Poco si sa ancora di NOMOS, nuovo 5 stelle di prossima apertura a Roma, che occupa un'area – quella a ridosso di Campo de' Fiori – a oggi ancora sguarnita da alberghi di questo livello. Apertura prevista: 15 aprile, giorno più, giorno meno. Tutto dipende da come procedono i lavori in corso d'opera nell'edificio, un palazzo del '700 rinato grazie a un restauro d'autore, attaccato alla chiesa di San Paolo alla Regola (e l'insegna fa proprio riferimento alla sua denominazione) e dietro al Palazzo di Giustizia. Se ne conosce il nome, se ne conoscono gli attori in campo e il concept di base, che vede Roma come epicentro da cui si sviluppano connessioni tra la città e il resto del mondo. Lo spiega Andrea La Caita, socio e strategy & marketing manager dell'hotel di proprietà della famiglia Piperno, colto in un momento di grande fermento, impegnato in varie nuove aperture (anche a Tivoli e Milano).
NOMOS è tra queste, quella in cui il genius loci romano scopre nuove interpretazioni senza vincoli e barriere, a partire da i materiali, come gli antichi mosaici recuperati o il tipico travertino locale, che nell'estetica di HENRYTIMI artista-artigiano marchigiano che firma l'interior design, trasforma la pietra simbolo della Roma imperiale in forme essenziali, profonde, che richiamano le rovine antiche. «Un progetto che attraversa la cultura italiana, dal sorgere della storia latina a una nuova arte contemporanea dell’esperienza dell’accoglienza» spiega il creativi che punta sul legame strettissimo con la storia e la natura colta nella sua espressione più originaria. Quella di NOMOS è un'estetica molto evocativa, modernissima e arcaica insieme, che alimenta un dialogo tra passato e presente, tra un qui e un altrove reale o solo immaginato «come fossimo in un futuro alternativo in cui l'impero romano non sia mai finito» commenta La Caita.
L'hotel NOMOS
Cinque piani, una trentina di stanze, in cui il travertino è sempre il materiale dominante, con elementi funzionali di pietra grezza che si inseriscono in ambienti monumentali ma puri, «NOMOS si distinguerà moltissimo pur essendo un elaborato semplice, essenziale e silente» commenta Timi; completano il progetto una piccola Spa e un cortile che accoglie il BAR ANTE, all day dining che sviluppa diverse proposte nel corso della giornata, insistendo sul doppio binario locale-internazionale, tra ingredienti tipici romani come carciofi, puntarelle o guanciale, assaggi di specialità alta gastronomia di varia provenienza (come ricotta di pecora, mozzarella di bufala, pata negra, foie gras), insieme a proposte che a pranzo sono più tradizionali mentre la sera declinano in tapas piatti più elaborati, pensati per l'aperitivo o l'after dinner, ma anche per una cena più informale rispetto alla proposta del vicino ristorante aperto solo a cena, con una proposta che si declina in due menu degustazione (da 5 e 8 portate) e una gran carte.
Il ristorante di NOMOS
Tre sale, di cui una privata, 9 tavoli, per un totale di circa 25 posti (che potrebbero anche aumentare un po'), e una proposta che parte nuovamente dall'anima romana per spingersi più in là. Nella cantina – che ospita etichette di tutto il mondo enologico, anche i luoghi meno battuti come Giappone o Marocco – ma soprattutto in cucina. È qui che ritroviamo Giulio Zoli, ex allievo del Gambero Rosso, che dopo esperienze in giro per il mondo è tornato alla base per dare seguito e concretezza al concetto di romanità aumentata che definisce tutto il progetto.
Romano, classe 1990, Zoli ha trascorso gli ultimi 15 anni alla corte dei grandi nomi della ristorazione internazionale. Nel 2013 era a São Paulo, nel D.O.M. di Alex Atala, approdo brasiliano dopo varie tappe europee: alla Rosetta di Massimo Riccioli e con Riccardo Di Giacinto nel suo All’Oro, poi al Lágrimas Negras con consulenza di Martin Berasategui, infine a Londra, all’Hedone di Mikael Jönsson. São Paulo era solo una tappa, già allora ci raccontava che sentiva l'esigenza di completare la sua formazione: «Ho bisogno di vedere la Francia, senza la quale non riuscirei a sentirmi uno chef completo; credo che qualunque cuoco debba conoscere la cucina francese di alto livello». E allora eccolo a Montreuil Sur Mer, al due stelle La Grenouillere come Chef de Partie entremetier e garde manger di Alexandre Gauthier, poi di nuovo via, stavolta in Giappone, al tre stelle Ryugin a Tokyo e poi sempre al Ryugin stavolta a Hong Kong, per uno stage. Nel 2015 è a Parigi al Passage 53 come Junior Sous Chef, dopo un paio di anni approda al Pavillon Ledoyen di Yannick Alleno ai tempi di Martino Ruggeri. La passione per le salse (per lui un punto cardine che lega il piatto e lo de-finisce) arriva un poco da lì, mentre l'idea di certe acidità affonda le radici nel Brasile di Atala, con il tucupì che non ci stupiremmo se declinasse in versione nostrana. Gi ultimi 6 anni li ha trascorsi alla corte di Anthony Genovese, gran maestro di cucina (da lui si è formata un'intera generazione di grandi cuochi), «mi ha dato delle opportunità, ma soprattutto mi ha cresciuto, dato coraggio e fatto credere in me stesso. È lui che mi ha fatto capire che potevo diventare chef».
Da sous chef a chef, lo svezzamento firmato Genovese si accompagna alle lezioni sulle cotture delle carni, punta di diamante dello chef del Pagliaccio. Da NOMOS Zoli le farà sue, come per le cotture a fuoco vivo - «fatte come si fanno a Parigi» - per le tecniche di derivazione spagnola o per il lavoro con i vegetali e il credo della stagionalità, eredità dell'esperienza con Gauthier - «andavamo nell'orto ogni giorno» racconta – il tutto per definire un'impronta italiana moderna che parli di lui. La cucina romana con le sue materie prime allora diventa la base su cui lavorare, un paniere da elaborare per trasformarlo in qualcosa di fortemente identitario, che racconti le sue esperienze ma senza pedanterie, narrazioni didascaliche o autoreferenziali. Il centro è il sapore, la riconoscibilità delle materie prime, il bilanciamento dei sapori, con il rimando a una romanità ancora una volta libera e spesso solo evocata, punto di partenza più che di approdo in maniera simile a quanto avviene nel resto del progetto. Zoli ha i piedi per terra, cultura e passione - «cucinare mi piace, mi diverte moltissimo, e penso che qui ci divertiremo tantissimo» - voglia di fare più che di strafare. E il desiderio di definire una cucina d'autore quietamente coraggiosa.
Nomos Hotel - Roma - Via San Paolo Alla Regola, 3 - https://nomoshotel.com
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