Nel menu di primavera de Le Calandre, Massimiliano Alajmo presenta un piatto da mangiare nel più completo isolamento, fornendo dei tappi per le orecchie a ogni commensale. Non è la prima volta che Massimiliano Alajmo si interessa al ruolo del suono a tavola. Né è stato il primo cuoco a farlo: The Sound of the Sea di Henston Blumenthal, una quindicina di anni fa, corredava del vociare dei gabbiani un piatto di frutti di mare ricreando l’ambiente originario della materia prima amplificandone l’impatto su chi lo mangiava, mentre Nino Di Costanzo con il dolce Napul’è creava un panorama emotivo potenziato dalla canzone di Pino Daniele. Erano altri tempi e la sfida della sinestesia in quei termini oggi pare forse un po’ naïf. Infatti il più recente Vibrazioni – gioco al cioccolato 2018 di Alajmo faceva di più: spingeva i commensali ad ascoltare i rumori prodotti da ognuno, amplificati da sensori nascosti sotto il piatto progettato per il dessert: 16 preparazioni croccanti, friabili, morbide, dense, liquide. Un gioco, certo, che invitava a rallentare prendendo coscienza di ogni gesto, boccone e sorso, ma anche e soprattutto un approccio al ruolo del suono nel cibo, ancora inesplorato.
Il suono interiore: una possibilità perlustrativa
Altrove è andato invece in cerca dell'intersezione tra consistenze, suoni e percezione di sé e del cibo, e lo ha fatto in aggiungendo in una battuta di carne alcuni elementi di diverse strutture che orientano il momento dell'assaggio al punto da rendere irriconoscibile il commensale a se stesso mentre compie l'esercizio della masticazione. Il passo successivo è stato indagare il suono interiore, mangiando nel più completo silenzio, in quel vuoto amplificato che danno i tappi nelle orecchie. «Abbiamo fatto dei test: se uno riesce a isolarsi è gradevole e regressivo - spiega lo chef de Le Calandre – ed è una degustazione quasi ipnotica che consente una indagine interiore molto forte». Ma non si tratta solo di creare la condizione per una riflessione senza distrazioni, in cui concentrare tutta la propria attenzione su quel che si mangia, ma di amplificare i rumori interni: «L’udito è un senso trascurato in cucina, ma quel che sentiamo quando mangiamo e beviamo è più importante di quanto pensiamo».
Il croccante
Il lavoro sul suono si è sovrapposto a quello sul croccante, in Suono N'uovo, un piatto di pasta preparato con un gel di amidi e con della polvere di guscio di uovo sanificato che rimanda allo yogurt con miele e guscio che gli preparava la nonna da bambino. La pasta fresca, affumicata, viene condita con burro, estratto di sedano rapa, erbe aromatiche sbriciolate, accompagnata da fonduta di Castelmagno e brodo doppio di gallina. Gli assaggi non sono soddisfacenti: il croccante è una sensazione interessante, ma in questo caso dà una sensazione sabbiosa poco piacevole. La stessa prova, fatta a orecchie turate, porta però a un percorso diverso in cui il gusto complessivo non ha più a che vedere con la bontà del piatto ma rimanda all'indagine interiore. «Ci ha aperto un mondo» commenta Alajmo. E li ha convinti ad approfondire ancora di più cercando la complicità di medici, psicologi e altri professionisti di settori non per forza connessi alla gastronomia.
Se da una parte Alajmo approfondisce le ragioni della preferenza del croccante nella nostra cultura – per il ruolo della masticazione nella digestione, perché si lega all'idea di freschezza e salubrità dei cibi, ma anche perché fa riferimento a un retaggio primitivo dell'addentare come slancio vitale, e per la sua funzione conoscitiva, di conquista, memoria, imprinting e apprendimento – dall'altra indaga il ruolo del suono nell'assaggio che è particolarmente evidente proprio nei cibi croccanti e si può percepire anche prima di mangiare: basti pensare al rumore che fa una patatina fritta quando si spezza.
Il suono dei cibi nell'assaggio
Questo perché il suono consegna delle informazioni sul cibo che vengono recepite e sommate alle altre in modo inconsapevole, condizionano l’assaggio. È un meccanismo involontario ma presente, provato dai fisici Charles Spence e Nax Zampini in un esperimento nel 2008 chiamato Patatina Sonica: amplificando i suoni ad alta frequenza percepiti mordendo delle Pringles, si aveva l'idea di patatine più croccanti e fresche. In buona sostanza aumentando il rumore si pensa che il cambiamento sia in bocca, anche quando è solo una variazione acustica.
E questo accade durante l'assaggio ma in misura diversa anche prima. «Vi siete mai chiesti perché le buste delle patatine sono sempre rumorose? Perché quel suono anticipa quello delle patatine croccanti, facendole sembrare ancora più croccanti». Una sensazione simile si ha, spiega, nello spumante: ascoltare il rumore di quando viene stappato e dell'effervescenza fa sentire di più le bollicine, al contrario rumori striduli peggiorano l'esperienza gustativa. «Se mangiamo dei grissini non troppo croccanti in un ambiente rumoroso, la nostra testa rielabora il suono e ripropone al cervello l'informazione acustica data dai grissini potenziata, facendoli sentire croccanti anche se non lo sono».
Non solo: ognuno di noi ha una cassa armonica diversa, la stessa dentatura per come è strutturata offre un'esperienza differente a ognuno perché il veicolo dei suoni non è solo esterno all’uomo ma anche interno, collegato all'organo dell'udito, agli ossi della mandibola, conformazione del cranio. Per cui ognuno ha un’esperienza personale dell’ambiente sonoro, così mangiare in una bolla di silenzio come nel prossimo menu delle Calandre può amplificare a dismisura il processo di allineamento con i proprio suoni interiori. Vi pare poco?