Sentirsi a casa in un ristorante di Milano. Cosa ci ha convinti di Frangente tra fuori menu e contorni da non perdere

16 Mar 2025, 15:27 | a cura di
Mare o terra, o molto più spesso mare e terra insieme: la cucina di Federico Sisti è golosa, confortante, mai banale, sa ristorare e incuriosire

Consideriamolo un bene rifugio, quel ristorante a via Panfilo Castaldi che da qualche anno è casa e bottega di Federico Sisti. Non che abiti qui, s'intende, ma l'atmosfera e l'affettuosa accoglienza che sa costruire rendono Frangente uno dei quei posti che presto diventano familiari. Che hanno quel qualcosa in più che ti fa sentire a casa, e fa da richiamo quando cerchi riparo nelle serate di stanchezza e soliutudine come spesso capita a chi viaggia tanto. Mettici poi che non è troppo distante dalla Stazione Centrale, quel tanto che basta per essere in traiettoria una volta scesi dal treno, e che lui ti accoglie con un po' di pane e due fette di salame, e il quadro è completo.

Il bancone è lì ad accoglierti, e con lui anche Sisti, cappellino d'ordinanza, sorriso aperto e cordialità a mucchi. È uno che ci sa fare, nel miglior senso del termine: ti mette a tuo agio, ti ben dispone, ti fa dimenticare per un po' di tutto il resto. Soprattutto se hai la fortuna di sederti al bancone. Ambitissimo, anche perché è il luogo degli scambi: succede di fare amicizia, di incontrare facce conosciute, di beccare qualche assaggio estemporaneo, condito come sempre da una parola e uno sguardo di complicità anche nelle serate a ritmi più sostenuti. Il servizio segue lo stile del patron: svelto, sorridente, accurato. L'atmosfera è quella giusta. I piatti pure.

Cosa si mangia da Frangente

Terra e mare, il menu si smarca tra una dozzina di proposte a mano libera che rimandano alla cucina milanese, come cotoletta di vitello bella alta e rosata, o a quella romagnola, ed è il caso dei cappelletti, signature dish che lui fa con burro, aceto invecchiato 6 anni e bottarga di tonno, mentre il raviolo di zucca burro e salvia prende una direzione più personale con la mostarda di frutta e il midollo di vitello. Terra e mare, dicevamo, spesso anche insieme, come nella pasta mista con crema di fagioli, ragù di cozze e calamari, nervetti di vitello o nella tartare di manzo con acciughe capperi e bottarga di muggine. Le animelle ci sono quasi sempre, pur cambiando spesso negli abbinamenti, imprevedibili come quello con astice, zucchine e zest di limone. Interiora e quinto quarti si contendono il pass con pescato di livello e verdure, che qui – ah che gioia! - non sono piatti strutturati, secondi vegetariani o antipastini green ma sono contorni veri e propri: puntarelle, bietoline dolcissime, fagiolini, zucca o radicchi. Tanti da riempire il tavolo, se la giornata è quella giusta. Ma attenzione, non sono dichiarati in menu: bisogna chiedere.

Federico Sisti si diverte, e si vede: gioca a piazzare qua e là qualche tocco imprevisto, che dà slancio e dinamismo a una cucina che poggia su una grande precisione tecnica. Quella che ha acquisito nel suo percorso che dai ristoranti della riviera romagnola, da ragazzo, l'hanno portato da Aimo e Nadia a Milano, all’Hotel Bauer di Venezia con Giovanni Ciresa, poi in Toscana da Gaetano Trovato e da Stefano Ciotti al Vicolo Santa Lucia di Cattolica; i più se lo ricordano però al Ronchettino di Milano dove ha messo a fuoco quella cucina di puro piacere, agile, moderna, nuova ma senza strattoni, fatta di mercato e fantasia, confort e sorpresa.

Il menu segreto dei fuori menu

I fuori menu sono il suo parco giochi: protagonista è il pesce dell'Adriatico, come piace a lui, surfista riminese che ha conservato un rapporto speciale con il suo mare. Non c'è una seconda carta, ma una proposta di misura che cambia e si esaurisce in un tot, ma che può costruire un intero menu. Lui prende il meglio di quel che trova e poi improvvisa, forte di una grande sensibilità e di capacità di padroneggiare, senza inutili virtuosismi, prodotti e cotture. Così ai gamberi crudi aggiunge un cappero per un tocco di sprint – un po' come nel calamaro alla brace con cicoria e acciughe del Cantabrico - mentre le canocchie, che in Romagna sono un punto fermo, le serve nature. I piatti arrivano in sequenza, un po' meno di porzioni, un po' più che assaggi, abbastanza per soddisfare pienamente pancia e gola, come in una favolosa sogliola fritta accompagnata da un'insalata di carciofi o nella triglia molto succulenta.

Si beve bene, con una carta che forse non sarà accademica né enciclopedica, ma è chiaramente frutto di una selezione che segue gusti e passioni personali: lo Champagne – diviso per regioni – e le bollicine dal resto della Francia e dall'Italia, i bianchi italiani, con grandi friulani, Borgogna, Loira e la Slovenia. E poi i rossi: Piemonte, Toscana, Siciia, ma anche Borgogna e Valle del Rodano. Però nulla vieta di pasteggiare con qualche classico della miscelazione, un secondo piccolo bancone di servizio è allestito all'uopo, nello spazio tra le sale, che nei giorni di sold out possono essere parecchio animate.

Frangente Milano – Milano - via Panfilo Castaldi, 4 - 02 96844851 - https://www.frangentemilano.com/

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