Succede anche grandi di incappare in qualche fregatura. Il superchef Martín Berasategui, uno che accumula stelle come fossero noccioline, lascia El Club Allard di Madrid dopo appena un anno e mezzo e la conquista della stella Michelin (la dodicesima per lui). Il motivo? Non è mai stato pagato. Lo riferisce El Pais, a cui lo chef ha affidato un suo sfogo: «Sono rimasto incredibilmente turbato. Lavoro da 49 anni e non mi è mai capitato nulla di simile in vita mia». Ricapitoliamo: l'ingaggio risale a marzo 2023, a ottobre arriva il premio della Michelin, a maggio 2024 si interrompe la collaborazione. «Ho dovuto lasciare, non perché il progetto sia fallito e non mi piaccia Madrid, ma perché non mi hanno pagato un solo euro in questo periodo. Abbiamo fatto uno sforzo enorme, il miglior progetto che sono riuscito a realizzare in poco tempo e senza essere stato pagato un solo centesimo». E non si tratta solo del suo compenso: «Non sono stato pagato per i viaggi a Madrid, né per i piatti Rosenthal che ho portato con me perché ci fossero buone stoviglie, né per la griglia, che è anche mia. Tutto per raggiungere l'obiettivo che sogniamo». Obiettivo raggiunto in meno di un anno.«Ho messo il miglior team a capo del progetto, ho cercato i migliori fornitori, ho dato tutto per portare avanti questo progetto» racconta.
Lo chef più stellato di Spagna
Confermando ancora una volta il favore della Rossa per lo chef basco, il più stellato di Spagna. Berasategui ha infatti una ricca collezione di stelle: tre nel ristorante omonimo nei pressi di San Sebastian, quattro a Barcellona, nell'hotel Monument: tre a Lasarte, guidato dall'italiano Paolo Casagrande, e una a Oria, due a MB a Tenerife, nel The Ritz-Carlton Abama, una a Ola Martín Berasategui, nell'hotel Tayko Bilbao; e un'altra a Ibiza, nell'Etxeko Ibiza, nell'hotel Bless. Non abbastanza, evidentemente perché la struttura onorasse gli impegni economici: «ci sono persone che si dimenticano di pagare» ha commentato non senza una punta di amarezza, aggiungendo «Ho sempre lavorato con onestà e lealtà. Essere brave persone è sempre stato redditizio per me».
La storia di El Club Allard di Madrid
La collaborazione con lo chef basco arrivava dopo un lungo periodo di letargo della struttura, a 10 anni dal saluto di Diego Guerriero (allievo di Berasategui, oggi bistellato con il suo DSTAgE) e dalle due stelle che aveva conquistato in 12 anni di conduzione della cucina. Tra alti e bassi, nel 2023 la decisione di puntare su un cavallo di razza come lo chef basco, uno capace di portare a casa il risultato con un buon margine di sicurezza. «Ho sempre dato il massimo in tutto ciò che ho fatto e ho messo in prima linea le squadre migliori. Sono molto orgoglioso».
E così è stato, l'investimento, l'impegno, l'esperienza sono stati premiati in soli 8 mesi, merito di una squadra compatta e di una grande dimestichezza con le dinamiche dell'alta ristorazione, almeno da parte della cucina. Per la parte imprenditoriale, a quanto pare, non è stato così, «ci sono persone che entrano nella gastronomia ma non sanno che tipo di attività è e gli impegni che si prendono - commenta, e sintetizza - Ci sono persone che vogliono vincere medaglie olimpiche senza toccare l'acqua».
La replica di El Club Allard
Con Berasategui va via gran parte dello staff, a partire dal resident José María Goñi - «Che grande squadra c'era, di altissimo livello, con una grande responsabilità» - sostituito da un giovane già in brigata, il madrileno Juan Rodero. «Puntiamo molto sui giovani talenti, come abbiamo fatto in passato con Diego Guerrero e María Marte» dice Antonio Chávarri, proprietario del Club Allard. Secondo la sua versione dei fatti «abbiamo risolto il contratto in modo amichevole il 15 maggio, siamo ragionevolmente a posto». Che cosa si intenda con quel ragionevole è tutto da capire. Ma la sua versione dei fatti racconta di un periodo non facile dopo unoltre due anni di chiusura per dei lavori prima e per la pandemia dopo, di uno sforzo economico per assicurarsi la consulenza di Berasategui, necessaria per crescere, ma limitata a un anno, «che sarebbe stato rinnovata annualmente fino a raggiungere i cinque anni». Non nasconde un periodo di sofferenza in cui non sono stati mai tranquilli dal punto di vista finanziario, anche per gli oneri necessari per assicurarsi un nome come quello del basco. Perché «se si acquista una Rolls-Royce, la manutenzione sarà sempre superiore a quella di qualsiasi altra auto». Ora è il momento di un giovane, e di un'organizzazione meno impegnativa: «Rodero è la nuova generazione, Martín ha fatto tutto» conclude, fiducioso di riuscire a mantenere la stella nonostante il cambio chef. Vedremo se sarà davvero così.