Che lo si reputi un fenomeno positivo o meno, la sostanza non cambia: l’inarrestabile processo di gentrificazione dei centri storici sta trasformando per sempre il volto delle nostre città, mutandone la demografia e di conseguenza portando un’evoluzione anche nell’offerta ristorativa. Nelle grandi città turistiche molti quartieri popolari oggi vengono trasformati e rivalutati, in un fiorire di appartamenti tolti dal mercato per diventare B&B (a volte, con conseguenze disastrose nel tessuto sociale delle grandi città come Firenze, Venezia, Bologna) che si accompagnano a nuove aperture ristorative spessp appartenenti a quel filone della “tradizione rivisitata” che ormai è la cifra stilistica della contemporaneità gastronomica, convincendo tanto lo straniero quanto il locale.
Ma le città sono esseri viventi complessi, e per un quartiere che “muore”, ce ne è spesso un altro che nasce, che passo dopo passo conquista la propria identità e si afferma. Ne sono chiaro esempio zone quali Dumbo a Brooklyn (New York), Shoreditch a Londra, Pigalle a Parigi oppure a Berlino la zona di Kreuzberg, e perché no, anche l’ormai celebre NoLo (North of Loreto) a Milano. Ma se certe metropoli hanno intrinseca, nel proprio Dna, l’attitudine al rinnovamento, è più difficile immaginare che un processo di questo tipo si possa verificare in città come Firenze, che nell’immaginario collettivo si riduce al centro storico nel suo stile medioevale/rinascimentale, dove da anni continuano a fiorire nuove aperture di livello di ristoranti e hotellerie come nel caso di Chic Nonna o del nuovo corso del Fours Seasons. C’è, però, una città parallela che cresce e si sviluppa, proponendo una ristorazione alternativa sempre più degna di nota, Firenze Nord, per esempio, dà spazio a una nuova generazione di chef e di imprenditori spesso di origine straniera, motivatissimi a portare la loro proposta fuori dalla nicchia dell’etnico per andare in direzione di un fine dining che coinvolga e conquisti in maniera trasversale pubblico e critica
Il rinascimento di Firenze Nord
Uscendo dall’autostrada al casello di Firenze Nord e guidando verso il centro storico ci si trova ad attraversare una serie di vialoni paralleli (viale Guidoni, Via Baracca, Via di Novoli e più avanti Viale Redi), per anni semplici arterie di scorrimento che un tempo segnavano i quartieri popolari sorti intorno all’area Fiat di Novoli, sognata negli anni 30 come polo industriale della città, quando il settore secondario pareva dover essere il motore economico del paese. Di quel quartiere dormitorio, smantellato anno dopo anno negli ultimi decenni, ormai restano soltanto i resti (l’ultimo colossale mostro di cemento - il panificio militare - è stato abbattuto in estate ed è oggi un cantiere), e al suo posto è sorto un mondo nuovo, dove al fianco di costruzioni moderne come il palazzo di giustizia o il polo universitario delle scienze sociali, spiccano anche progetti di rivalutazione urbana di spazi pre-esistenti come la Manifattura Tabacchi o gli ex uffici delle ferrovie divenuti sede del primo The Social Hub cittadino.
In questa vasta area urbana in fermento c’è poi una sottozona, che potremmo racchiudere nel triangolo tra Piazza Puccini, Piazza San Jacopino e il Polo Universitario di Novoli, dove non solo l’urbanistica progredisce, ma c’è anche un interesse crescente per l’offerta locale a livello ristorativo. Per la prima volta i fiorentini scelgono di uscire nel quartiere e senza spostarsi verso il centro storico, accogliendo anche clientela da altri quartieri. A realtà ormai consolidate come “Pane, Amore e Fantasia” di Lulzim Vulashi, imprenditore di origini albanesi che ha aperto con successo una via di mezzo tra una gastronomia di lusso e una champagneria (la seconda collezione di champagne in città dopo Pinchiorri) oppure la storica sede di Giotto, la pizzeria di Marco Manzi, Tre Spicchi nella guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso, oggi si aggiungono nuovi progetti che finalmente vogliono allineare l’offerta locale a quella del centro, tra grandi sale, cucine a vista, carte dei vini di livello. Ma con un’identità etnica che potrebbe rendere questo quartiere un laboratorio. Negli ultimi mesi sono due le nuove aperture ad aver attratto l’attenzione, ve le raccontiamo in un parallelo perché crediamo che possano fungere da binario per intercettare un possibile sviluppo.
Sevi: la cucina peruviana di Firenze
E passato poco più di un anno da quando il giovane chef peruviano Francys Salazar aprì la prima sede di Sevi, e da allora già tutto è cambiato. Salazar, allievo tra le altre cose dello chef Fabio Barbaglini (che in città ha seguito le cucine di La Menagere, Gilli, Paszkosky, solo per citarne alcuni), si era fatto notare sulla piazza cittadina quando gestiva la proposta di S’BAM Ceviche & Cocktail sulla terrazza di The Student Hotel in tandem con l’allora Bar Manager Luca Manni. Una mano sicura la sua, incentrata sulla cucina nikkei, ma anche sui piatti più tradizionali della nazione sudamericana. Dopo l’esperienza da dipendente, insieme alla sua compagna di vita e di affari Jhoseleen Condori (che segue la sala), ha deciso di mettersi in proprio, aprendo a due passi dal polo universitario di Novoli il suo piccolissimo ristorante di cucina Nikkei. A Firenze la proposta di ristoranti peruviani non manca, ma fino a oggi la maggior parte di essi erano rimasti confinati alla comunità (eccezion fatta per El Inca, storico indirizzo cittadino) spesso con un’offerta che potrebbe assimilarsi a quella di un’osteria o di una trattoria, con piatti della tradizione serviti in porzioni abbondanti e a poco prezzo. Il coraggio di Savi invece è stato di parlare fin da subito anche al pubblico italiano, con una proposta ambiziosa, presentata bene e con prezzi in media con la ristorazione italiana di pari livello.
Dal Ceviche realizzato con pescato del giorno, leche de tigre, ají limo, coriandolo, cancha, choclo, purea di patate dolci e cipolla marinata, a piatti meno noti come la Tartare Acevichado, tartare con tonno, ponzu, cialda di riso e polvere di alghe nori, oppure il Polpo Anticuchero, polpo marinato e scottato, salsa all’ají panca, chimichurri, patate e salsa huancaina, spaziando poi tra i piatti di carne e vegetali (imperdibile La Causa). Un successo tale che ha portato la coppia a fare il salto, prendendo un ristorante molto più grande in Via Maragliano (meno di un km dalla vecchia sede) e a ristrutturarlo per aprire il primo ristorante dal taglio andino della città, con una spiccata ambizione verso l’inclusione, che si evince già dalle grandi vetrate su strada e dalla cucina a vista. Il menu per il momento è molto simile a quello della piccola sede iniziale, ma le aspettative sono alte, e chissà che dopo un periodo di assestamento iniziale, non ci sia anche spazio per sperimentare.
Sevi - Firenze - Via Maragliano, 24 - 334 992 6470 - Pagina Facebook
Il Gusto di Xinge, l'evoluzione di Il Gusto Dim Sum
Porta a Prato era una delle storiche uscite dalla città prima che nei brevi anni di Firenze capitale le mura medioevali fossero abbattute per lasciare spazio ai viali di circonvallazione. È proprio alla convergenza di due viali che è nato, qualche anno fa, un piccolissimo ristorante di cucina cinese, Il Gusto Dim Sum, sogno di una giovane imprenditrice, Xin Ge Liu, arrivata in Italia inizialmente per lavorare nel settore dell’alta moda, grazie agli studi al Polimoda. Anche in questo caso la sede storica del ristorante era molto piccola, poco più di un bancone dietro cui venivano preparati i piatti, ispirandosi in parte alla tradizione dello street food asiatico. Ma se sulla preparazione dei Dim Sum non ci si allontanava dalla tradizione, con passaggio in olio d’arachidi e poi la cottura al vapore, sui ripieni si è sempre voluto spaziare con sapori che unissero Asia ed Europa, come nel caso di maiale e riccio di mare, maiale e foie gras, maiale e capesante o maiale e tartufo, solo per citarne alcuni. Accanto a questi piatti trovano spazio anche piatti di verdure, per esempio l'insalata 4 felicità, o piatti di carne, come lo scenografico “pollo shibari” che un’anno fa fece molto parlare. Apprezzato sia dai clienti che dagli addetti ai lavori (Vito Mollica prima dell’apertura di Chic Nonna aveva firmato un piatto del menu) il piccolo locale ben presto non è stato più sufficiente per evadere tutte le prenotazioni, e quando si è liberato un grande spazio sullo stesso viale, l’occasione è stata colta al volo. Dopo una ristrutturazione audace è nato Il Gusto di Xinge, ristorante dalla spiccata identità, con due soli colori a contraddistinguerlo: l’arancio e il blu.
Qui, dove gli spazi non mancano, è stato allestito anche un cocktail bar di livello all’ingresso, chiamato Drinx (tra le novità di FCW23) e affidato alle abili mani di Alessia Di Bartolomeo. La proposta di cucina, anche in questo caso, per il momento resta in linea con quella che aveva conquistato i fiorentini e non solo, ma già si ragiona di un’evoluzione che passi da un sempre maggior controllo della filiera (in atto delle collaborazioni con aziende agricole innovative) e sulle cotture delle carni. Non a caso, l’altra grande apertura di questa audace imprenditrice poco più che trentenne è un banco al Mercato Centrale di Firenze, chiamato Rotisserie888, dove svettano le anatre alla pechinese appese in bella vista. Un piatto sempre apprezzato della cucina asiatica che potrebbe a breve trovare il suo spazio anche negli impiattamenti gourmet del ristorante.
Il Gusto di Xinge - Firenze - Viale Belfiore, 2 - 320 968 1806 - https://ilgustodixinge.com
a cura di Federico Silvio Bellanca