Nella notte tra mercoledì 5 e giovedì 6 giugno a Las Vegas sarà svelata la classifica dei 50 Best (all'anagrafe The World's 50 Best Restaurants), l'Oscar della gastronomia. Una classifica che ha assunto sempre più importanza negli ultimi anni e che rappresenta una distinzione alternativa a quella della guida Michelin. Per dire, l'anno scorso il primo ristorante italiano in classifica è stato Lido 84 di Gardone Riviera, chef Riccardo Camanini, uno che per la guida rossa francese ha appena un stella e quindi sarebbe il 54esimo d’italiano a pari merito con altri 341 e invece per i giurati della classifica sponsorizzata da San Pellegrino e Panna è il settimo al mondo (il Gambero Rosso, invece, lo premia con tre forchette). Ohibò, come è possibile una simile differenza? Lo è perché le due entità sono molto differenti per metodo e filosofia, anche se alla fine lo scopo è lo stesso, creare una distinzione che si pensa in qualche modo definitiva. Vediamo quindi la guida definitiva alle differenze tra Michelin e 50 Best per dummies.
La gerarchia di 50 Best
La 50 Best è una classifica, mette in fila il meglio del meglio, il numero 1 dovrebbe essere negli intenti dei giurati meglio del numero 2 e questo meglio del 3, e tutti in ogni caso meglio del 17 e del 78. La Michelin invece lavora su categorie (tre stelle, due stelle, una stella, tutti gli altri) e non crea gerarchie all’interno della stessa distinzione. Quindi possiamo affermare che la 50 Best è più selettiva.
La trasparenza
La 50 Best è una classifica che incrocia i voti di 1.080 presunti esperti, di cui non è difficile conoscere i nomi, che esprimono le loro preferenze nel modo che vedremo. La Michelin invece è redatta da misteriosi ispettori che non dànno conto del loro operato. Quindi la 50 Best è "oligarchia", la Michelin "dittatura". E la democrazia? A occhio dovrebbe essere Tripadvisor, Dio ce ne scampi.
Il metodo
Come detto i giurati della 50 Best sono 1.080, 40 per ognuna delle 27 regioni in cui è suddiviso il mondo (l’Italia è una regione, per esempio). Di loro si sa che sono perfettamente divisi per genere (50 uomini e 50 donne, la fluidità non è contemplata), che sono per un terzo chef e ristoratori, per un terzo food writer e per un terzo viaggiatori gourmet certificati (come non si sa) che possono esprimere 10 preferenze con la massima libertà salvo il fatto che devono poter dimostrare di aver mangiato nei locali prescelti. Naturalmente questo finisce per penalizzare le destinazioni più remote. Difficilmente qualcuno indicherà un ristorante del Senegal essendo pochi i visitatori di quel Paese. La Michelin invece non chiarisce i suoi criteri se non indicando i generici obiettivi delle stelle (vale il viaggio, vale la deviazione eccetera).
La filosofia
La Michelin tende chiaramente a premiare ristoranti di impostazione classica mentre la 50 Best, essendo l’espressione di giornalisti ed esperti, dà un grande valore all’avanguardia, alle trovate sceniche, a quelle cose che mandano in visibilio i foodies. Insomma la Michelin parla al grande pubblico (purché benestante), la 50 Bets a una élite. Restando all’Italia, i tristellati che ben figurano sono quelli con un maggiore tasso di creatività (Mauro Uliassi, Niko Romito, Enrico Crippa, Massimiliano Alajmo) mentre non sono presi in considerazione i ristoranti di impianto classicista come l’Enoteca Pinchiorri, Da Vittorio, La Pergola (che a metà giugno riapre), Villa Crespi. Inoltre la Michelin diffida degli standard troppo alternativi. Un posto come A Casa do Porco di San Paolo, in Brasile, con i suoi panini democratici, non incontra i favori degli accigliati ispettori francesi mentre per la 50 Best è il dodicesimo posto dove si mangia meglio al mondo.
Gli sponsor
Tasto dolente. La 50 Best ha una sfilza di sponsor lunga così, a partire da San Pellegrino e Panna che hanno inventato la classifica, e anche se gli organizzatori garantiscono l’assoluta indipendenza di giudizio dei giurati, non è chiaro come questi vengano scelti e se non possa esserci qualche pressione alla base, essendo un ruolo molto ambito. La Michelin invece è sponsor di sé stessa, ma non vendendo cibo o alcol ma pneumatici è più al riparo da sospetti di conflitti di interessi.
La hall of fame
Ultima differenza è costituita dal fatto che da qualche anno la 50 Best esclude dalla classifica i vincitori degli anni precedenti, inseriti in una lista a parte, ciò che falsa un po’ la gerarchia. Massimo Bottura, che ha vinto, unico italiano, la 50 Best nel 2016 e nel 2018 sa già che quest’anno non sarà in lista, ma verrà comunque venerato come un maestro anche se dovesse dimenticare anche come si fa un uovo poché. La Michelin invece non garantisce rendite di posizione.