È la nuova frontiera di Langa e Roero: quel gusto che si fa portatore di materie prime locali e sapori che provengono (anche) dal Sud Italia. Gli chef che hanno stregato il palato di quanti si aspettano da questo territorio il meglio della tradizione locale sono tre campani e un pugliese: professionisti con trascorsi importanti capaci di donare quel guizzo di solarità contagiosa che dalle acidità e dai ricordi d’infanzia guarda al mondo per poi tornare in Piemonte. È grazie anche ai fratelli Giuseppe e Francesco D’Errico, a Tommaso Fernando Forino e a Pasquale Laera che, in punta di piedi, si stanno costruendo i gusti della Langa e del Roero di oggi. Gusti che non sono migliori o peggiori di altri, ma che semplicemente apportano alla tradizione uno sguardo diverso, in grado di farla vibrare a livelli più alti nel pieno rispetto della sua essenza. Andiamo a conoscerli.
Viaggio tra gli chef che hanno conquistato Langhe e Roero
La Madernassa
È su quel limite labile che detta i confini tra Langa e Roero che si trova La Madernassa, il ristorante guidato dai fratelli Giuseppe e Francesco D’Errico. La location, che prende nome dalla celebre varietà di pere che cresce in questa zona, comprende, oltre al ristorante, un resort e un bio parco da 15 mila mq dove crescono oltre 400 erbe aromatiche. È in questo contesto che dal 2022 gli chef di Succivo (nel casertano) hanno deciso di fermarsi dopo gli studi all’Alma di Gualtiero Marchesi ed esperienze in importanti cucine europee: alla Maison Troisgros come sous chef di Michel Troisgros e all’Ornellaia di Zurigo come executive chef dove Giuseppe viene affiancato dal fratello Francesco. La tecnica e l’eleganza apprese oltralpe approdano dunque nel Roero in percorsi gustativi capaci di valorizzare le materie prime locali con uno sguardo che sa essere anche campano. Succede con la parte più agrumata di una cucina raffinata che vuole essere golosa: lo racconta il percorso Qui e Altrove dedicato proprio a piatti che rievocano la tradizione piemontese e campana. Ecco il Carpione con la Trota salmonata servita su una gelatina agro dolce, il Grande Rosso (un carnaroli cotto in brodo di pomodoro e condito con polvere di origano di Pantelleria e olive taggiasche) o ancora Genovese: un raviolo di cipolla farcito con ragù di manzo, cremoso al pecorino romano e olio all’alloro.
E proprio gli agrumi sono un codice distintivo di questo aspetto: “Nel percorso a mano libera – spiega lo chef Giuseppe D’Errico – c’è un piatto che si chiama Inaspettatamente gentile. Si tratta di ravioli di pasta all’uovo con all’interno un ripieno di liquido di nocciola che noi abbiniamo a un pralinato, a gamberi rossi di Mazara e che serviamo con un consommé di crostacei e olio di arancia. L’agrume, il limone nelle salse, conferiscono ad alcuni dei nostri piatti quella freschezza e quei gusti netti che andiamo a sviluppare con diverse acidità e con fermentazioni che poi controbilanciamo con sale, amaro, dolce”. E questi elementi si esprimono in un connubio costante, capace di guardare anche alle spezie e al mondo orientale, ma in cui Piemonte e Mediterraneo convivono in modo perfetto come nel caso del Taco con le lumache di Canale (territorio puro) abbinate a profumi più esotici come la purea di mais, il lime o il peperoncino, della Trota iriea del torrente Pesio (siamo sempre in provincia di Cuneo) cotto in oliocottura su una pietra ollare servita con una vinegrette di ravanelli sott’aceto, rafano e Nasturzio o ancora di Essenza in cui una triglia è abbinata ai porri di Cervere (sempre local) e lavorata con beurre blanc e dragoncello.
Osteria Arborina
È poco più di un anno che Fernando Tommaso Forino è alla guida dell’Osteria Arborina in quel di La Morra, cuore pulsante di Langa e di produzione del Barolo. Qui, all’interno del relais dotato di una decina di suite e una piscina con vista sui vigneti, Forino ha trovato il luogo in cui esprimere le sfaccettature di una cucina capace di portare gusti netti e decisi in ogni piatto. Del resto le sue esperienze parlano chiaro: lo chef campano ha lavorato nelle brigate di importanti ristoranti stellati guidati da professionisti come Anne-Sophie Pic, Michel Bras, Nino Di Costanzo o Andrea Aprea. La cucina di Forino è, in primis, tecnica, gusto, divertimento. Con una ricerca della pulizia del palato spesso perseguita nell’utilizzo dell’acidità nascono piatti che diventano icone come le Alici in Verde o la Sogliola in ceviche. “Le cucine di Piemonte e Campania ha diversi tratti comuni: entrambe sono di basi povere e molti ingredienti hanno una matrice mediterranea, basti pensare alle acciughe, ai capperi o al prezzemolo. L’utilizzo dell’acidità poi – spiega Forino – mi piace perché stimola le papille gustative. Io sono cresciuto con l’uso di sottoli e di elementi di conservazione come l’aceto: qui in Piemonte il pensiero non è così distante, basti pensare a piatti come la Giardiniera”. Con questo accento nascono proposte come appunto le Alici in verde, chiaro omaggio al territorio e a icone locali come la bagna cauda. “Prepariamo un’insalata di prezzemolo riccio – spiega Forino – condita con un'emulsione di garum che realizziamo con teste e lische di alici e che poi montiamo con olio evo, condiamo con polvere di Katsobushi di alici e lasciamo marinare per 46 giorni. La accompagniamo con alici ripiene di mollica di pane e acciuga a cui sopra aggiungiamo crema all’aglio bianco a base aceto, mollica di pane, foglie di capperi, estrazione e olio di prezzemolo”.
E poi il Tonno di coniglio, glassato con una salsa di acciughe e capperi e guarnito con fiore di tarassaco ed accompagnato da carciofo fritto e uovo marinato o ancora un piatto che celebra Campania e Piemonte: un risotto mantecato con burro e parmigiano ricoperto da polvere di sumac e lampone, alla cui base c’è un gustoso ragù alla genovese. Insomma, tra prodotti locali, tecnica e culture che si uniscono, la cucina di Forino guarda a tradizioni comuni rivisitandole, ma soprattutto “Il Sud che raccontiamo – spiega – è quello che si vede nello spirito, nell’accoglienza, nel modo di impostazione della sala senza l’utilizzo di troppa formalità”. Lo chef gestisce anche il bistrot The Lab che si trova sulla terrazza panoramica dell’Osteria Arborina: qui la scelta alla carta spazia da classici piemontesi come i Tajarin, i plin, il vitello tonnato, a piatti tipici della cucina italiana pensati anche per essere condivisi allo stesso tavolo.
Borgo Sant’Anna
Ha scelto il Piemonte, lo chef pugliese Pasquale Laera, come sua seconda casa. Qui ha deciso di fermarsi dopo le esperienze con Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi sul Lago d’Orta e poi al Boscareto Resort di Serralunga d’Alba dove ha ottenuto la prima stella Michelin. Ed è proprio in Langa, a Monforte d’Alba, che nel 2019 ha aperto la sua attività. Il posto è superbo: immerso tra le colline e i filari di vite che sembrano perdersi all’infinito, Borgo Sant’Anna è un luogo vocato all’accoglienza in continua evoluzione (in previsione la realizzazione di alcune camere). Il ristorante stellato si divide in differenti sale ed è dalle grandi vetrate della principale che sembra, oltre l’infinito delle colline, di vedere il mare. Ma qui, dove in estate è anche possibile cenare sulla terrazza che guarda l’orizzonte, il menù di Laera è un inno a saperi contadini tramandati e rivisitati, capaci di raccontare sia il Piemonte sia la Puglia. “La mia cucina – spiega lo chef – utilizza prodotti del Nord Italia, ma con una gestualità tipicamente del Sud. Per esempio, il carpione tipico piemontese, lo propongo con la verdura della mia terra: la Puglia è presente nel mio accento e in tutto quello che faccio come può accadere nella marinatura dell’agnello che ricorda quello che preparava mia mamma. La cucina del resto – prosegue – custodisce ricordi che sono di petto, di gusto, e io conservo sempre quel gusto contadino che forse è stata la mia fortuna”.
Così nascono portate come Pasta e cozze o Conchiglia e conchiglia: “Per realizzare questo piatto – prosegue lo chef – realizzo una crema di ortiche che è tipica di queste parti: frullandole ho la sensazione del profumo delle alghe e quando la assaggio mi ricordo lo scoglio sul mare. Qui c’è il Sud: la salsa di ricci, il brodo di granchio, le alghe fritte. Sei sulle colline di Langa ma, a livello gustativo, ti sembra di essere seduto in riva al mare”. E con il Piemonte Laera ha creato un legame davvero intenso grazie ai rapporti costruiti con contadini e allevatori: “Perché qui la campagna la respiri ed è quello che più mi ha legato al territorio”, aggiunge. E via con Carciofo, tuorlo al Sorì e cipolle alla brace, Animella alla graticola, limone e acetosa, Fave, cozze e pecorino o ancora all’Assolo di caccia: menu dedicato alla cacciagione proposto tutto l’anno che con il Cervo marinato, capperi, nocciole e caviale tocca uno dei punti di massima espressione.
Per valorizzare prodotti e gusti del posto nel 2022 Laera apre, appena sopra la collina di Borgo Sant’Anna, anche un altro luogo di accoglienza: si chiama Lostu (osteria in quel piemontese che lo chef pugliese ha imparato a comprendere e a parlare) e nasce come locale dedicato alle antiche ricette locali con una grande cantina che è vetrina di tutti i vini di Monforte d’Alba.