L’impresa prosegue e l’ormai conosciutissimo Davide Longoni, una laurea in Lettere e panificatore inizialmente per passione, apre, dopo i punti vendita Tiraboschi, Santa Maria del Suffragio, Bronzetti, Mercato Centrale e San Michele del Carso, a cui si deve aggiungere il laboratorio di via Tertulliano, un nuovo forno a Milano, in Piazza Piemonte di fianco allo storico Teatro Nazionale e ai primi grattacieli di Milano, i bellissimi palazzi gemelli. «Una piccola bottega di quartiere piena di cose buone - scrive uno dei nomi della panificazione moderna italiana - dal nostro pane sull’iconico muro del pane, ai prodotti di pasticceria, fino ad arrivare ai biscotti e gli altri prodotti da scaffale».
Il nuovo di Davide Longoni a Milano
Sulle cose buone non c’è dubbio, visto che l’attività prosegue e si sviluppa senza interruzioni: «Siamo cresciuti tanto perché ci siamo radicati bene in città. Siamo diventati con gli anni un punto di riferimento per i residenti dei diversi quartieri dove siamo approdati. In ognuno di essi abbiamo trovato clienti e operatori che hanno capito il nostro messaggio». Che è sempre lo stesso dall’inizio: «Per me alla base di tutto c’è la volontà di stravolgere l'immaginario comune legato al pane, per inserirlo in una nuova dimensione sensoriale, fatta di sapori e profumi non ancora varcata. È iniziato così il mio percorso, fatto di ricerca e con 3 fari a illuminare la via: lievitazione naturale, farine biologiche macinate a pietra e pane di grande formato. Perché? Perché così è tutto più buono».
Un format leggermente diverso
Il formato sarà leggermente diverso, simile a quello sperimentato con il punto vendita di San Michele del Carso: «Un piccolo negozio, 25 metri quadrati, dove concentrare il meglio dei nostri prodotti: il nostro pane, ovviamente, sia quello di tuminia, fatto con una serie di grani duri siciliani macinati a pietra, che quello agricolo, pagnotte di grandi formati a lievitazione naturale, fatte con grani di filiera, i dolci e anche una selezione, sebbene più piccola, di focacceria».
Del resto, Longoni punta sulla ricerca, di grani innanzitutto, e da anni coltiva segale e farro per il suo pane e gli altri prodotti in vendita nelle botteghe della periferia di Milano, nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle, un’area che il comune di Milano ha messo a bando dopo anni di abbandono, ma che possiede una vocazione agricola secolare per merito dei monaci cistercensi che bonificarono l’area rendendo possibile la coltivazione di terreni un tempo malsani e acquitrinosi.
Crisi? Ma quale crisi
A parlargli di crisi dovute al rialzo dei prezzi della materia prima, Davide, non ci sente: «È chiaro anche il nostro pane è aumentato un po’, ma mai tanto da far passare la voglia di acquistarlo ogni giorno. E poi bisogna anche vedere che cos’è che compri. Nei nostri negozi un gesto antico come comprare il pane si rinnova quotidianamente». E, infatti, l’obiettivo è non fermarsi: «L’idea è quella di crescere ancora un po’. Magari altri due o tre negozi e poi direi che saremo arrivati al punto di equilibrio. Del resto, tanti panifici sono scomparsi con l’arrivo del pane nella grande distribuzione. E per troppo tempo il rinnovamento di offerta non c’è stato. Idealmente ne vorrei uno in ogni quartiere: i panifici diventano dei luoghi di relazione che fanno stare meglio la comunità».
La sfida dei Panificatori Agricoli Urbani
Ma la sfida di Longoni non si esaurisce con i forni. La sua vena umanistica è alla base del progetto PAU, Panificatori Agricoli Urbani. Si tratta, in pratica, di panificatori che conoscono l’arte del pane, che si prendono cura di tutelare l’ambiente dove nasce la materia prima, i cereali, e che ritengono il ruolo delle città fondamentale nel dettare le scelte agricole.
Un manifesto racchiude in dieci punti i valori e gli obiettivi dei PAU, disegnando il ruolo del panificatore come attore all'interno di una filiera complessa, che riunisce in un prodotto semplice, il pane, un impasto di acqua, cereali e sale, tanti soggetti, contadini, titolari di mulini, rivenditori, e manda un messaggio preciso ai consumatori: non ci sono segreti di ricette e si fa rete per conoscere appieno il prodotto, perché il mondo del pane sta cambiando e continuerà a farlo se panificatori, agricoltori e mulini lavoreranno insieme.