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Sette motivi per cui Gong è il migliore ristorante cinese di Milano e quasi certamente (oppure dovrei dire: quindi) d’Italia, buttati giù dopo una cena entusiasmante. Uno: la classe di Giulia Liu, la patronne. Due: l’ambiente elegante, meneghino-chic, con la vista dalle grandi finestre finalmente liberata dai cantieri del metrò. Tre: il servizio dell’anatra alla pechinese, che non va prenotata come accade altrove ma anzi è protagonista di un intero menu. Quattro: la cucina che va oltre ogni oleografia ma utilizza la Cina, anzi l’Oriente, come punto di partenza (e non è un caso che lo chef sia romano, Guglielmo Paolucci). Cinque: il servizio perfetto, senza mai una sbavatura, e di quanti locali si può dire altrettanto? Sei: la carta dei vini di altissimo livello e un utilizzo intelligente e non intimidatorio del sake. Sette: la classe di Giulia Liu, la patronne. Sì, è una voce che vale doppio.
I motivi per cui Gong è il miglior ristorante cinese di Milano
Attitudine orientale
Che poi parlare di ristorante cinese è quasi una forzatura, ma il mondo della gastronomia vive di etichette e questa è quella che più si avvicina all’essenza di questo locale che trae nome da alcuni grossi gong dorati di onice che incombono sui commensali. Infatti il “sottotitolo” del locale è Oriental Attitude, a esibire un approccio ispirazionale e non dogmatico alla cinesitudine in tavola, che noi italiani abbiamo imparato a frequentare partendo più dall’angiporto che dal salotto buono, e per questo una delle più ricche, grandiose e passionali cucine del mondo è da noi ancora vista come riempipanza a basso impiego di portafogli (ma alto di glutammato). Ma questo, alla fine, è un altro discorso.
Lo stile di Giulia (e della famiglia Liu)
Giulia Liu, che è sorella di quel Claudio che con Iyo e Aalto è ancora l’unico ad aver fatto sbarcare la ristorazione giapponese in Italia sulla stella della rossa, elargita con estrema riluttanza agli etnici italiani, propone una carta ricca di spunti e tre menu degustazione: un Classico a 130 euro che rappresenta un viaggio di media avventurosità sulla rotta di Marco Polo (ma il misto di ravioli è il meglio che si possa assaggiare a Milano in termini di dimsum); un’Evoluzione a 150 che rappresenta una scelta avanguardista e da passaporto pronto (il Carpaccio di wagyu con foie gras e tartufo nero è un raduno di rockstar, e il Raviolo d’oro un omaggio a Milano perdonabilmente ruffiano); quello dedicato alla Peking Duck, su cui mi vorrei soffermare.
La strana storia delle stelle alle anatre
Immediato il confronto con lo Yat Lok di Hong Kong, locale dal decoro di uno spogliatoio di calcetto (dopo la partita) eppure dotato di una stella Michelin da dieci anni. Quel locale è noto per una anatra laccata di indubbia qualità (diciamo pari a quella di Gong?), ma servita su tavoli in formica puliti frettolosamente, sbrigativamente e senza nessuna liturgia. Un po’ di riso in bianco servito a parte (e pagato a parte), salse estruse da anonime boccettine di plastica ingrigite dall’uso e dal tempo, conto decorato da ditate unte. Ma una stella, una stella!
Un menu in tanti atti
Quello dell’anatra in corso Concordia, dove una stella non c’è, è invece un romanzo avvincente, di un Salgari affamato. Prima c’è un torchon di foie gras presentato sotto forma di piccola anatra, con all’interno pera nashi e zest di zenzero, servito con un piccolo shokupan, un pan brioche asiatico piuttosto dolce. Poi una spirituale foglia di shiso rosso con all’interno del ragù di ali d’anatra in casseruola (il piatto si chiama Ya Xun Ya). Quindi il servizio classico dell’anatra, che subisce una marinatura con cinque spezie (anice stellato, chiodi di garofano, semi di finocchio, cannella e pepe) e la cui pelle viene laccata con una serie di procedimenti successivi.
Crespelle, tacos e ragù
Il primo atto è quello delle crespelle, che il cliente farcisce di una salsa di soia e prugna fermentata, di carote, cetrioli e porro tagliati alla julienne e di una fettina di anatra dalla pelle magnificamente croccante, magari passata un po’ nello zucchero, come usa in Cina. Poi il resto della carne viene fatta saltare con brunoise di verdure e servita sopra una foglia di iceberg a mo’ di tacos. Infine il Rou Tang un brodo realizzato con la carcassa che accoglie spaghetti sottili, funghi enoki e broccoli. In mezzo, come interludio, dei ravioli in pasta di cristallo con ragù di anatra piccante, porro, peperoncino e pepe nero di Sichuan. Si chiude, prima del dessert, con un’anatra all’arancia, petto leggermente affumicato e frollato per venti giorni con fondo profumato all’arancia, qumquat e pepe di Sichuan. Il tutto per 125 euro. A Hong Kong mezza anatra senza alcun gadget viene 340 dollari di Hong Kong, ovvero 41 euro al cambio attuale. Certo, il prezzo conta. Ma solo una guida per camionisti reduci da 700 chilometri di statale potrebbe farne l’unico benchmark.
Gong Oriental Attitude - Milano - corso Concordia 8 - gongoriental.com