Non meravigliatevi se, chiedendo quanto tempo occorre per raggiungere una qualsiasi parte di Istanbul, vi risponderanno in modo evasivo: con i suoi 15 milioni di abitanti (ufficiosi quasi 20 milioni, dicono con un certo orgoglio) e relative macchine, la città turca vanta un primato in termini di traffico, secondo qualcuno il più convulso al mondo. E questo nonostante il Marmaray, il tunnel sotto il Bosforo che consente di passare dalla parte europea a quella asiatica in meno di 5 minuti a – si stima – 4 milioni di persone al giorno. Quasi che il formicolante tessuto urbano possa tradurre l'affastellarsi di storia della città divisa tra due continenti.
Luogo dai molti nomi – Costantinopoli, Bisanzio, e poi Istanbul – dalla lunga storia e dalle molte culture: lo stesso tunnel ha subìto ritardi per il ritrovamento di resti del 6mila avanti Cristo e durante gli scavi sono stati rinvenut semi vecchi di 8mila anni. Come a sancire lo stretto legame della città (e infondo della civiltà stessa) con il cibo. Lo sapevamo già, ma raramente ne abbiamo avuto prova tangibile come in questo caso. E non è neanche un caso se il sovrapporsi di civiltà qui si esprima in una tavola ricchissima e piena di influenze diverse: il passato ottomano, le suggestioni asiatiche, quelle mediterranee, la storia della città si potrebbe leggere nei suoi piatti come quella di un albero negli anelli del tronco. E basta sfogliare un romanzo come La Bastarda di Istanbul per rendersene conto: ricette, ingredienti, tavole domestiche, caffè, ambulanti, meyhanes (taverne) e ristoranti punteggiano il tessuto del libro e le giornate dei personaggi: il pasto è uno stile di vita. La cucina, qui “non ha confini, è un modo di percepire il cibo, è una filosofia che può e deve essere interpretata in molti modi”. Lo dice nel Manifesto della New Anatolian Kitchen Mehmet Gürs del ristorante Mikla, pioniere di quella generazione di giovani chef che dall'estero hanno assorbito le istanze più attuali: identità, recupero di prodotti ricette sapori a rischio d'estinzione, e ancora sostenibilità e piena adesione a tradizioni che, grazie a tecniche e stimoli esterni, intercettano il sentire contemporaneo. È lui ad aver indicato la strada di una ristorazione che alza l'asticella (a Istanbul e non solo, ve ne parleremo a breve) non solo sulla cucina ma anche sul servizio e il design. Ma su tutto ci sono le materie prime e le pietanze che gridano a gran voce questa contaminazione che guarda al passato come al futuro non senza qualche inciampo.
Galataport: il nuovo waterfront di Istanbul
Prova ne sia il Galataport, nuovissimo waterfront sul Bosforo, con la lunga promenade che guarda l'Asia. Qui c'è una sintesi della Istanbul più moderna e internazionale - ma che forse rinuncia a quella vivacità intellettuale così caratteristica che ha caratterizzato il secolo scorso - che vuole aggiungere un nuovo tassello alla costruzione della "nuova" metropoli e lo fa a suon di locali frequentatissimi dalla “meglio gioventù” cittadina, attirata dalla musica ad alto volume e da una proposta gastronomica modaiola, come nel caso dei burger di Nusret Gökçe – più conosciuto come Saltbae, che ha saputo costruire un mito milionario a partire da un sol gesto di studiata coreografia, diventato meme di peso globale.
Accanto a lui, una sequenza di locali vissuti dai più giovani che non lesinano birre e cocktail, magari serviti – come nel caso di Muutto (quarto indirizzo di famiglia, tre in Turchia, uno in Finlandia) – insieme tipici meze formato tapas, quelli dello chef Umut Karakus (trentottennte, aria antica da lottatore e tanta energia per trascinare i piatti della tradizione in un contesto moderno senza disdegnare tecniche europee) che inanella una sequenza di ricette dell'Anatolia in un contesto very cool, con il bancone a vista e i camerieri in costante movimento armati di vassoi di cocktail colorati e piatti in sharing.
Non solo humus (magari rinnovato con olio di tartufo e castagne) e tabuleé (rosso), ma anche polpo e gamberi fritti, polpette panate con il bulgur, mucver (sorta di frittella con spuma di yogurt erbe fresche, spezie), muhallebi, bafra pita, e poi patata bravas, gravlak di salmone con katikli ekmek, piatti che negli altri locali del gruppo vengono proposti in versione più classica.
- Muutto Anatolian Tapas Bar - Galataport - Kılıçali Paşa - Meclis-i Mebusan Caddesi, 8 - +90 0507 2434040 - www.muutto.com.tr
Istanbul a tavola tra passato e presente
A proposito di passato e presente, l'indirizzo che meglio incarna questa relazione e la mistura di culture gastronomiche locali, è Lokanta 1741, in uno dei più antichi hammam della città, giusto a un passo dalla Moschea di Santa Sofia, dalla Moschea Blu e dalla Cisterna Basilica.
Il bellissimo Cagaloglu, aperto circa 300 anni fa, è ancora operativo e conserva nella hall of fame i ritratti dei personaggi che l'hanno frequentato, da Audrey Hepburn a John Travolta a – ovviamente – il padre della Turchia, quell'Ataturk oggetto di un culto ancora vivace pur se talvolta celato... basta saper leggere tra le cifre delle password dei wifi per rendersene conto. Oltrepassate le aree maschili e femminili dei bagni (se siete appassionati del genere, visitate quello monumentale del Ciragan Palace Kempisnski, tra gli hotel più belli della città, funestato negli anni da incendi originati in cucina - qualcuno li chiama la maledizione della melanzana – e ricostruito più volte).
Seduti nella suggestiva veranda o sulla bella terrazza, davanti al ricco bancone (e anche qui si sceglie tra vino anche locale e cocktail) si gode di una cucina generosa, ricca di suggestioni: il brodo di olive con chips di pane formaggio e olive, l'agnello - tradizionalmente molto consumato – che qui si serve in tartare con sumak (il sommacco) la spezia rossa e acidula, e cipolle caramellate, oppure come farcia di un taco; nel moutabbel le melanzane alla griglia affumicate si accompagnano con aceto melograno, yogurt e tahini, in un panorama di sapori di stampo mediorientale. Ci sono poi i topik, le polpette con spuma di ceci e tahina, le sardine, i ravioli di oca e bulgur fermentato, tipici delle zone fredde della Turchia, e poi i gamberi del sud alla griglia, con insalata e gel di peperoni. Sul fronte insalata, la Bostana con portulaca e frutta, e quella con pomodoro e olive, enfatizzano la cultura vegetale di questa cucina, ingiustamente relegata in secondo piano rispetto al kebab e ad altri piatti di carne. E poi le cozze, stavolta ripiene di riso allo zafferano, che incontreremo un po' ovunque; in versione dolma sono tipiche dello street food, ma si trovano rinnovate, reinventate, o semplicemente arricchite da una cottura attenta, anche nei locali più moderni.
- Lokanta 1741 - Cağaloğlu Hamami, Alemdar Mah, Profesör Kazim Ismail Gürkan Cd. No.34 - +90 5331451741 - www.lokanta1741.com
Istanbul: piatti tradizionali in veste contemporanea
Ma la Turchia, e Istanbul in particolare è anche altro: un posto che ha fatto sue le direttive della gastronomia mondiale, declinandole sulla propria cultura gastronomica. Il merito va a quegli chef che hanno fatto esperienze internazionali, in cucine importanti – tornati in patria – cominciano a tratteggiare la nuova cucina turca, in ambienti dal design moderno, e spesso di ispirazione nordica. A sostenere il loro lavoro, Gastromasa, congresso che dal 2015 si inserisce nel panorama internazionale della cucina d'autore (quest'anno dal 19 al 20 novembre 2022). A firmarlo è Gokmen Sozen. A lui il merito di richiamare qui chef e addetti ai lavori (e organizzare una manifestazione che coinvolge più di 10mila persone). Quelli che hanno cominciato a frequentare le migliori insegne della zona, insieme a un pubblico cosmopolita, colto e interessato.
Se oggi si assiste a una new wave di richiamo internazionale, lo si deve allo chef turco-scandinavo Mehmet Gürs, del ristorante Mikla, aperto nel 2005. Primo a essere entrato nei radar dei gourmet di mezzo mondo, ha saputo indicare la strada, codificando i punti chiave di un ritorno al futuro gastronomico: "Credo che sia giunto il momento di ripensare la cucina anatolica. È necessaria una nuova prospettiva per consentire alle ricche culture alimentari del passato di sopravvivere ed evolversi” scriveva nel nel 2012 per presentare il suo manifesto che ha dato parole certe a un approccio moderno ma fedele alla storia gastronomica locale, che lascia ampio spazio a prodotti tradizionali e “nobili” (che non significa per forza sofisticati) trattati con rispetto attraverso l'incontro di tecniche nuove e antiche. È lui ad aver aperto la strada della nuova cucina turca dove piatti, servizio, design concorrono a ridefinire i canoni della ristorazione locale in armonia di quanto accade nel resto del mondo. E il resto del mondo non ha tardato a lasciarsene incantare: dal 2015 è stato inserito nella classifica World's 50 Best (quest'anno alla posizione 86). Dall'ultimo piano dell'hotel The Marmara Pera, il ristorante offre richiami vagamente retrò, una vista magnifica fino al cuore della vecchia Istanbul, verso Santa Sofia e il Palazzo Topkapi, e un menu che cambia anche quotidianamente, elaborato com'è sugli arrivi giornalieri. Si parte sempre dalla materia prima, scelta dai luoghi di produzione più vocati - “Sfruttare la grande varietà di prodotti esistenti nella zona, riflettere i microclimi e le stagioni nella cucina” è uno dei punto del manifesto - e da una ricerca che si basa sulla “comprensione della terra, delle sue tradizioni e della sua gente” perché “l'identità di una regione, la vita e la personalità della sua gente si riflettono attraverso il cibo e le bevande consumate. Identificando correttamente una cultura alimentare e la cucina, possiamo identificare la zona e la sua gente”.
Lo Zeytinyagli, la tradizionale cottura brasata delle verdure in olio extra vergine di oliva, è usata per il carciofo o per fave e broccoli profumati con il lime, nel menu veg; il filetto di manzo essiccato si serve con zafferano, gambi di carciofo sottaceto, ravanello, peperoncino İsot, aceto di lıme e tartufo. Suo merito è stato anche valorizzare e sostenere i produttori, dando seguito al detto: "Nessun contadino, nessun cibo, nessun futuro".
Non è il solo: Maksut Askar, tra i primi yung turks a rinnovarsi senza tradire le proprie radici, ha tecnica, profondità, cultura, sensibilità. “Coloro che non si prendono cura e non conservano le loro tradizioni non possono avere un futuro” dice. Al panoramicissimo Neolokal al primo piano del Salt Galata Museum (e a un passo da Pera Palace, hotel iconico un tempo destinato ai passeggeri dell'Orient Express, frequentato dal jet set del secolo scorso, oggi hotel museo che ripete quotidianamente il rito del tè pomeridiano a uso dei turisti), elabora una cucina leggera, moderna, saporita, sostenibile. Racconta i sapori locali in veste rinnovata e lo fa anche attraverso un libricino che illustra la storia dei piatti, le loro ispirazioni, le cotture e le materie prime (quelle “giuste”, a partire da farine e olio, e un lievito madre chiamato Neylan nato nel 20114, insieme al ristorante). Ispirazioni che si condensano nel simbolico Hummus and Anatolian landscape.
Ci sono il goloso Cilbir, tradizionale ricetta a base di uova yogurt e burro che si rinnova con polvere di pastrami disidratato e formaggio di Izmir Tulum croccante; il Zeytinyagli di ortaggi e radici o il Kadinbudu di pollo ruspante e grasso di vitello affumicato, che usa il pollo in ogni parte: pelle, jus e spuma montata con patate, limone confit per l'acidità.
In piena rampa di lancio, oggi, complice anche un grande lavoro di comunicazione che lo sta portando sui palcoscenici internazionali, è Fatik Tutak del Turk. Esperienze tra Oriente e Occidente, con un passaggio alla corte di Redzepi (e si vede, eccome!), prima di approdare alla The House on Sathorn di Bagkok, Tutak è in rampa di lancio, unico turco nella top 100 della World's Chef Awards, tra i favoriti stellati della Michelin che per la prima volta approda a Istanbul l'11 ottobre. Dimostra di aver ben assorbito le dinamiche della cucina d'autore più attuale, a partire dalla vetrina dei pesci all'ingresso per finire con i petit four serviti nella labirintica cucina che si affaccia sulla sala, in un tour giocoso e molto studiato. In mezzo ci sono un'architettura moderna, con ambiente di legno chiaro di impronta nordica, e una cucina che fa sue le istanze internazionali – per esempio i due tipi di pane, serviti con diversi burri, di bufalo, vaccino e affumicato - vuole infondere di nuovo dinamismo la tradizione locale. In gioco c'è “il futuro culinario di queste terre”, con la geografia e i prodotti del territorio a fare da battistrada verso “sapori inediti” come si legge sul suo manifesto. Si comincia con un sorso acido che prepara il palato, e poi il brodo denso di pollo con cialde di pelle croccante apre le danze di un pasto che vuole disegnare le nuove traiettorie della cucina turca contemporanea. La tartelletta sottile ed elegante, e il dolma di cozze, fino ad arrivare alla tarhana.
- Turk - Cumhuriyet, Cumhuriyet Hacıahmet Silahşör Cad, Yeniyol Sk. No:2, - +90 212 7095679 - www.turkft.com
- Neolokal Salt Galata – Arapcamii Mahı, Bankalar Cd. No:11 - +90 212 2440016 - www.neolokal.com
- Mikla - Asmalı Mescit, The Marmara Pera, Meşrutiyet Cd. No:15, - +90 212 293 56 56 - www.miklarestaurant.com/en
I Dolma di cozze e il rito della colazione
Tra i piatti tipici ci sono i dolma, involtini di foglie di vite che costruiscono un ponte gastronomico con la vicina Grecia. Nella versione con le cozze, accendono la fantasia di cuochi. Si incontrano un po' ovunque: in veste supertradizionale da Muutti, serviti al piatto da Lokanta 1741, Fatik Tutak, uno dei più noti giovani chef, si diverte creando l'illusione di un guscio di cozza edibile, e Maksut Askar al Neolokal presenta una variante a base di bonito (maionese di sgombro essiccato, acidi di uva acerba sottaceto e bottarga epelle di tonnetto), mentre Osman Sezener, a Urla – vicino Izmir (ne riparleremo a breve) - lo traduce in una specie di amuse bouche molto interessante. È uno dei piatti simbolo, che accompagna quasi ogni pasto, come un po' ovunque si trovano gli ingredienti feticcio di questa cucina, le spezie, ovviamente, con il sumak a ordire una trama acidula che dona ritmo e colora di rosso i piatti, ma anche lo yogurt e le verdure, che spadroneggiano sulle tavole nonostante l'immaginario collettivo attribuisca una dominante carnivora alla cucina turca. Non è così: il mondo vegetale ha una rappresentanza importante su queste tavole.
E posti super tradizionali, come Pandelì 1901, al primo piano della porta d'accesso del mercato delle spezie, lo dimostrano ampiamente. Il locale storico - che vanta un pubblico di habitué amabilmente mescolati a vip, ha un carnet di rango: dall'onnipresente Ataturk ai volti noti di mezzo mondo, decorato con le caratteristiche (e bellissime!) piastrelle turchesi, offre un'antologia di piatti vegetali di piena soddisfazione, su tutti le melanzate grigliate al carbone, l'okra, le zucchine e i carciofi. Ma vale il assaggio anche il kebab e il tirit, l'inconsueto dolce a base di pollo.
In cerca di tradizione, non perdete il rito della colazione, sontuoso pasto che unisce dolce e salato, pietanze calde e fredde, l'immancabile tè servito nel Caybardagi, caratteristico bicchiere a forma di tulipano diventato simbolo della nazione (altra bevanda simbolo è il raki). Un buon indirizzo per il primo pasto della giornata è Nezih Kebap Yuvalama, animata e verace terrazza sul Bosforo, verso il ponte Sultano Maometto II Il Conquistator).
- Pandeli - Yüz Yilik Markalar Misir Çarşisi Eminönü Fatih - +90 212 5273909 - www.pandeli.com.tr
- Nezih Kebap Yuvalama - Rumeli Hisan, Yahya Kemal Cd. No. 24 - +90 0212 2780202
a cura di Antonella De Santis