Nonostante riaperture e situazioni non drammatiche in diverse località d'Italia, specialmente al mare, sui laghi e in montagna dove la gran parte ha deciso - come previsto - di concentrare le scelte per vacanze più o meno lunghe e gite fuoriporta, ci sono luoghi dove invece gli operatori e imprenditori legati ai flussi turistici soprattutto stranieri rischiano di chiudere le attività e soffocare del tutto. Sono le grandi città d'arte come Roma, Firenze, Venezia - per citare le più famose nel mondo - dove la chiusura dei rubinetti dei flussi turistici internazionali costringe all'inattività migliaia di piccoli e meno piccoli imprenditori, ristoratori, albergatori, operatori del turismo di massa.
La situazione di Firenze e della Toscana
Firenze accoglie circa 24 milioni di turisti l'anno, la Toscana 42 milioni. Le strutture ristorative e alberghiere in senso lato, sono strutturate per questi flussi, che di qui a un anno torneranno ad animare città e luoghi d'arte. Ma ora? Ora a Firenze si registra (anche se non esistono dati ufficiali) un flusso di circa 150 mila turisti: il nulla. L'associazione Ristoratori Toscana ha deciso di mandare ai suoi 9.000 associati un questionario con poche essenziali domande le cui risposte disegnano una verità e propria Caporetto.
Il sondaggio di Ristoratori Toscana
Secondo l'indagine, il 90% dei ristoratori toscani, se non ci fosse il blocco, sarebbe pronto a licenziare. A rischiare il posto sono 25mila dipendenti in Toscana, di cui 6mila a Firenze, e questo solo sulla base dei 13mila locali aderenti a Ristoratori Toscana. La perdita di fatturato rispetto all'epoca pre Covid è mediamente del 75%, con picchi oltre il 90%. Solo il 10% dei ristoratori ha avuto inoltre gli aiuti sopra i 25mila euro, mentre la cassa integrazione di marzo e aprile è arrivata all'80% delle imprese del settore. Con la riapertura, solo il 35% dei lavoratori è stato richiamato a lavoro.
Poi, ci sono denunce di casi drammatici già in essere: nonostante avessero pagato in parte l'affitto, a due ristoratori nel centro di Firenze sarebbe già arrivata la richiesta di sfratto. In questa situazione - come già denunciato e paventato da più parti - sarà facilissimo il gioco di chi può disporre di flussi finanziari illimitati e sporchi da riciclare e investire in attività dove ripulire proventi illegali.
Il rischio chiusura e le previsioni per agosto
Il 60% dei ristoratori fiorentini che hanno partecipato al sondaggio hanno infatti dichiarato che se entro ottobre non arriveranno aiuti, saranno costretti a chiudere.
Il 35% dei locali che aveva coraggiosamente riaperto è in procinto di riabbassare le saracinesche. Sono circa 500 i ristoranti, inoltre, quasi tutti in centro storico, che chiuderanno per tutto il mese di agosto, vista la carenza di lavoro. Soprattutto chi lavora coi turisti e collabora con gli alberghi non ce la fa a far quadrare i conti.
La situazione sulla costa e nelle città d'arte
Se le città d’arte soffrono di più, anche la costa non sorride, con il lavoro che è concentrato soprattutto nel week-end e non basta certo a compensare le enormi perdite. A livello territoriale, a soffrire di più sono ovviamente le città d'arte, Siena, Pisa e in particolar modo il capoluogo toscano. Il 60% dei ristoratori fiorentini che hanno partecipato al sondaggio hanno dichiarato che se entro ottobre non arriveranno aiuti, saranno costretti a chiudere.
Le richieste di Ristoratori Toscana
“Previsioni foschissime. Chiediamo a gran voce un anno bianco, con rinvio al 2021 di tutte le scadenze fiscali. Altrimenti non riusciremo a sopravvivere”, afferma Pasquale Naccari, portavoce del gruppo, già protagonista, durante il lockdown, di un video virale in cui attaccava il premier Conte e di una battaglia per riaprire le attività a settembre con tanto di flashmob il 28 aprile e incontro con il Ministro Patuanelli. Il problema numero uno, spiega, “è la mancata erogazione del credito da parte delle banche, che prima hanno mandato segnali d’apertura e poi hanno fatto dietrofront. Chiediamo” continua “un urgente accesso al credito. Non possiamo continuare a raschiare il fondo del barile. Chi è in cassa integrazione prende il 40% dello stipendio. In soldoni, si tratta di 5-600 euro al mese coi quali è impossibile andare avanti”. E poi c’è il “dramma del mancato accordo sulle locazioni”. Solo un ristorante su cinque (20%) ha ottenuto una riduzione sul canone di affitto. A tale proposito la richiesta è quella di “fare una moratoria sulla legge Bersani per evitare almeno che chi chiude adesso venga subito rimpiazzato da un’altra attività”.
a cura di Stefano Polacchi