Non dovrebbe sorprendere troppo chi conosce quel mix di vitalità, alto e basso, ospitalità ed esplosione edilizia disarmonica che è Tirana scoprire che il miglior ristorante della città, Mullixhiu, aperto da chef Bledar Kola, già allievo di René Redzepi al Noma, si trova sotto un’insegna di un Burger King.
Sotto il neon rosso un locale di campagna
Il luogo non è privo di grazia: siamo infatti in riva all’affascinante lago artificiale del Grande Parco che di sera riflette le luci della città, ma in uno sgraziato palazzo anni ’80, proprio sotto l’insegna a dir poco sfavillante di un punto vendita della nota catena di fast food statunitense. E il logo rosso e giallo che buca la notte è pure corredato da gigantografie retroilluminate di ragazzi che azzannano giganteschi panini, con un appetito degno di miglior causa.
Varcando la soglia però si entra in un altro mondo, una casa di campagna dove dominano il legno grezzo, i fiori secchi e la terracotta. E la campagna, con i suoi prodotti, entra anche in menù, che come la vulgata e il grande maestro danese Redzepi (il cui padre, però, era macedone di etnia albanese come rivela il nome) è a chilometro zero, senza briglia e inutili sofisticatezze. I tavoli e l’apparecchiatura sono spartani eppur chic, con le posate riposte in un cassetto da aprire al proprio posto, come fosse la credenza della nonna.
Meglio la natura dell’hamburger
La cucina reinterpreta le tradizioni, i sapori e gli ingredienti selezionati da piccoli produttori albanesi perché “è la natura il più grande chef”. Mullixhiu (pronuncia mullijiu) significa mugnaio, “una delle professioni più antiche legate al cibo e centrale alla cultura albanese, dove il pane ha un significato che va al di là del semplice nutrimento e diventa l’elemento fondamentale della nostra ospitalità”.
Dice Kola: «Ho dovuto puntare su materie prime più modeste, di stagione. Ma se si tratta una zucca o una patata con la stessa cura di un manzo wagyu, il risultato può essere simile». Così in menù compaiono ingredienti semplici, stagionali, il mais e i funghi, la zucca e le erbe, le uova e il formaggio di capra, la trota e l’agnello, recuperando e reinterpretando una tradizione, quella della cucina albanese, che pesca moltissimo dai Balcani ma con influenze mediterranee.
Abbiamo provato il menù degustazione “Metamorfoza” che si apre con un’insalata con verdure di stagione (zucchine, prugne e fiori di zucca) e prosegue con la zuppa Ali Pasha con riso, erbe e polpette di vitello, il Fli (guancia di maiale alla brace con panna acida, salsa di miele e formaggio di capra) e Trahana, cereali e gelso fermentati con salsa di portulaca e polvere di semi di girasole.
Orgoglio albanese
Le ossa, prima del Noma chef Bledar Kola se le è fatte a Londra dove è arrivato a 15 anni da clandestino, nascosto in un camion. In quel periodo, terminato con l’approdo al prestigioso Le Gavroche, ricorda a La Vanguardia di aver subito il razzismo dei colleghi in cucina, che vedevano negli albanesi dei ladri di automobili o poco più. Tanto che gli capitò di farsi chiamare Bernardo e raccontare di essere italiano, o del Montenegro “che tanto nessuno sa dov’è e suona bene”.
Il ritorno a Tirana è quindi un riscatto, per sé ma anche per la propria terra della quale Mullixhiu fa conoscere prodotti e ricette. Combattendo gli stereotipi, a colpi di pietanze. Bledar Kola la chiama “gastrodiplomazia”: un modo per aiutare le persone a incontrarsi e capirsi, intorno al cibo. Albanese anche la selezione di vini, birre e oltre dieci tipologie di Raki.
Recentissima è l’apertura di un secondo locale più stile bistrot, più centrale e sempre nella capitale, Ku’zina by Mullixhiu.
Il prezzo del menu degustazione sta a 3000 lek. Poco meno di 30 euro, bevande escluse. Più che onesto e più che abbordabile se si vuole sfuggire al fast food del piano di sopra.
Mullixhiu Shëtitorja Lasgush Poradeci Hyrja e Parkut tek Diga e Liqenit Artificial, Tirana