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THE BEST IN ROME & LAZIO
Davide Puleio e Pulejo
Il vero lusso? “È il confort”. Lo dice senza incertezze, Davide Puleio, e ribadisce: “l'alta ristorazione non la fa la tovaglia ma l'accoglienza, il servizio, l'essere a disposizione dei clienti”. E allora ecco che nel progettare il suo nuovo locale capitolino ormai prossimo all'apertura, per prima cosa pensa a un separé per lasciare fuori il caos cittadino, e uno spazio dove defaticare e rilassarsi all'arrivo o sostare prima di andare via, per l'ultimo bicchiere. Un salottino riservato all'ingresso del suo Pulejo, che già nell'insegna rivela i tratti di un'impresa che ha i connotati di un family affair, è un posto di casa, dove coinvolge i suoi affetti “e portare avanti, così, il nome di famiglia”. C'è un significato profondo che si traduce per i meno intimi nella voglia di dare vita a un luogo accogliente come un salotto di casa. E i tessuti scelti con cura, le poltroncine (Berto salotti), i divani, le applique che punteggiano le pareti (Marchetti illuminazione) e quelle vasche a creare piccoli balconi fioriti - “la cosa che mi piace di più!” - concorrono a creare proprio un'atmosfera affettuosa che cambia con trascorrere delle ore e il variare della luce.
Non le spara grosse, ma punta all'essenziale: “cosa voglio? Fare un posto accogliente dove si mangia bene e si cerca di ospitare il cliente nel modo giusto. Anche perché” aggiunge “se lavori bene e il cliente è soddisfatto, poi ritorna, così il ristorante comincia a funzionare; le cose arrivano piano piano”. Punta tanto sulla sala, allora, lui che nasce cuoco, e porta in squadra uno come Simone Cavaterra che vanta, tra l'altro, 6 anni all'Hassler e un passaggio al Fat Duck, mentre Mattia Zazzaro è stato in un altro tempio della ristorazione come Pinchiorri. E poi c'è la cucina: 5 persone incluso Davide e il sous chef David Guadalberto (Sketch a Londra, Bistrot 64 a Roma ai tempi di Kodaro Noda, Vun a Milano) con cui il sodalizio si è stretto già nel capoluogo meneghino, dove Puleio ha fatto una tappa ricca di riconoscimenti e soddisfazioni all'Alchimia di Alberto Tasinato (prima ci sono stati Il Convivio di Roma con Angelo Troiani, Texture di Londra e Noma di Copenaghen e di nuovo Roma, da Pipero con Luciano Monosilio). Un totale di 8 persone per gestire 11 tavoli e 30 coperti.
Cosa si mangia da Pulejo
Il menu in gran parte è pronto, ora bisogna solo accendere i fuochi e preparare la linea, alternando nuove proposte e piatti storici presentati con qualche piccolo twist capitolino. Ecco allora che il peperone che cambia struttura: non è più presentato come uno straccetto ma come una tartare – “un macinato”, precisa – con tanto di tuorlo d'uovo, capperi, origano e una spolverata di parmigiano a completare, un piatto che potrebbe essere preparato in sala, in una prova d'abilità old school che dà lustro al servizio. Il risotto con zafferano e coda alla vaccinara, anche questo un piatto che lo accompagna dai tempi dell'Alchimia, cambia nome e si chiama MiRò - “come il treno che unisce Milano e Roma” spiega – e poi ancora c'è l'animella con ostrica affumicata, il merluzzo con salsa alla mugnaia che tante soddisfazioni gli ha già dato, con insalatina di patate e tartufo nero, i ravioli al pomodoro con crema di latte al midollo e misticanza con olio alla senape, che riprende il concetto dei tortellini con la panna, “sono rossi, ripieni di pomodoro assoluto, mantecati con crema di latte di alpeggio profumata al midollo arrosto”, un piatto che segna un crescendo di sapori: parte con l'erbaceo, il vegetale, e arriva alle note più animali passando per il dolce e grasso della panna. “Poi vorrei mettere un'altra pasta ripiena”: l'anolino farcito di stracotto di agnello con mentuccia romana e pecorino romano, è “un piatto di tradizione, con l'agnello cotto alla vecchia maniera, gustoso, buono” a coronare quella cucina che lui vuole diretta, di pochi fronzoli. Tra cavalli di battaglia e novità anche i dolci: alla Colazione del pastore, con pane ricotta e miele, che probabilmente cambierà forme e consistenze, si unisce il tiramisù da completare in sala, o il cremoso di gianduia e foie gras con pompelmo e ibisco.
Il menu di Pulejo
Si parte con una piccola carta, 4 proposte a ogni corsa, e due degustazione, da 5 portate, con piatti più diretti e veloci, da 7, dove si gioca di più. I prezzi? Intorno a 60 e 80 euro, “però se riesco a diminuire anche 5 euro, male non fa: non sono ancora nessuno” dice, pienamente consapevole anche del momento delicato che stiamo vivendo, con due anni di pandemia sulle spalle e un presente funestato da una guerra che (tra l'altro) getta ombre sulla nostra economia, a partire dai costi delle materie prime, che subiscono repentine impennate conseguenti all'incertezza di questi giorni. Come ben sa ogni imprenditore, soprattutto chi si appresta ad aprire una nuova attività. “Non è facile” ammette “neanche i fornitori riescono a essere costanti perché anche per loro i prezzi cambiano di giorno in giorno”. Insomma i prodotti aumentano, “però i prezzi dei piatti non si possono alzare di conseguenza: preferisco andare in pari nei primi tempi, perché come prima cosa è importante che il ristorante funzioni, poi speriamo che questo periodo così difficile passi presto”.
Cosa si beve da Pulejo
Così, con cautela, compone anche la cantina che trova spazio al piano interrato, incorniciata da una struttura di ferro anticato e da un corridoio di ghiaia. Iniziamo con una carta piccola, “ma fatta bene”: una settantina di etichette, un po' di Francia, qualche naturale, nessuna follia ma vini buoni, una piccola mescita e una proposta di pairing (3 per il menu da 5 portate, 5 per quello da 7), nei tempi dovuti ci sarà anche qualche cocktail: “i classici” dice, con il desiderio di un Martini comme il faut, da preparare al tavolo a confermare il ruolo da protagonista della sala dove tra il legno dei tavoli, lasciati nudi, e il travertino dei dettagli, si gioca la sfida di un servizio che sappia sia davvero creato su misura degli ospiti. Perfetto coronamento di quella cucina borghese contemporanea che non vuole disorientare, ma appagare.
Il quartiere Prati
Aperto a pranzo e cena, senza grandi variazioni, al massimo una proposta business visto che si trova in una zona con molti uffici, “ma la mano è quella” spiega “puntiamo molto sul pranzo: è il nostro biglietto da visita” con l'idea di prendere le misure man mano. “Penso che le prime due settimane staremo qui praticamente tutti i giorni” dice ancora Davide, e poi spiega “dobbiamo vedere come è il mercato ed eventualmente aggiustare il tiro”. Quando apri un locale nuovo è così: fai tante previsioni che poi devi mettere alla prova con una quotidianità che talvolta ha dinamiche inaspettate. Il giorno di chiusura per esempio: “non vorrei stare aperto la domenica” dice “ma poi bisogna vedere se invece non ha più senso fare riposo un altro giorno”, anche perché bisogna fare i conti con i flussi della clientela, soprattutto in una zona vicino al centro ma non nella ztl, dove c'è un buon passaggio e in cui convivono impiegati, liberi professionisti, residenti vecchi e nuovi, con una vita di quartiere ancora animata. Lo testimoniano i molti vicini che si affacciano a chiedere informazioni su quel ristorante che hanno visto nascere sotto i loro occhi negli ultimi mesi. Siamo a Roma, quartiere Prati, in quella via dei Gracchi che ospita, poche porte più in là, Roy Caceres con il suo corner sudamericano Carmal, a tracciare delle coordinate di buon bere e buon mangiare cittadino cui, nei prossimi giorni, gli appassionati possono fissare una nuova bandierina.
Pulejo - Roma – via dei Gracchi, 31-33 - +39 068 595 6532 - https://pulejo.it
a cura di Antonella De Santis