“Un menu speciale e inedito, per ripercorrere - insieme e con grande riconoscenza verso i nostri ospiti che hanno reso tutto questo possibile - i primi vent’anni di attività del Reale”. Lo spiega così Niko Romito il suo modo speciale di ripartenza e riapertura in un momento che è insieme ponte e anniversario, trampolino e filo sospeso. Davvero un po’ di tutto."Il menu “storico” del ritorno e della festa con cui il 2 luglio Casadonna riapre i battenti e che resterà in pista fino alla fine del mese è, spiega, “un percorso nel tempo, ma anche nella mente, in fondo, attraverso alcuni piatti che hanno, ognuno a proprio modo, segnato la mia e la nostra strada, permettendo di creare l’identità e il linguaggio che chi ci frequenta conosce oggi. Un menu che diventa sintesi emozionale, dove ogni passo rappresenta un momento saliente, un cambiamento, un tassello che è stato importante per diventare, e ancor più, per rimanere noi stessi. Un percorso ventennale in cui immaginazione e ricerca, intuizioni, studio, errori, sogni e sorrisi, memoria e sentimento si sono sempre rincorsi e accompagnati”.
Eccolo allora, portata per portata, con le storie, le genesi e i pensieri (raccontati dal suo autore) che ne sono ingredienti fondamentali quanto le materie che li compongono.
Il menu dei 20 anni del Reale di Niko Romito
Benvenuto al Reale
2004
Profumo di “casa”
Servivamo l’antipasto della casa in un unico piatto, perché così si faceva, ai tempi e dalle nostre parti. Sapori odori e ingredienti erano (e sono rimasti) un mazzetto di profumi d’Abruzzo. Dunque un doppio benvenuto a casa. Casa Romito, e la casa “madre” in cui ci siamo sempre riconosciuti e di cui siamo fieri: la nostra terra.
Brodo di capra dragoncello e lamponi
2006-2019
Tra coraggio e esperienza
Ci voleva coraggio per intraprendere strade davvero nuove in un posto come quello dove abbiamo iniziato (e anche il posto dove siamo ora, per la verità). E ancor più coraggio a farlo proponendo un concetto ancestrale e rurale insieme come il brodo di capra; ma innovandolo (come si direbbe ora) coi lamponi e il dragoncello. Poi, strada facendo, subentra l’esperienza. Ed ecco che con gli stessi identici ingredienti, e un pensiero diverso maturato nel frattempo, ricostruito un anno fa, il piatto resta se stesso, ma racconta una bella fetta di vita: la mia, in mezzo.
Calamaro arrosto pompelmo rosa e olive nere
2018
Testa e testure
Un piatto recente. Dunque figlio di una fase di ricerca sulle tecniche che in fondo è quella in cui stiamo ancora camminando. Qui la ricerca è duplice, ma soprattutto dentro c’è un pellegrinaggio. L’Abruzzo è montagna alta e tosta vicina, vicinissima al mare. E così, mentre indagavamo sulla struttura del calamaro, le sue densità e le sue tensioni, siamo partiti dal mare e siamo ritornati alla montagna - dove lavoro e vivo - tra profumi di brace, amaro di olive e aroma di finocchietto.
Pancotto
2004
Il sorriso dei vecchi
Cuocere il pane, anzi ricuocere il pane è risparmiare e ammorbidire. La saggezza dei vecchi e i loro pochi denti. Mangiavo il pancotto da ragazzino con mio nonno, guardia forestale. Infanzia e vecchiaia stanno spesso insieme (o almeno stavano, nelle famiglie di un tempo). È il cerchio della vita, gli estremi che si toccano. Come (per dirla in termini abusati nel nostro settore) tradizione e innovazione. Il pancotto è tradizione: ma cuocere, come facevo allora, e mi sentivo un rivoluzionario, ogni ingrediente separatamente per rispettarne il sapore, e però ricongiungerli tutti nell’idea antica del piatto, beh: mi pareva di aver fatto un grande passo.
Pane
L’alfa e l’omega
Il quotidiano può essere croce, indifferenza, dignità o contentezza di sé. Il pane è la quotidianità del cibo per antonomasia. Ridare dignità al pane, trattarlo come “capolavoro“ in sé, metterlo al centro della tavola gourmet come portata, e portata di autonomo rispetto, ha richiesto ore e giorni di fatica e ricerca. Ma è valsa la pena. Ha chiarito un concetto portante del mio pensiero e della mia cucina, la semplicità. E ha rimesso al posto che merita uno dei canoni alimentari di sempre dell’umanità.
Cocomero e Pomodoro
2015
La forza del colore
…E anche la forza delle strutture diverse accostate, e la forza dell’estate che è la stagione di questi due ingredienti. E che sa pure lei di rosso. Io adoro il cocomero. E mentre ne mangiavo uno, ho pensato come avrei potuto fare per inserirlo in menu, come piatto salato (qui la ricetta, semplificata, per preparalo a casa). Per me. Per il mio piacere. Ed è nato questo gioco tra cotto e crudo, consistenze e odori - vitreo e pressato il cocomero per dargli un senso di ancor maggiore croccantezza, foderato con tutte le erbe di stagione il pomodoro. È un sorriso vestito di scarlatto.
Assoluto di cipolla parmigiano e zafferano
2009
Cucinare Platone
Il problema è stato, per così dire, filosofico. Non voglio menarla, per carità, ma prima di questo piatto credo che il concetto di assoluto in un libro di ricette o in un menu non fosse mai entrato. Ma quando ho pensato, provato e mi sono convinto che tre elementi usati in assoluta e premeditata purezza (cipolla estratta da se stessa, parmigiano e persino lo zafferano non infuso ma appena tostato) compivano una cosa che li salvava tutti ma viveva poi di vita - fortissima - sua, ho deciso che si poteva. E l’ho chiamato così.
Baccalà e peperoni
2002
Buon venerdì
Il baccalà è il pesce di montagna. Dunque il pesce dell’interno dell’Abruzzo, il pesce di riserva e di conserva. E, ovviamente, spesso era il piatto del venerdì. E le nozze con i peperoni erano un rito e un pilastro della cucina di tantissime nostre famiglie, e di un bel po’ di trattorie. Proiettare quel mondo nel futuro senza tradirlo era quello che già mi interessava allora, diciotto anni fa. Esempio: caramello vegetale puro per glassare il peperone, senza un’oncia di zucchero, un corpo vestito di sé. E un venerdì antico che diventa un domani.
Piccione fondente e pistacchio
2016
L’obolo a Cesare
Ci sono cose che nel mondo dei gourmet e del fine dining sono, o diventano, dei must. Uno è il piccione. Se non lo fai, se non lo metti una volta in carta, non fai parte del club. Ma intanto, non a tutti piace. E l’idea delle consistenze particolari e diverse, della cottura giusta sì, ma che in non pochi casi rilascia liquido “sanglant”, non ispira la totalità del mondo. Ho scommesso su tutt’e due i tavoli. Ho pagato il tributo del piccione a Cesare, ma provando a salvare il piacere democratico e pieno. Un’unica struttura, fondente, senza liquidi dispersi, ma con dentro il rosso profondo della carne. Il piccione senza il suo spavento.
Capellini laccati al pomodoro
2009
Oltre la consolazione
Tanti premi e tante preoccupazioni, nel 2009. Era l’anno in cui ho detto sì al progetto Casadonna. Dunque esposizioni economiche da paura, e tutto da iniziare: scuola, camere, dimensioni diverse… E la famiglia in prima linea, tutta. E tutta esposta con me. E questo piatto nasce forse allora da un po’ di paura e di bisogno d’affetto, un’inconscia voglia d’infanzia. Capellino uguale brodo - magari dopo giorni di febbre –, convalescenza, letto, mamma. Consolazione. Ma io faccio il cuoco. Dunque, capellino sia, ma a tutto gusto. Consistenza impeccabile e super sapore di pomodoro, con in più il gioco (da bambino tornato felice) del pomodoro invisibile. Oggi dire acqua di pomodoro è quasi un’ovvietà. Allora, non proprio. Il capellino intanto ha ripreso la sua strada anche lontano dai giorni del raffreddore.
Ravioli di ricotta di pecora
2000
Domenica a Rivisondoli
Rivisondoli, Abruzzo alto e profondo, è la mia prima casa e la mia prima bottega. I ravioli sono il piatto numero uno del mio primo menu. Ma anche il piatto della domenica a casa. Io, da quando lavoro in cucina, non faccio che togliere. Togliere è il mio scopo e il mio puntiglio. Più tolgo, più quel che resta avrà forza e significato. Qui dal piatto del pranzo della domenica ho subito tolto il pomodoro. Copriva. Avevo lasciato un filo d’olio, un fiocco di pecorino e un pizzico di parmigiano. Per timidezza e affetto. Ora che sono cresciuto, via anche quelli. Faccio una salsa d’acqua (acqua, sì) e amido che dà lucentezza, ma non tocca il sapore. E buona domenica...
Melanzana arrosto e caramello di pesca
2010-2019
Il tofu nell’orto
Se si può fare una bistecca col tofu, perché non si può fare un filetto con la melanzana? Il punto di partenza qui sono le dimensioni, la consistenza, la carnosità; la scommessa di trovare vicino, nel mio orto, quello che invece cerchiamo spesso lontano. L’idea poi è sempre quella di concentrare al massimo le identità: quella dell’ingrediente e quella di chi lo lavora. Insomma, la mia. Quindi, melanzana piena dei suoi succhi e sapori, ma maturati, terziarizzati, come fa un grande vino in cantina. La revisione del 2019 è stata passare dal forno, che in fondo è sempre una prigione, alla brace, che è wild, e a un cuore pressoché crudo del vegetale che completa la gamma stratificata del gusto.
Costina di agnello alla brace e patate
2007 – 2019
Pasquetta secondo me
Chi non ha mai fatto un lunedì dall’Angelo (da noi Pasquetta) in campagna o in montagna davanti a un barbecue? In Abruzzo l’agnello è una bandiera. Io la vestivo di erbe doverose, ci mettevo le patate, e via. Ma poi la riflessione è stata su quelle lacrime lente che fumavano e sfrigolavano al margine delle nostre – e vostre - gite, dei picnic di tutti, cadendo sulla griglia. Insomma, il grasso. Se finisce fuori, oltre a fumo e odore, succede che la carne asciuga un po’, se resta dentro la tiene morbida e succulenta. Come fare? Doppia cottura. Vapore prima, affumicatura col faggio in mezzo, poi finitura velocissima sulla brace vera. In fondo un pizzico di Oriente, tanto Abruzzo, e alla fine… gnam…
Limone cioccolato mosto d’uva liquirizia
2008
Non dulcis (e neanche fondo)
Il dolce “non dolce” è un concetto ormai persino un po’ abusato. Dire: dolce, ma a zero zucchero è già un’altra cosa. Dire gelato (di cioccolato) senza latte è un suo compendio. Mettere tutti i gusti in verticale e fare in modo che ognuno di essi si senta di per sé, senza mescolarsi (io “non” fondo, insomma) è, ed era la scommessa. Ma anche, alla fine, la realizzazione del sogno di un ragazzino goloso, che di dessert nel piatto ne vorrebbe non uno, ma quattro o cinque insieme…
Frutta compressa, infuso di limone, caramello, caffè e pepe
2018
Arrivederci
Questo fine pranzo è un saluto. Il nostro saluto. E visto che niente di quello che lo ha preceduto – almeno cosi speriamo qui, e così ci sforziamo che sia – è stato convenzionale, neanche il classico arrivederci del Reale (arrivederci è una delle parole nostre più conosciute e capite nel mondo) può e vuole esserlo. Niente “piccola pasticceria” cioè. Anche perché nella mia testa la pasticceria è associata alla parola “grande”, nel senso del lavoro e del risultato, o è nulla. Abbiamo voluto un saluto che fosse, personale sì, ma anche mediterraneo e italiano. Dunque c’è la frutta, l’agrume: ma anche il caffè.
a cura di Niko Romito con Antonio Paolini