Due ristoranti all'attivo, uno a Londra e uno a Mosca, e altri in arrivo: Emanuele Pollini è uno dei grandi nomi della cucina italiana nel mondo. La sua base operativa è Oltremare, nella capitale Russia, dove è arrivato quasi 10 anni fa, alfiere di Carlo Cracco che qui ha aperto Ovo al secondo piano dell’Hotel Lotte. Talento e intraprendenza l'hanno portato nel 2020 a viaggiare in autonomia, dopo un lungo percorso al fianco dello chef vicentino. La Russia è entrata nel suo cuore, al punto da decidere di farne la sua sede stabile, anche se le sue attività non vedono confini: le prossime aperture (sempre con lo stesso gruppo) lo vedranno impegnato ancora a Mosca, Los Angeles, Dubai, Marbella e non potrebbe finire qui: «si stanno aprendo altri orizzonti in Arabia Saudita e a Londra con un altro concept più orientato alla cucina di mare e con le classiche tradizioni della cucina italiana».
I quattro anni come resident di Re Carlo, con cui aveva già lavorato in Victor Hugo e poi nell'apertura di Carlo e Camilla in Segheria, lo hanno fatto crescere molto, soprattutto nella definizione di un concetto di cucina italiana all'estero senza compromessi né protagonismi ma riuscendo a combinare tradizione e originalità, con twist che non ne tradiscono l'anima più autentica. «Sono di Cesena – dice – noi romagnoli siamo attaccati a certe cose». Racconta di un'infanzia trascorsa a casa delle nonne, sia sul litorale che in collina e tra cucina di mare e cucina di terra, e di come quell'eredità sia oggi messa a frutto in una cucina concreta, solida, centrata tutta sul prodotto. «La mia cucina è tornata sul principio del mangiar bene con prodotti di altissima qualità lavorati benissimo, ritrovando i sapori con cui siamo nati, quelli di osterie e trattorie che davano prodotti di eccellenza, quelli di contadini e macellai di fiducia, lavorati con le nostre ricette classiche». Parla di pasta tirata a mano, passatelli e di lasagne. Ma la sua ispirazione non si esaurisce lì, «ho preso da diverse cucine regionali italiane», non solo quelle, però, perché il paniere da cui attinge è vasto e non mancano materie prime legate ad altre culture gastronomiche, come quelle orientali: lo spaghettino con ricci e yuzu kosho ne è un esempio emblematico.
Come la mettiamo con l'embargo?
Il secco è sempre importabile: pasta, conserve (pomodori, capperi eccetera) non sono sotto sanzione, almeno per ora...
Il fresco invece?
Il fresco può entrare dai Paesi a sud della Russia come Azerbaigian, Uzbekistan, Georgia e dai quelli asiatici come Cina, India e Africa. Ora hanno bloccato il Giappone.
Come riesce a lavorare, allora?
Nella storia della Russia ci sono state molte guerre e tante sanzioni: la gente qui si è sempre adattata, rimboccandosi le maniche.
In che modo?
La Russia è una nazione vastissima e in tutta l'area ci sono regioni con un clima mite; le produzioni in quelle zone stanno crescendo molto. Per esempio ci sono pomodori uzbeki dolci come non si trovano da nessuna parte, neanche in Italia. E non solo in estate, perché lì il clima è caldo durante tutto l'anno.
Ma quale è la situazione a Mosca dall'inizio della guerra?
Inizialmente c'è stato molto sconforto, c'erano demoralizzazione e tristezza perché questa situazione non fa bene a nessuno, ma poi la vita è ripresa, la gente si è rimessa in carreggiata per fare il possibile per vivere bene. Non ci sono né orsi né killer qui. La città va avanti, anche perché non è che spegni le luci e vai via chiudendoti la porta alle spalle.
Quindi le persone hanno ripreso la vita normale?
All'inizio c'era un po' di timore, con la prima mobilizzazione molti giovani sono andati via, altri avevano preso questo momento per allontanarsi dalla Russia. Poi tutto è tornato alla normalità, vita sociale, ristoranti, club e sport. Insomma tutto come prima.
E il turismo?
Ovviamente ne ha risentito, ma sta tornando anche quello, soprattutto dalla parte asiatica come Cina o Emirati Arabi che sono molto influenti. Alla fine la situazione qui non è diverso da prima.
Come si vive da italiani in Russia?
Sono un popolo molto aperto, che accoglie lo straniero a braccia aperte, l'italiano in particolare. Siamo molto simili come persone: ci piace mangiare bene, vivere bene, trovare sintonie, stare in amicizia. È un popolo che bisogna scoprire. Non è come viene raccontato.
Aprire una attività è complicato?
Se sei straniero e ti fiondi qui ci sono difficoltà, come nelle altre nazioni; se sei un investitore è un discorso ma se vuoi aprire una attività tua devi avere una connessione con la nazione, come in molti altri paesi. Poi ci sono difficoltà di ordine pratico, ma si risolvono, per esempio una cucina italiana puoi prenderla in Turchia dove non ci sono sanzioni. In questo periodo si sono evolute tante compagnie di Paesi da cui possiamo comprare direttamente quel che ci serve, sono più veloci, più economici e possono customizzare. Chi può vendere alla Russia sta crescendo, a livello di prodotti, offerte, tecnologia, qualità.
Come va la ristorazione italiana a Mosca?
Benissimo! Ci sono tanti ristoranti italiani e altri che non si definiscono italiani ma hanno tanta Italia in menu.
Il livello com'è?
Molto alto, in alcuni casi c'è molta più Italia qua di quanta ne posso trovare quando vengo in Italia. Trovi qualità, tradizionalità, precisione.
E viene capita dal pubblico?
Considera che le persone che vengono qui hanno passato una vita nei migliori ristoranti italiani, qualsiasi cosa gli dai hanno già mangiata al meglio in Italia. Che sia una carbonara o una lasagna: il cliente che abbiamo conosce la tradizione vera. Prima poteva esserci quello non acculturato che con una carbonara con la panna, pure senza uovo, era a posto. Ora non è così: quando vengono gli piace sapere le cose, capire se quel che sanno loro è giusto. Sono sul pezzo, a volte molto più in Italia.
Quali sono i locali che vanno di più?
Soprattutto quelli che si possono trasformare in un club, la gente va sempre meno nelle discoteche ma preferisce posti in cui si va per mangiare dove dopo una certa ora si può ballare, magari anche con zona riservata per i top clienti.
Qualche nome?
Un posto molto carino e con una grandissima atmosfera è Big Wine Freak, lo ha aperto 7 o 8 anni fa una designer italiana. Apre dopo le 18, ha una bella atmosfera, una grandissima lista di vini soprattutto italiani e francesi, anche ha etichette difficili da trovare perché loro stessi sono importatori, e fa una cucina mediterranea con un po' di Francia e Spagna, e molti snack. La gente si ritrova per bere qualcosa, mangia qualche snack, ascolta musica e verso fine serata il locale diventa un club.
I suoi posti preferiti?
A parte questo Big Wine Freaks, i ristoranti con una cucina molto semplice, o con snack fatti con prodotti di eccellenza, come pane e pomodoro buono, acciughe del Cantabrico.
La vostra proposta invece?
Tanto pesce, anche crudo, abbiamo scampi, ostriche o tonno akami giapponesi, branzino selvaggio dal nord del Marocco, che poi è sud della Sicilia, cappesante e ricci di Murmansk o di Sachalin.
E poi?
A parte i crudi, la pasta va tantissimo, soprattutto le paste tradizionali, ma piaciono anche l'ossobuco alla milanese o qualche piatto un po' diverso come i cannelloni con vitello e animelle, porcini e tartufo nero o la pasta ricci con yuzu kosho e bottarga.
Il pesce è un vostro punto forte
Sì. Lavoriamo pesci interi selvaggi: branzini, pagelli, sogliole e astici. Facciamo a peso, ma magari ne prepariamo metà crudo o in insalata e il resto al forno, con patate e pomodorini o cipolla, alla ligure.
Detto così sembra molto semplice...
Il nostro vantaggio è che abbiamo mestiere, sappiamo fare le preparazioni classiche italiane. Se arriva un cliente che ha mangiato uno spaghetto con le sarde in Sicilia, e ce lo chiede, noi lo facciamo anche se non è in menu. E lo facciamo come Dio comanda. Questo per il cliente è un plus non da poco.
Ma spesso i ristoranti hanno un loro menu e da quello non si scappa
Infatti, anche a me è capitato che mi dicessero di no quando ho chiesto delle variazioni mentre ero in Italia. Secondo me è una limitazione molto grande: siamo nati per accogliere le persone, nel ristorante il cliente va per godere di qualcosa, non per imparare: Nei limiti delle possibilità, le richieste si devono esaudire.
Questo è il focus del ristorante?
Quando ho creato questo posto mi sono chiesto prima di tutto cosa voglio io quando vado a mangiare fuori, ed è la domanda che si dovrebbero fare tutti i cuochi, mettendo l'ego da parte e pensando alle cose che ti fanno stare bene a tavola. Con un menu così posso mangiare un anno venendo qua tutti i giorni.
Avete tanti piatti?
Ci sono una 90ina di piatti in menu, sono aumentati piano piano;; ma oggi quasi la metà dei clienti fa ordini speciali, che sia solo una modifica o un piatto ex novo.
Questo è il futuro della ristorazione?
Bisogna andare verso una cucina che si può mangiare tutti i giorni, e poi perfezionarla tutti i giorni. Per carità: non devono mancare i Mozart della cucina che per fortuna abbiamo, come Romito, Cracco Bottura. Ma le persone devono capire che quelli si contano su due mani, non è che in ogni ristorante ce ne è uno. Si deve capire quel che vuole la gente.
Dunque il vostro è un grande ristorante borghese?
Sì, si può definire così. Le cose fancy con guarnizioni nei piatti che fanno perdere tempo, quelle a me non interessano adesso.
E alle persone a Mosca interessa il fine dining?
Qui piace che il posto sia bello, importante, in Italia magari le persone se ne fregano, anzi magari fanno folclore posti di design, mentre a Londra ci sono locali belli ma le strutture sono quelle, qui no, non ci sono limiti. Se fine dining significa un posto buono con apparecchiatura e servizio precisi, con opere d'arte alle pareti, ok su quello ci siamo.
Per quanto riguarda la cucina, invece?
Non molto, quando c'era molto turismo e venivano la Michelin e le altre guide, c'era un po' più di fermento, più posti con menu degustazione. Io stesso nel 2020 avevo un posto così, con una ventina di posti e un menu di 14 corse di cucina italiana con contaminazioni, e andava tanto.
Poi cosa è successo?
Poi la Michelin è uscita, sono diminuiti i turisti e c'è stato un calo di questa tipologia di ristorazione, molto costoso e poco sostenibile. Qui la gente ha voglia più di parlare e stare in compagnia; in certi posti a volte l'aspetto conviviale si perde, se non sai bilanciare rischi di spendere 500 euro e sentirti come a lezione di cucina.
Adesso?
Ho 140 posti dentro e altri 70/80 fuori, per l'estate, considerando anche le stanze private e noi siamo dalle 150 alle 250 persone. La spesa media è intorno ai 150-250 euro, con quella ce la fai a prendere 2 o 3 piatti e un bicchiere di vino.
Sul fronte vino invece?
Abbiamo vini italiani e francesi, la nostra sommelier è stata premiata come migliore di Russia, siamo anche stati riconosciuti come migliore wine list da Wine Spectator.
Come è la vostra cantina?
Abbiamo grandi etichette classiche, che vanno sempre, poi ci sono anche cose più interessanti. Ma soprattutto abbiamo 25/30 camerieri e 4 sommelier pronti a fare abbinamenti, facciamo tasting tutti i giorni, sanno come strutturare un menu su misura, anche grazie al Coravin. Qui le persone sono abituate a bere tanto e molto bene, e conoscono i vini: mi spingo a dire molto più che in italia.
I vini russi come vanno?
Sì, abbiamo qualcosa. Si stanno evolvendo tanto e stanno tirando fuori prodotti molto interessanti, in collaborazione con enologi italiani o francesi. Nel sud della Russia le temperature sono come in Italia, e con una giusta tecnica in cantina e in vigna si possono avere risultati molto competitivi.
Sono più economici?
In genere hanno prezzi più bassi anche per via dei dazi, ma si va anche sopra le 100 euro a bottiglia, il mio parere è che a volte esagerano un po' sul prezzo ma sono un grandi prodotti, paragonabili a grandi etichette di altre zone.