Ha iniziato a Viterbo, istigata da un suocero lungimirante e affiancata da un marito complice a tutto tondo, e il suo primo exploit è stato portare alla grande sotto i riflettori della critica nazionale un risto-wine, l’Enoteca La Torre, e lanciare sui medesimi palcoscenici un allora giovane chef giapponese debuttante e di belle speranze: Noda Kotaro.
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Villa Laetitia. Foto: Aromi.group
Poi il trapianto del brand a Roma, a Villa Laetitia, secondato da un altro incontro stimolante: quello con Anna Fendi; quindi la dilatazione duplice a Capalbio (il circolo esclusivo La Macchia e il nascente super stabilimento - con lounge bar e ristorante - Dogana, il cui debutto è ovviamente soggetto ai lacci e le catene dell’era Covid); e infine, in parallelo, lo sviluppo di un progetto di catering ad alto target, con decollo folgorante e parabola vincente. Tutto questo facendo sulla carta di mestiere l’ingegnere - “Ma” precisa sorridendoci su lei “poi nella squadra sono io la creativa e 'prendi rischi', e mio marito il razionale e sistematico. È andata così…”
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La Macchia a Capalbio
E non è andata male, se la macchina soffice messa su da Silvia Sperduti, fiancheggiata nella vita e nel lavoro da Michele Pepponi, nel 2019 era arrivata a intravvedere gli 8 milioni di fatturato, con prospettive di crescita verticale per il 2020, 120 dipendenti, contratti esclusivi in essere con grandi brand della fashion e dell’alta imprenditoria, e un calendario già stracolmo.
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Villa Laetitia
Questo prima del lockdown che ha bloccato tutto e tutti, e che, nonostante le tante domande ancora in sospeso, sembra vedere ora la sua conclusione: l'ultimo Decreto del Consiglio dei Ministri annunciato da Giuseppe Conte la sera del 26 aprile, allenta infatti la morsa e concede una riapertura che per il comparto si rivela cauta, con la ripresa dell'asporto a partire dal 4 maggio e la riapertura dei ristoranti il primo giugno. Qualcuno aveva creduto che i tempi sarebbero stati più rapidi, quando la Commissione Colao per la riapertura ha assegnato un livello di rischio “medio basso” ai ristoranti, ma sono in molti a chiedere a gran voce di attendere che i tempi siano maturi mentre si moltiplicano le iniziative di protesta, siano essi scioperi simbolici o flash mob.
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Silvia Sperduti. Foto: Aromi.group
Come ci si sente a passare da 900 eventi in carnet, e parabola puntata in verticale in su, a zero assoluto?
Più o meno come essere alla guida di un Alta Velocità lanciato a 350 all’ora, e trovarsi davanti, a un certo punto, invece dei binari un muro. Davanti a noi si è materializzato già a fine gennaio.
Ah, in netto anticipo…
Si proprio quando sono spariti dai radar gli asiatici: clienti fondamentali al ristorante gourmet romano, ma più ancora target pilastro di tutti gli eventi d’alta moda che avremmo dovuto gestire. E pensare che l’inizio d’anno era stato pazzesco. Mai così forte e bene, mai così roseo il futuro
E invece…
E invece è iniziata la cascata. Il 14 febbraio, giorno fatidico, ci hanno annullato un evento moda monstre di fine maggio, e contemporaneamente la casa ci ha fatto sapere di aver bloccato tutti i viaggi per sei mesi. Da lì una cancellazione via l’altra, eventi corporate in serie perduti. Il 24 febbraio, come si direbbe ora, il picco: in 12 ore è volato via un milione e mezzo di fatturato.
In 12 ore?
In-dodici-ore!
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Villa Laetitia esterno
Cosa è rimasto dello start così importante a inizio anno?
Il doloroso compito di dover convincere noi (noi!) i clienti privati – l’altro nostro filone, meno pesante in bilancio del moda & lusso, ma curatissimo e coccolatissimo – ad annullare le cose fissate in aprile… Gente che non voleva rassegnarsi a non sposarsi, a non festeggiare i 18 anni d’un figlio o una figlia.
Siete riusciti a “proteggere” almeno una parte delle perdite?
Abbiamo dei clienti affezionati e straordinari. Uno che ha annullato un evento da 1800 persone con le provviste già acquistate e in cella, ha deciso di pagarci le spese. E il food – tanto! – l’abbiamo dato in donazione, di comune accordo.
Cosa è rimasto del carnet strapieno?
Piccole cose a settembre. Che vogliamo salvare.
La prima cosa fatta dopo il diluvio?
Mettere in sicurezza la squadra. Abbiamo scelto di pagare due mesi di stipendio a tutti, perché vivere di Cig per una famiglia con figli all’università, o un divorziato che paga due affitti, non è proprio cosa.
Il fondo perduto invece del Governo lo avete fatto voi per il vostro team…
Due assegni mensili interi li abbiamo messi nel rosso del nostro conto.
A tal proposito, le linee di credito per le aziende: stanno funzionando?
Il nostro passato impeccabile ci aiuta. Diciamo che per chi ha il nostro ruolino è più facile accedere. Certo, nessuno ti darà mai – altro che chiacchiere – dalla sera alla mattina i 2 milioni che sarebbero il 25% famoso del nostro fatturato. E intanto io debbo pagare fornitori, leasing, immobili… Abbiamo fatto i conti, puntato sulla velocità, fatto una richiesta più contenuta, un nuovo business plan, ci siamo strutturati per mensilità dal restart. Secondo quando si ripartirà, abbiamo concordato un ammontare variabile.
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Villa Laetitia
Avete quattro attività: qual è la road map per la ripresa?
Ripartiremo da Capalbio. Con Macchia e Dogana recupereremo forza lavoro rimettendola in pista. E per il catering, l’idea mi è venuta da quel che sto leggendo sul fenomeno del delivery. Noi nel nostro spicchio siamo cresciuti non solo per la qualità altissima del cibo – fondamentale ovviamente, e curata magistralmente dal nostro executive per quel settore, Francesco Rivoglia, mentre Domenico Stile e la sua cucina sono il nostro asso nella manica in Enoteca, a Villa Laetitia (coadiuvati in sala da Rudy Travagli, ndr) – ma per il contesto e il resto del servizio che forniamo. Abbiamo una clientela di altissimo target ed esigentissima, perché professionista del bello e dello smart. Insomma, se metto una mia vaschetta cuki contro quella di un genio come Alajmo – che amo – magari d’impatto non vinco. Ma dove forse la spunto è nel vendere un’esperienza, completa e col fiocco. Allestimento, galateo, dettagli, precisione, set up. Il motto del Catering Enoteca la Torre è “B the Party”. La festa sei tu.
Già, ma… ci sarà la festa?
Noi siamo convinti che la gente inviterà a casa, appena potrà, appena sarà permesso, perché vorrà rivedere gli amici, le relazioni. Non grandi feste, numeri medi, ma voglia di star bene e voglia di affetto. E il nostro progetto, già nel cassetto, sta per decollare con tutta l’urgenza del caso.
Eccolo dunque il nuovo business plan di un grande catering. Piccole feste a domicilio di alto livello per i tanti che ancora se lo potranno permettere e vorranno legittimamente godersi la ripartenza. Come funzionerà?
Porteremo tutto. Prevederemo tutto. Senza che fisicamente debba esserci nessuno dentro. Consegniamo il menu con istruzioni semplici e assistenza in videocall pesata passo passo, dall’allestimento alle piccole esecuzioni. L’american bar ora è fortissimo; e abbiamo messo su un laboratorio di mixology (la tecnica l’abbiamo largamente sperimentata a La Macchia) da cui è uscito un prodotto semipronto upper class, già imbottigliato e in bottiglie super, cui mancano solo il ghiaccio e la decorazione, anche lei pronta e allegata.
Set up della tavola, galateo e buffet sono le priorità. Provvederemo a organizzare gli spazi, a consigliare come sistemare stanze e buffet, in videocall con l’allestitore. Tutto sarà all’insegna del bio e della sostenibilità, a cominciare dalle box monouso (bellissime) che useremo e dalle bag di carta per i fiori. Ma restava fuori una cosa. Non piccola. Un bel problema.
Quale cosa?
L’impiattamento. Io posso darti il paradiso, ma se tu lo butti in una scodella come capita, o non sei più che abile, l’effetto va a picco. Serviva un uovo di Colombo. L’ho trovato. Si chiamano “Eat Me Box”, scatole attrezzate in cui in America dispongono scenicamente gli sfizi per uno spuntino.
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L’evoluzione chic & smart della scatola di salatini coi divisori dentro…
Ecco: un po’ sì, ma davvero tanto chic & smart, come penso raccontino le immagini. Così uno riceve, legge, dispone, apre e… i giochi sono fatti. Domani avrà anche meno da far ripulire. Poi ovviamente c’è anche il piano B.
Ovvero?
Il superchef a casa, quando si potrà, anche per 5-6 persone, con tanto di porcellane, tovaglie, alzate da sogno, e via andare. Ora puntiamo – lo sappiamo, siamo coscienti – sui piccoli numeri, che prima valevano una fetta ridotta del business, e adesso diventano importanti.
Basteranno?
Non a fare quel che facevamo. Certo non subito. Ma ho fiducia. La mia clientela è fedele e pronta, con molte aziende abbiamo accordi quadro, non per da cosa spot. Tireremo per un po’ la cinghia, i nostri 120 non lavoreranno tutti, ma a turno, con cassa a rotazione, e sarà meno dura per tutti. Noi non vogliamo perderne uno. E non voglio perdere la luce che ci illuminava. Non posso finire nell’oblio per 4-5 mesi. Imperativo: esserci.
Il mare aiuterà?
Sì, certo. La Macchia è un club privato, una grande villa, pochi accessi, mantenere distanze e regole sarà più semplice, e sperimenteremo anche il nuovo modo di esser sociali e comportarci; forse lì non serve neanche l’app…
E la Dogana?
Le 180 ombreggiature diverranno meno: 100, 120… Ma la terrazza è enorme, la spiaggia c’è, il lounge lo moduleremo. Regoleremo i flussi. E aspetteremo. Sappiamo farlo. Noi vogliamo vincere.
Enoteca La Torre a Villa Laetitia - Roma - Lungotevere delle Armi, 22 - 06 45668304 -www.enotecalatorre.group
La Macchia - Capalbio (GR) - 0564 1643263 -www.circololamacchia.com/
Enoteca La Torre Catering – Roma – Via Montebianco, 72 – 06 8719631 – www.enotecalatorre.group
a cura di Antonio Paolini