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Il grande cartello non lascia spazio a dubbi sull'imminente apertura di un nuovo Eataly - attualmente il secondo a Roma - all'interno della Stazione Termini, affacciato su quella galleria gommata che separa la biglietteria dai binari. Dove si fronteggiano passaggi, esercizi commerciali e attività di somministrazione: da una parte c'è Vyta (lato via Marsala), dall'altra ci sono Grom e Panella, in mezzo i pop up, dove dolci e dintorni la fanno da padrone, come nel caso di Pompi, De Vivo, Massari, disseminati per il corridoio le scale portano al Forum al piano interrato e alla Terrazza Termini. È in questo scenario, verso il difficile lato via Giolitti, che da qualche giorno campeggia il grande annuncio dell'approdo di Eataly, che si immagina occuperà il mezzanino centrale accanto alla lounge Trenitalia, con accesso molto probabilmente dall'atrio.
A completare il rinnovamento della hall – ancora in parte in corso – che rimodula gli spazi della biglietteria per ospitare l'ampia area assistenza clienti, dal lato opposto rispetto Mignon alle Mura, caffetteria di stampo partenopeo che guarda una parte di Mura Serviane.
La Stazione Termini da luogo di transito a luogo di consumo
Cosa ci racconta la prossima apertura di Eataly a Roma Termini? Da una parte la corsa della stazione capitolina e di Grandi Stazioni (la società che gestisce tutti gli spazi commerciali e di comunicazione delle 14 maggiori stazioni italiane) per accreditarsi come snodo commerciale e gastronomico – oltre che ferroviario - anche in vista degli appuntamenti internazionali che attendono la Capitale come il Giubileo del 2025 (per il quel sono previsti investimenti per 15 milioni di euro) o, più prosaicamente, l'imminente Ryder Cup. Un po' come avvenne quasi un quarto di secolo fa, quando un investimento di circa 119 milioni di euro e lavori a ritmi serrati riuscirono a consegnare al Giubileo del 2000 un luogo rinnovato, recuperato almeno in parte dal degrado, e capace di dialogare con un pubblico trasversale attraverso vetrine splendenti e insegne con brand molto riconoscibili. Un'opera che si è mossa per step, con il Forum al livello sotterraneo (un tempo vera terra di nessuno) e la più recente nascita della Terrazza, una decina di anni fa, oggi vera food hall di respiro internazionale affacciata sui binari, che è riuscita a costruire un'offerta adeguata agli utenti in transito ma capace di attrarre anche chi si trovasse nei paraggi.
Merito di un mix ber ripartito tra marchi cittadini in vena di espansione, quindi sempre meno connotati come locali – tra gli altri Panella, Alice Pizza e la versione da viaggio di Numa – affiancati da nomi nostrani di diffusione capillare (Vergnano, Venchi, Grom, Focacceria S. Francesco, Rossopomodoro) e grandi brand internazionali, Wagamama (dove un tempo c'era Antonello Colonna), Paul Boulangerie, McDonald's, Five Guys, e Starbucks in duplice sede. Rispondendo perfettamente, con questi super catene, alle coordinate tipiche dei nonluoghi, ma anche con un netto miglioramento rispetto alla desolante offerta a disposizione solo fino a pochi anni fa. A completare il quadro, la sede capitolina del Mercato Centrale di Umberto Montano, dal 2016 locatario di rango negli spazi della Cappa Mazzoniana in cui sono disposte le varie botteghe (che ,come prevede il format, fanno riferimento direttamente al Mercato).
Eataly guarda alla ristorazione da viaggio
Ma l'arrivo del megastore del cibo italiano a un passo dai binari, nuovo affittuario di grido, ci racconta anche di una sterzata di Eataly verso la ristorazione in viaggio. Del resto il nuovo ad, Andrea Cipolloni, che a fine 2022 ha sostituito Nicola Farinetti – figlio del fondatore Oscar e oggi presidente – ha lungamente gravitato in Autogrill. E lo stesso attuale azionista di maggioranza Andrea Bonomi (che con Investindustrial detiene, nel nuovo assetto, il 52% del capitale) non ha mai fatto mistero che il modello Autogrill fosse un esempio da perseguire per rimettere in sesto le casse della creatura di Farinetti. Insieme a un consistente aumento di capitale per sanare un bilancio che solo lo scorso anno vedeva un rosso di quasi 26 milioni di euro, e che più in generale ancora patisce gli effetti della lunga stagione del Covid, ma anche di alcuni investimenti non felicissimi.
Così Investindustria ha portato – per usare le parole di Oscar Farinetti - “energia fresca e capitali” (oltre 300milioni il valore complessivo dell'operazione) che consentono di azzerare il debito finanziario e ripartire con nuovi progetti “per rinforzare il ruolo della compagnia come ambasciatore globale del food Made in Italy, sia attraverso l’apertura di nuovi flagship store, sia con lo sviluppo di nuovi formati” ufficializzava qualche tempo fa una nota di Investindustrial. Stati Uniti – previsto uno store a Philadelphia entro la fine del 2023 – e Abu Dhabi le prossime destinazioni, con uno sguardo attento sulla Cina. In Italia invece l'apertura di un ampio store al mezzanino del Terminal 1 dell'aeroporto di Fiumicino nel 2022 ha forse rappresentato l'avvio di una nuova prospettiva che va a cogliere il consumatore in viaggio, come pare confermare la prossima apertura di Roma Termini e di cui si è avuto un assaggio nell'unico (almeno per ora) Eataly per Autogrill, quello nell’area di servizio di Secchia Ovest lungo l’A1, tra l’allacciamento con l’A22 e il casello di Modena Nord (anticipando la mossa di Enilive e Alt Stazione del Gusto di Niko Romito). Un'apertura significativa che ha sancito anche una comunione di intenti. Tra gli obiettivi ora ci potrebbero anche essere gli aeroporti statunitensi, attraverso la controllata Hms Host, acquisita dai Benetton – dunque da Autogrill - nel 1999.
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