di cipolle caramellate, anche se qui la cipolla è una costante nei piatti: ma sul quel kimchi così equilibrato è sembrata un po' troppo. La chiusura completa di una cena prevedrebbe un buon dessert, ma lo abbiamo saltato evitando di scegliere tra un Dulce di leche e un Bocconotto.

Quesadillas

In carta troverete anche tre opzioni di degustazione, tra cui quella a base di Tapas (30€) e un percorso di 5 piatti al buio (45€) che può essere anche di mare. La mano in cucina è decisa e ci sono sostanza e sapori riconoscibili in ogni piatto, affiancati da una ricercata selezione di materie prime locali e da una buona sensibilità sia nell’estetica che nella tecnica. Con una cantina contenuta che vede buone etichette di territorio e qualche chicca che arriva dalle zone di San Juan e Lujan de Cuyo, da Tapanì mangi con gusto, vieni servito col sorriso ed esci appagato.

Ortona, che nel 1943 ha chiuso la "sua" Guerra con coraggio e fierezza conquistandosi il nomignolo di “Stalingrado d’Italia”, oggi - nonostante la sua importanza strategica e la sua bellezza storica e naturalistica - vive una quotidianità piatta, senza eventi e senza una strategia per il turismo: è infatti commissariata. Il vuoto della politica locale, in una regione come l’Abruzzo, qui contrasta decisamente la forza di una popolazione orgogliosa e dalle coraggiose visioni di imprenditori come Gaia e Mirco.

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