Mercoledì 17 aprile a New York è morto Romolo Algeni, 68 anni. Un malore ha portato via uno dei personaggi più noti della ristorazione italiana nella Grande Mela. Romolo, in arte Pepito, era il direttore di Paola’s Restaurant, autentico locale di cucina italiana nel cuore di Manhattan, molto amato da attori e celebrità, per anni Tre Bottiglie nella guida Top Italian Restaurants. La sua ricerca del miglior prodotto tricolore era come un’ossessione, la sua modalità per mantenere quel filo che lo legava saldamente alle sue terre abruzzesi. Era nato a Giulianova. Soprattutto, era un grande professionista di sala.
Dall'Abruzzo a New York
L’abbiamo conosciuto nei nostri viaggi alla ricerca di veri indirizzi di sapore italiano all’estero, intendeva la professione come una vera missione. Un’alice di Sciacca o un Brunello tradizionale diventavano questioni di vita per lui. E per quegli artigiani del gusto che volevano sbarcare negli Usa lui c’è sempre stato.
E non aveva un carattere facile. Soprattutto sui social, dove era onnipresente, trovava spesso gusto a prendere la parte del rompicoglioni: diretto, polemico, senza filtri. In mezzo c’era quella relazione di amore e odio per l’Italia che abbiamo ritrovato in tanti connazionali all’estero. Se poi lo si conosceva di persona ci si rendeva subito conto di avere davanti un personaggio completamente diverso: gentile, tranquillo, d’altri tempi. E di grande competenza.
Da bravo direttore di sala sapeva coccolare perfettamente il cliente e leggere molto bene chi aveva davanti. Faceva viaggiare i suoi commensali verso i luoghi più belli d’Italia con leggerezza, rodando un servizio che era una macchina perfetta. «A New York il cameriere non è mai lasciato solo, il servizio è la cosa più importante per un americano. L’acqua, il pane, il vino: non esiste che il cliente debba chiedere. Se lo fa, hai già perso una percentuale di tip», ci raccontava qualche anno fa tra una bottiglia e l’altra. Così come esortava sempre a valutare i ristoranti da due dettagli: la porta e il bagno. «Dobbiamo sempre lavorare per la piacevolezza del cliente, in sala e in cucina. A volte ce lo dimentichiamo». E subito ritornava sulle sue origini, a partire dal cugino Franco Tancredi, portiere dello storico scudetto della Roma nel 1983, di cui era tifoso sfegatato.
Le lunghe notti del Baraonda
Era arrivato negli Stati Uniti nel 1992. Un passato da rappresentante di un’azienda di mobili, la svolta arriva con un incontro: Jeffrey Murray, chef californiano. Misero su un progetto dal successo clamoroso: il Baraonda. Un locale di cucina fusion tra Oriente, America Latina e Italia. E dall’atmosfera unica. Baraonda, ogni volta che abbiamo sentito nominarlo, abbiamo visto anche un sorriso emblematico.
Aneddoti e leggende
Una vita di aneddoti, che a volte potevano toccare i confini tenui delle leggende. Raccontava dell’amicizia con l'attore Robert De Niro che da Paola’s è cliente fisso: «Cosa mangia? Tagliolino al pomodoro fresco e basilico. Quello che piace a noi», diceva mentre sorrideva. Un cantastorie immerso nella vita notturna, che amava e che Manhattan difficilmente dimenticherà.