Insieme alla cucina dei bouchon di Lione è l’unica cucina francese riconosciuta da un marchio nazionale: Cuisine Nissarde, che compie ufficialmente 10 anni (anche se un logo identitario c’era già dal 1995). Ma cos’è e com’è la cucina nizzarda, riconosciuta Patrimonio immateriale nazionale dal ministero della Cultura? E’ una cucina di territorio, trasversale fra Piemonte, estremo Ponente ligure e Francia di confine, che propone gli stessi ravioles piemontesi e le verdure farcite o in pastella come nella vicina Liguria. E poi la torta di bietole, la socca (versione della nostra farinata), la pissaladière (variante nizzarda della pizza al taglio, con cipolle e acciughe), il pan bagnat (gran panino rotondo farcito con pomodori, ravanelli, fave, cipolletta, uovo sodo, olive nere e acciughe), i barbajuan, l’ormai internazionale salade niçoise, l’insalata ufficiale di Nizza, (che comprende tra l’altro pomodori freschi, piccoli peperoni verdi, tonno, uova sode, olive caillettes- simili alle taggiasche - acciughe, aglio e foglie di basilico).
Un marchio, tanti indirizzi
Tra Nizza e i dintorni, sono 31 i ristoranti certificati dal marchio «Cuisine Nissarde» (20 a Nizza, 11 nella metropole) compresi street food che seguono la tradizione locale della “merenda e goustaroun”, anche da asporto. La scoperta comincia con una vera scuola di cucina (aperta anche ai turisti, bella idea) che custodisce lo spirito autentico della gastronomia locale e salvaguarda un patrimonio culinario eccezionale. L’Atelier della Cuisine Niçoise, nel cuore della Vecchia Nizza sabauda, al pianterreno dello storico Palazzo del Senato è uno spazio dedicato a corsi di cucina nizzarda, conferenze, presentazioni di prodotti e di artigiani del gusto. La formula classica proposta comprende un’introduzione storica alla cucina e la preparazione di due ricette che poi vengono degustate sul posto. Come spiega la responsabile Christine Gilli (anche lei di origini piemontesi) la cucina nizzarda è l’ identità di Nizza, e visto che la cucina evolve nel tempo può anche essere reinterpretata e attualizzata, ma senza stravolgere le ricette. Obiettivo ultimo? Entrare nel Patrimonio Immateriale dell’ Unesco. Intanto si può gustare l’autentica cucina nizzarda, anche rivisitata: abbiamo selezionato e provato 4 indirizzi emblematici, ognuno con qualcosa di speciale (e qualche altro posto nuovo).
Lou Balico, tradizione davanti al Mamac
Davanti al Museo di arte moderna e contemporanea che si sta rifacendo il look, Lou Balico è dedicato al basilico: così ha battezzato il suo ristorante aperto nel dopoguerra Adrienne Ghiglione-Issautier, dalle Valli Cuneesi del Piemonte emigrata a Nizza, oggi gestito dalla nipote Sara. Un’istituzione, fra beignets di fiori di zucca (invenzione di Adrienne), petits farcis, pissaladière, omelette di zucchine…Tre le specialità: merda de can al pistou, il pesto, preparato nel gran mortaio di marmo (a dispetto del nome inquietante sono degli innocenti grandi gnocchi di bietole, conditi con pesto o con la daube, lo stufato di carne), lo stoccafisso e la torta dolce di bietole per dessert. Curiosità: era il ristorante preferito di Jean Paul Belmondo quando veniva a Nizza, tante le sue foto alle pareti.
20 av. Saint-Jean Baptiste, Nizza, tel. 0033-(0)4-93859371 Sito
Acchiardo, cinque generazioni di cucina nizzarda dal Cuneese
Nel cuore della vecchia Nizza, Acchiardo è aperto dal 1927 dalla famiglia Acchiardo, arrivata a Nizza dalla Val Maira nel Cuneese. Fondato da Giuseppe Acchiardo, oggi se ne occupano Raphael, Jean Francoise e Virginie, quinta generazione di ristoratori che portano avanti con passione la tradizione di famiglia. Virginie, la chef, propone un po’ tutti i piatti nizzardo-piemontesi, a cominciare dall’insalata niçoise qui preparata secondo la ricetta originale (pomodori freschi, tonno, uova sode, olive caillettes- simili alle taggiasche - e acciughe). Nel menu, dedicato alla bisnonna Madalin (Maddalena) la cuoca d’eccellenza del primo ristorante, si ritrovano le specialità : gli gnocchi “merda de can“, preparati con bietole e ragù di daube - lo stufato di carne - i ravioli con ripieno di carne di manzo e bietola , oltre a una perfetta “socca” e allo stoccafisso, il primo venerdì del mese. Le materie prime arrivano da produttori del territorio, da Ventimiglia, la carne da Boves in provincia di Cuneo, e in fatto di vini Acchiardo ha in carta anche i propri, prodotti sulle colline attorno a Nizza (e si producevano nella sala-cantina dove sono esposte le grandi botti)
38 rue Droite, tel. 0033-(0)4-93855116
Lu Fran Calin, anima pop-nizzarda
Nella Vecchia Nizza, proprio sotto la Cattedrale, il ristorante dello chef Daniel Silvetti, diplomato alla prestigiosa Ecole Hôtelière de Nice (e lui stesso tiene lezioni di cucina su richiesta) con la moglie Elvira che si occupa della sala, propone una cucina italo-nizzarda. La sua famiglia è arrivata qui da Torino e ha aperto il locale che è diventato una referenza anche per l’atmosfera informale e pop. Piatti forti la daube Niçoise e gli gnocchi di patate, il Pan Bagnat (anche da asporto), i ravioli nizzardi che si fa preparare allo storico pastificio Barale (Maria Barale arrivava da Vernante nel Cuneese) a pochi passi da qui, il tian di zucchine, i petit farcis. Lo chef è particolarmente attento alla sostenibilità e alle materie prime e aggiunge tocchi personali alle ricette della tradizione nizzarda.
5 rue Francis Gallo tel 0033-(0)4-93808181 - Sito
Chez Davia, dove la tradizione diventa creatività
Un locale piccolo, tradizionale, accogliente, in cucina lo chef Pierre Altobelli con una brigata italo-giapponese. Il ristorante lo hanno aperto negli anni ‘50 i nonni, arrivati dall’Emilia-Romagna, poi lo ha guidato la mamma Aida. Pierre ha lavorato con grandi chef: da Alain Ducasse al Louis XV di Montecarlo a Pierre Gagnaire e Yannick Alléno a Parigi, i Fratelli Pourcel a Shangaï, le Mandarin Oriental a Hong Kong , il ristorante Troigros a Tokyo. A Osaka all’Hotel Intercontinental aveva aperto il suo ristorante Pierre, ma poi ha deciso di tornare a Nizza, con la moglie giapponese Sanae, e prendere in mano il ristorante di famiglia. Dove propone piatti classici appena rivisitati: la ratatouille, i barbajuan alle bietole, la pasta al pesto, farcis e frittini che hanno un tocco da tempura giapponesi, la salade niçoise ,la torta ai fichi per dessert. A riprova che la cucina di tradizione può diventare anche creativa
11bis rue Grimaldi, Nizza, tel. 0033-(0)4—93879139 - Sito
Altri ristoranti dove mangiare la cucina nizzarda
Non hanno il marchio, ma vivono lo stesso spirito: ecco due proposte agli antipodi come atmosfera (e come prezzi) che fanno capire quanto la cucina nizzarda sia radicata in città. E quanto conti il territorio. Nel più nuovo e glam hotel di Nizza, l’Hotel du Couvent, perfetto restauro di uno storico convento nella città vecchia, lo chef Thomas Vetele (che ha lavorato al Peninsula di Parigi, al Savoy di Losanna) prepara anche piatti della tradizione insieme a proposte gourmet: Barbajuans della Roya, gnocchi al pesto, torta al limone. Frutta, verdura e uova arrivano dalla fattoria dell’hotel, nell’entroterra nizzardo, a Touët-sur-Var. E, piccola chicca, il pane viene cotto nel vecchio forno del convento e può essere acquistato anche dal pubblico, come in una normale panetteria.
Nell’ottica del territorio e delle piccole aziende di produttori locali, altro indirizzo-scoperta da provare 21 paysans, delizioso ristorantino bio (tra le specialità i ravioli di spinaci, il minestrone) dove si possono anche fare acquisti di frutta, verdura, conserve. E Nizza ha pure il suo vino urbano: il Vin de Bellet (Bellet è la denominazione del territorio di colline attorno alla città) uno dei più antichi vigneti di Francia che ha ottenuto l’“Appellation d’Origine Contrôlée” (AOC) nel 1941. Lo producono una quindicina di aziende a conduzione familiare, sulle colline di Bellet a un’altitudine tra i 200 ei 300 metri, che godono di un particolare microclima: vini bianchi (Rolle tipico di Nizza, e Chardonnay), vini rossi e rosati (Braquet per il rosé, Folle Noire e Grenache per il rosso). Da degustare per esempio al Domaine de la Source di Caterine ed Eric Dalmasso. Anche loro, come attesta il nome, arrivati dal Cuneese, in Piemonte.