I 7 migliori ristoranti di cucina asiatica secondo il Gambero Rosso

27 Nov 2023, 13:54 | a cura di
La città più internazionale d’Italia rimane Milano. È ancora qui che si concentra il maggior numero d’insegne di cucine da tutto il mondo, ma nell’Italia dei campanili e delle tradizioni - o degli stereotipi - che non si toccano, la cucina internazionale è sempre più presente nelle città

La città più internazionale d’Italia rimane Milano, e non è certo una notizia. È ancora qui che si concentra il maggior numero d’insegne di cucine da tutto il mondo, ma dove soprattutto l'asticella qualitativa è nettamente più alta che altrove, l'offerta più particolareggiata e diversificata (una passeggiata in via Paolo Sarpi sa di giro del mondo) e molti locali hanno servizio e cantina da ristorante di alto profilo. Spesso e volentieri, poi, si tratta di posti gestiti da famiglie che sono nel nostro Paese da generazioni, di uomini e donne milanesi a tutti gli effetti (anche nella cadenza: il momento della prenotazione telefonica può essere molto divertente). È il caso per esempio dei Liu, campioni indiscussi della categoria nel campionato nazionale e ristoratori di vaglia a 360 gradi, che sbancano la classifica con tre insegne al top: Gong Oriental Attitude, Iyo Experience (per la cronaca primo del genere ad aver ottenuto la stella Michelin, che incorona anche Aalto, il fine dining "degiapponesizzato" della stessa proprietà) e, fresco di promozione col terzo mappamondo, Ba Restaurant, ciascuno con le sue peculiarità e gestito da un fratello diverso - rispettivamente Giulia, Claudio e Marco.

Ma nell’Italia dei campanili e delle tradizioni - o degli stereotipi - che non si toccano, la visione comincia ad allargare gli orizzonti. Nella Capitale, se carbonara, trippa e coda rimangono icone indiscusse, il miscuglio di culture e la varietà metropolitana danno vita a realtà che si smarcano decisamente dallo standard occidentalizzato, come Kohaku, che è il secondo nuovo ingresso tra i migliori ristoranti con cucine straniere della guida Ristoranti d'Italia 2024 ed è pure entrato nella 69esima edizione della “rossa”. Così come in Toscana e nella pluripremiata Umbria, entrambe con un Tre Mappamondi all'attivo.

I 7 migliori ristoranti di cucina asiatica

Ba Restaurant

Cinese. Quella di Ba è una Cina contemporanea, lontana dalle banalità: è la stella polare del patron Marco Liu, fratello di Claudio del gruppo Iyo e Giulia di Gong, che dopo il restyling dell'ambiente - mai così suggestivo e di design - ha superato i dieci anni di attività con uno slancio evidente. Come i fratelli, Marco ha la capacità di non fermarsi al buono ma di cercare l’eccellenza, in qualsiasi aspetto, e puntando chiaramente su un racconto attuale del suo paese di origine ha guardato ai grandi ristoranti internazionali dove l’immensa cultura culinaria cinese esce dai canoni classici ma va oltre. Non è un caso che lo chef, Bryan Hooi, sia un malese che ha lavorato tra Singapore, le Maldive e Doha. Visione internazionale e grande classe, quindi, come si vede nella carta e nei due percorsi: uno classico di otto portate e uno innovativo di dieci. In entrambi i casi, la componente dim sum è sopra la media e guarda caso Marco l’ha affidata a un professionista specializzato sul tema quale Kean Wu: i ripieni sono di capesante, branzino, astice, edamame e tartufo nero, seppia e curry giallo, xiao long bao. Ma il meglio arriva dall’interpretazione senza frontiere ma su base cinese delle migliori materie prime, sempre con un tocco leggero e autoriale. Evidente che un autoctono o un italiano "integralista" sul tema abbia la sensazione di trovarsi in un pianeta diverso, però nel piatto c’è la sintesi del gusto e la ricerca non diventa esercizio di stile, anzi. Marco Spini guida con stile ed esperienza una cantina dove non manca nulla, trovando peraltro una chiave italianissima di pairing per piatti ben lontani dal nostro gusto abituale. Servizio felpato, senza errori, con il patron sempre attentissimo, con il sorriso e capace di spiegare tutto in modo colto ed entusiasta.

Ba Restaurant - Milano - via R. Sanzio, 22 - 02 4693206 - ba-restaurant.com

Gong Oriental Attitude

Cinese. Giulia Liu è la patronne più famosa della città (prenotate sempre). Il successo, oltre all’ambiente che non invecchia e a un servizio preciso come un orologio, si deve particolarmente alla capacità di aver costantemente evoluto l’Oriental Attitude (presente ancora nell’insegna, forse per scaramanzia) verso una cucina senza frontiere. Certo, la base resta asiatica con una forte connotazione cinese, ma grazie soprattutto al team guidato da Guglielmo Paolucci – romano con occhio attento al mondo – si è creata una linea di grande personalità. Dove persino il menu di Pecking Duck – il più "cinese" fra i tre – contempla idee come il foie gras marinato nel miso e ripieno di pere Nashi o i tacos dove una mezzaluna di lattuga viene servita con brunoise di anatra e verdure. Ferma restando una carta ampia, si finisce per godere dei percorsi: Evoluzione e Classico. Il primo spinge a fondo, giocando su materie prime top (Wagyu, piccione, tonno Fuentes, astice…), lamian a mano e dim sum da applausi, mosaici di pesce e declinazioni del piccione stesso. Il secondo è più "tranquillo", se così si può dire dell’hamachi (la ricciola del Pacifico affumicata con legno di ciliegio) o di uno spiedino di anguilla con bambù marinato in aceto di riso. In generale l'estetica è sempre curatissima, l’effetto wow arriva prima di assaggiare i piatti, ma si resta ancora più colpiti dai sapori netti ed equilibrati anche in preparazioni che a leggerle sul menu possono sembrare complicate e persino leziose. Un esempio su tutti riguarda il Waygu, frequente nei locali etnici, servito in modo diretto e semplice (giustamente pensando al valore della carne): qui è proposto in carpaccio con riduzione di soia e foglie di wasabi tritate, ripieno di una sfera al foie gras marinata nel miso e con tartufo nero. Troppo complesso? Esercizio di stile? No, perfetto. Tale e quale a un dolce quale Memoria di una geisha, simbolo di una carta in piena crescita.

Gong Oriental Attitude - Milano - c.so Concordia, 8 - 02 76023873 - gongoriental.com

IYO Experience

Giapponese. Da un buon decennio il portabandiera della cucina nipponica non solo a Milano ma in tutta Italia, è un posto che non accenna ad alcuna flessione, grazie alla visione rigorosa di Claudio Liu. Lo chef Katsumi Soga declina una cucina classicamente giapponese che però attinge negli ingredienti, in alcune tecniche e nello stile del servizio accuratissimo dal Paese che lo ospita nel 2006. La carta è stordente per idee e varietà, vale la pena affidarsi al menù Faccio Iyo, otto portate secondo stagione ed estro a 125 euro. Altrimenti il suggerimento è di pescare qualcosa dalla sezione Special Iyo, ad esempio l’Insalata di mare (gamberi, cozze e calamari con verdure di stagione e salse yuzu o soia) o l’Hamachi Amaebi, carpaccio di ricciola, gambero rosso di Mazara, vinaigrette di pomodoro shiso e yuzukoshu; e di spostarsi poi nell’oceano delle tartare, dei sashimi, degli uramaki. Una sezione speciale propone i Ryori, le pietanze di pesce (Sakana) e di carne (Niku). I dolci meritano più attenzione che in un qualsiasi giapponese. Vi provvede il vicentino Luca De Santi, che si acquieta nel Giardino zen (cremoso all’albicocca e sorbetto con bavarese al melone, composta di melone profumata al sake, biscotto profumato al polline e cialda allo shiso) e si elettrizza nello Yuzu e liquirizia. Ambiente elegante e vagamente post-industriale, servizio vellutato.

IYO Experience - Milano - via P. della Francesca, 74 - 02 45476898 - iyo-experience.com

iyo giardino zen

Giardino zen

Moi Omakase

Giapponese. In quest’epoca dove in ogni settore la “deregulation” sembra a sua volta regola e tutto pare consentito, Francesco Preite, titolare e chef, è riuscito a creare un posto quasi unico cui si accede solo rispettando una serie di richieste fatte al momento della prenotazione, osservando una sorta di rituale che ha lo scopo di predisporre i clienti a godere appieno dell’esperienza. Si deve arrivare puntuali alle 21, poiché il servizio comincia quando tutti sono seduti. E tutti mangiano le stesse pietanze, che Francesco prepara davanti ai commensali. Non è consentito andare a fumare durante la cena, poiché gli odori residui guasterebbero l’esperienza agli altri commensali. E la fermezza ha avuto successo. Per provare questa formula Okamase (alla lettera: “mi fido di te”) arriva pubblico da tutt’Italia. Ovvio per quanto detto che qui ci si affidi pienamente alla cucina, impostata sulla base di quanto è possibile trovare ogni giorno sul mercato. E, trattandosi principalmente di pesce, il menù varia spesso. La cena è un viaggio nel susseguirsi di nigiri che lo chef prepara a vista. La struttura del bancone favorisce poi il dialogo fra il protagonista e i clienti-astanti, come in uno di quegli spettacoli in cui il pubblico interagisce con gli attori. Preite ha avuto il coraggio di puntar tutto sulla sua idea dopo una profonda e minuziosa “gavetta” in Giappone, dove ha studiato a fondo regole e riti di preparazione e taglio del pesce. Per capire meglio il succo di questa proposta senza compromessi può forse bastare il racconto – fatto dallo chef - di come vengano preparati in cucina, prima d’esser serviti, anche wasabi, soia, zenzero: scoprendo come anche ingredienti in parte massificati e banalizzati vengano restituiti al massimo del valore e del piacere. Su fonte bevande si sceglie fra tè, alcune etichette di sakè e una misurata offerta di vini con prevalenza dei cosiddetti “naturali”. Il servizio, cortese, qui fa da sottofondo rispetto al protagonismo della cucina.

Moi Omakase - Prato - v.le Piave, 14 - 0574 065595 - moiprato.it

Il Vizio

Giapponese. Una delle tavole etniche più interessanti del centro Italia, capace di un percorso di crescita esponenziale e di nuove insegne aperte a Milano e Roma. L’originale resta comunque l’indirizzo umbro, al piano terra di un albergo non lontano da Perugia. È qui che la famiglia Masilla ha dato vita e sviluppato il suo progetto principale, oggi affiancato dalla gestione del food&beverage dello storico Hotel Brufani, il più importante della città. Al Vizio i percorsi sono duplici: da una parte la carta con piatti di cucina mediterranea, dall’altra l’offerta legata al sushi e ai piatti fusion. Il successo del locale è dovuto soprattutto a questo secondo filone, caratterizzato da materie prime sensazionali trasformate dal talento dello chef perugino Marco Gargaglia in portate dai sapori inconfondibili, eleganti, di straordinario equilibrio e rigore. Cresciuto ai fornelli di alcuni cuochi umbri di riferimento, è stato letteralmente folgorato sulla via dell’Oriente. La sua passione per il Giappone è divampata piano piano fino a farlo diventare uno degli interpreti più autorevoli, per conoscenza delle materie prime (come il tonno, lavorato intero) e precisione tecnica. Si può cominciare con una splendida selezione di ostriche, proseguire con uno dei carpacci o delle tartare, lasciarsi trasportare dai contrasti della ceviche tropicale. Parentesi sul pesce: proviene in larga misura dal Mar Adriatico e dal Tirreno, è sempre inappuntabile per pezzatura e freschezza, segue rigorosamente le stagioni ed è sia pescato che allevato (in questo caso viene segnalato nel menù). Ma anche i piatti più elaborati sono eccezionali, come i cappelletti di bue grasso, dashi di ceci, ricci di mare e alghe. La carta dei vini, va da sé, è perfettamente all'altezza del contesto.

Il Vizio - Perugia - via Corcianese, 260 - 075 5171722 - ristoranteilvizio.it

Dao Restaurant

Cinese. La storia di Jianguo Shu, proprietario di Dao, è meritevole di un romanzo. Arriva nel 1992 in Italia da clandestino, precisamente a Prato, dopo un lungo viaggio tra Russia e la ex Jugoslavia. Trova occupazione in un laboratorio di abbigliamento, poi si trasferisce a Roma dove lavora prima come cameriere. Nel 2012, convinto della mancanza di un ristorante cinese di alto profilo, apre Dao nel quartiere Montesacro. Il focus è sulla cultura culinaria millenaria del Paese, con ricette regionali ancora molto poco conosciute al pubblico capitolino, ambiente minimal e un servizio curato. Il successo arriva in poco tempo, il locale si rinnova, con tanto di Dim Sum Bar nel 2019; da gennaio 2023 nei locali che dal 1986 ospitavano il Dragone D'oro apre il Dao Chinese Bistro. Buono il mix di ravioli di carne (maiale di cinta senese su tutti), dei bao soffici e ariosi ripieni di maiale, bambù e funghi. Un po' blande di sapore le trofie cinesi bicolori (pasta fresca di farina di riso) con cipolla, pancetta, uova, gamberi e sesamo. Da non perdere tra i secondi il Suino alla Dong Po, tenerissimo e goloso, servito con pancetta e broccoli, un classico l'anatra arrosto con salsa di prugna. Per chi ama il piccante da provare il Duo Jiao, un branzino cotto al vapore con porri, zenzero e salsa piccante del Sichuan. Restando nella stessa regione, spiccano le melanzane piccanti nei contorni. Accurata la selezione di tè in accompagnamento, con descrizioni e suggerimenti di abbinamento al tavolo. Di livello anche l'offerta flessibile del Dim Sum Bar, dall'aperitivo al dopocena, con una proposta variegata da mixare tra un cocktail d'ispirazione orientale o un oolong. Infine, tra i dolci, i bonbon di riso con un twist di sesamo. Nota di merito per il servizio attento e professionale.

Dao Restaurant - Roma - v.le Jonio, 328 - 06 87197573 - daorestaurant.it

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Kohaku

Giapponese. Poco lontano via Veneto, veleggia sicuro ormai questo locale che, aperto a fine 2022, si distingue per la proposta nipponica rigorosa e di gran livello qualitativo curata al cesello in ogni suo aspetto, dalle bellissime ceramiche artigiane alla playlist, creata ad hoc dal sound designer Yiming Zhou. Si viene accolti in un ambiente dall'eleganza sussurrata, colori pastello e servizio preciso, a cura di un team di sala femminile coordinato da Sabrina Bai, deliziosa patronne (già conosciuta in città per l'altra sua insegna, Shiroya). Protagonista in tavola la cucina giapponese nella nobile forma kaiseki, disponibile solo a cena, una degustazione tradizionale di più portate, che in origine si accompagnava alla cerimonia del tè. Da godere in sala, in un formidabile menù - il Kohaku Kaiseki, 120 euro - di piatti caldi e freddi, a base di pesce, carne e verdure di stagione, o, per gli appassionati del sushi, da sperimentare al banco, con il menu Kohaku Sushi Kaiseki, a 180 euro: ci si accomoda di fronte a chef Kazuaki Kawane per lasciarsi guidare in un percorso immersivo e intimo di tagli, consistenze, temperature e armonie. Materie prime locali sopraffine, riso biologico giapponese della prefettura di Nigata, tecnica da maestro. Si può ordinare anche alla carta oppure, a pranzo, scegliere tra vari lunch set. L'abbinamento con tè o sake - dei quali la Bai è profonda conoscitrice - è quello più consigliato; non manca una valida proposta enologica.

Kohaku - Roma - via Marche, 66 - 06 45665202 - kohakurome.com

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