Lo vedi muoversi da una parte all'altra dell'Oceano, Massimo Bottura, preso da eventi e inaugurazioni che si inseguono a passo di carica, sempre con il pallino di una certa cucina radicata nella materia prima e nel territorio, secondo un principio che - in un titolo d'effetto - ha sintetizzato Slow Food, Fast Cars. E se il Massimo nazionale può essere uno e centomila, lo deve anche ai suoi collaboratori, pupilli che poi diventano i suoi ambasciatori nel mondo, a un passo dalla Francescana o dall'altra parte del mondo, così è successo a Jessica Rosval all'interno di Casa Maria Luigia, e così anche a Bernardo Paladini, talentuoso chef di Torno Subito a Miami. In Francescana da una decina di anni, ha seguito l'apertura di Torno Subito a Dubai nel 2018 - «anni incredibili sia per l'opportunità di vivere un'esperienza del genere, sia perché ho avuto la possibilità per la prima volta di confrontarmi con me stesso e con la responsabilità di avere il nome di Massimo sulle spalle». fino a quando, appena conquistata della stella Michelin (nella prima edizione della Rossa a Dubai), si è spostato oltreoceano per aprire Torno Subito Miami. Che porta negli Stati Uniti il concept ispirato alla dolce vita della riviera romagnola, con quell'immaginario colorato e leggero raccontato da Fellini. A tre mesi dall'apertura, come sta andando? Lo abbiamo chiesto allo chef.
Come è la ristorazione a Miami?
Veniamo da tanti anni qui, con Massimo per alcuni eventi. La prima volta credo di essere stato qui 9 anni fa. E invece sembra ne siano passati 20 o 30 tanto è cresciuta la città sul profilo della ristorazione. 10 anni fa non era il posto più interessante dove andare a mangiare, ora credo che si possa definire una destinazione gastronomica.
Di quale Miami parliamo però?
Non solo South Beach, ma anche Downtown, dove siamo noi, in un bellissimo rooftop di un palazzo degli anni Trenta su Flagler Street che è stata per tantissimi anni la strada principale di Miami; siamo accanto all'Olympia Theater. Facciamo parte del progetto di riportare Downtown ai fasti di una volta. Tanti pensano a Miami solo come South Beach ma invece c'è tanto di più, anche se non ci sono migliaia di anni di storia alle spalle. In ogni caso la città è esplosa.
Quali sono i motivi?
Durante il Covid è stata una delle poche città aperte e poi ha un sistema per cui le tasse sono tra le più basse degli Stati Uniti. Questo ha avuto un impatto enorme sulla ristorazione. Sono arrivati si grandi chef che tanti giovani che hanno deciso di aprire qui il loro ristorante. Qui il modello di business è più facile da gestire rispetto all'Italia.
Non c'è concorrenza?
Sì, ma c'è anche un livello di ricchezza pro capite alto e poi ci sono tanti turisti. A Miami c'è una qualità della vita alta e in più vive uno dei momenti di maggior benessere della sua storia. Anche io nel mio piccolo faccio parte di una categoria di privilegiati.
Con la vittoria di Trump cambierà qualcosa? Non vi spaventa l'ipotesi dei dazi?
Riguardo a Trump direi di aspettare e vedere se ciò che ha promesso di tradurrà in fatti, in caso avremo ancora più stimoli nel cercare prodotti di qualità sul territorio locale.
Quali sono le tendenze?
Ci sono tanti ristoranti italiani, anche molto validi, sia grandi franchising come Cipriani, che piccoli ristoratori.
Quale è l'ultimo ristorante italiano in cui sei andato?
Doma a Wynwood, che è molto valido, ma lavorando in un ristorante italiano, preferisco mangiare altre cucine, mi piace molto quella peruviana. Il bello di Miami è che è un punto di incontro tra Stati Uniti e Sud America, la comunità latina è molto importante, ci sono molte influenze da Messico, Perù, Argentina. In generale qui piace tantissimo la cucina sudamericana e soprattutto lo street food.
Voi come siete stati accolti?
Con l'esperienza di Torno Subito a Dubai, so che è impossibile aprire avendo piena capacità sin dal primo giorno. Qui abbiamo inaugurato il 21 agosto, che è in bassa stagione, e questo ci ha permesso di cominciare con meno coperti crescendo man mano fino a riempire il ristorante: 90 coperti. Per noi è stata una fortuna perché è importante conoscersi e prendere le misure. Oggi, se faccio la comparazione con Dubai, mi rendo conto che i volumi sono molto più alti, soprattutto sui menu degustazione: circa il 40% in più, cosa che ci dà la possibilità di dare una panoramica completa e toccare e far conoscere tutti i nostri signature ai nostri clienti.
Chi sono i vostri clienti?
Ci sono anche turisti, ma il mio obiettivo è lavorare il più possibile con clienti locali, c'è una fetta importante di clientela è stata alla Francescana e a Casa Maria Luigia. Abbiamo clienti che già ci conoscono e sono bendisposti; questo rende tutto molto più facile.
Il nome Bottura funziona?
Assolutamente sì, anche dal punto di vista dei fornitori: sono arrivato un anno prima dell'apertura per cercarli, ma vengono da soli a bussare alla nostra porta.
In Italia si parla molto di morte del fine dining. Cosa ne pensa?
Io credo che Torno Subito incarni il più possibile il modello di ristorante contemporaneo, dove puoi trovare diverse offerte. Ci sono due degustazione, anche uno di 10 portate con abbinamento vini, ma a pranzo dato che siamo in una zona di uffici, facciamo il business lunch, domenica il brunch con musica dal vino. È un'offerta che attrae gente. Non è un fine dining che mette in soggezione.
Quali sono i piatti più richiesti?
La cacio e pepe va molto.
Cosa ha di speciale?
Il mio obiettivo è fare cucina italiana con prodotti locali, quindi nel portare la cacio e pepe da Roma, la mia città, a Miami, ho deciso di dare un tocco citrico: faccio una brunoise con la buccia di arance del nord della Florida, lime delle isole Keys e limoni da Miami. Cuociamo la brunoise in uno sciroppo dolce salato, e con quella finiamo il piatto. Quando i clienti lo mescolano trovano ogni boccone questi elementi aromatici, dolci, salati che contrastano la parte aggressiva della cacio e pepe.
Cucina italiana con prodotti della Florida? Un bel cambio di paradigma rispetto a quando la cucina italiana doveva avere per forza prodotti italiani...
Una volta dicevi che tutto arrivava dall'Italia e questa era una rassicurazione, ma se guardi alla sostenibilità non va bene. Mi sforzo di far volare meno cose possibili. Ovvio che olio di oliva, parmigiano o aceto balsamico sono prodotti unici che devo far venire dall'Italia, ma altri prodotti no. Intendiamoci: sono conscio che mozzarella e burrata prodotte in Italia sono buonissime, ma il mio obiettivo è cercare i piccoli produttori che facciano prodotti di qualità qui. Ho trovato Capri Organic, sono tre fratelli molisani che prendono ogni mattina il latte da Naples, e fanno mozzarella ricotta e stracciatella a pochi chilometri dal ristorante. Per le verdure ho trovato una azienda, Empowerment Farm, dove lavorano 15 ragazzi con disabilità fisiche e mentali, le erbe aromatiche le prendo a Nord di Miami. Cerchiamo di creare connessioni con gente che fa questo lavoro con passione ma anche con uno sfondo etico.
Torniamo al ristorante: quali sono gli altri piatti forti?
I tortellini in crema di parmigiano, una costante nei ristoranti di Massimo, sono sempre preparati alla perfezione. Ne escono quasi 4 kg dal giorno, 40 porzioni.
Chi li prepara?
Abbiamo due nonni di 75 anni in cucina. Tina e Giovanni che 6 o 7 anni fa si sono trasferiti in Florida da Napoli per raggiungere i due figli e hanno deciso di rimettersi a lavorare.
Una scelta inconsueta.
Ci incontrammo a colazione, ho detto a Tina: tu li sai fare i tortellini? Mi ha risposto che li faceva che io neanche ero nato. Mi ha convinto. Ma ha poi ha aggiunto che il loro era un pacchetto. Quindi ho preso anche il marito. Hanno pazienza infinita, si occupano di tutto ciò che sia pasta fresca, della panificazione e delle basi di pasticceria-
Come si sono adattati in cucina?
Siamo in 27, ci sono tanti ragazzi giovani, alcuni hanno fretta di crescere e la presenza di loro due dà equilibrio. Il modo che hanno di cucinare è meraviglioso, c'è molto rispetto, non quell'attitudine molto italiana a dire che le proprie cose sono le migliori. Questa per loro è una seconda vita lavorativa inaspettata, sono molto orgogliosi.
Chi sono i tuoi collaboratori?
Ho due sous chef: Jonathan Lopez di Miami che conosce il mercato e i fornitori, era qui da La Mar di Gaston Acurio, e Giulio Martin che è stato 10 anni in Francescana ed è il responsabile del laboratorio di preparazione: è lui che fa sì che tutte le partite abbiamo tutto pronto, come per gli eventi. Loro due insieme sono il cuoco perfetto: uno nella parte gestionale l'altro per quella della cucina.
Miami è famosa per essere uno dei luoghi del fitness e di un certo stile di vita healty. Questo si rispecchia anche nella scelta analcolica?
Sì, il no alcol qui è molto diffuso, abbiamo un'offerta di mocktail anche se la parte del vino è molto importante per noi. Abbiamo collaborazione con Dante, uno dei cocktail bar più importanti di NY, che firma una carta dei cocktail in linea con l'ispirazione di Torno Subito. Per noi è un motivo di orgoglio lavorare con loro: posso dire che per la prima volta che c'è una collaborazione tra uno chef che è stato n.1 nella 50 Best Restaurant e un bar che è stato n.1 nella 50 Best Bar.
Sui vini invece?
Insieme al nostro sommelier, stiamo sviluppando una carta dei vini, è ancora in crescita; ora ci sono circa 200 etichette, l'85% italiane, il resto un mix di Europa e resto del mondo.
Conoscono i vini italiani?
Sì, soprattutto quelli mainstream, ma siamo riusciti ad avere alcune etichette in esclusiva soprattutto dell'Emilia Romagna, sono piccoli produttori che facciamo scoprire nel degustazione. In genere le persone le provano e poi diventano i loro preferiti, anche perché hanno un prezzo più accessibile.