La solitudine dellโexecutive chef commissariato. Quello che รจ a capo di una cucina di un ristorante di un grande chef che ci mette il nome, la gloria, lโidea di cucina ma non il lavoro quotidiano.
Collezionisti di stelle
Parliamo, pare chiaro, dei secondi ristoranti degli chef-issimi. Famosissimi, bravissimi, premiatissimi. Enrico Bartolini, Antonino Cannavacciuolo, Heinz Beck, Niko Romito, Massimiliano Alajmo, Massimo Bottura. Chef-imprenditori che a un certo punto hanno deciso di fondare un impero basato sul proprio nome, aprendo ristoranti in altri luoghi e in altri laghi, mettendo a capo della cucina allievi fidati, di solito opportunamente giovani. Vassalli con il mestolo in mano, con tutti gli oneri di chi deve saper far filar liscia una brigata, salvo che poi lโeventuale stella Michelin finisce ad arricchire il carniere sovente giร onusto di gloria dello chef titolare. Nascono cosรฌ le undici stelle di Bartolini, le sette stelle di Cannavacciuolo, le sei di Heinz Beck. E se la mia calcolatrice ha sbagliato i conti, siate clementi, suvvia.
Ragazzi di bottega
Luigi Bergeretto, Mattia Pecis, Emin Haziri, Christian Balzo, chi sono costoro? Sono i resident chef rispettivamente del Fuoco Sacro by Enrico Bartolini, di Cracco Portofino, del Cannavacciuolo Bistrot di Torino, di Piano 35, il locale torinese di Marco Sacco, quello del Piccolo Lago. Nomi presi a caso, avremmo potuto farne altri.
Gli addetti ai lavori un poโ li conoscono, ne apprezzano lโumiltร e la capacitร di mettersi al servizio di un nome ingombrante, che risucchia lodi e premi. Sono quelli che lavorano a bottega, con dedizione e mano felice, ma senza diritto alla gloria. Qualcuno, nomi non ne faremo, ogni tanto fa filtrare un poโ di frustrazione per questo ruolo di primo tra gli operai, di sous chef senza chef. Che poi si sa benissimo, la stella appartiene al locale, mica allo chef.
Quindi se lโinsegna reca il nome del padrone, รจ lui che sale sul podio per sentire suonare lโinno, mica il portatore di acqua. Che poi in fondo quest'ultimo di che cosa si deve lamentare? Ringrazi il cielo per il fatto di lavorare in una โsquadra fortissimiโ, al servizio di uno chef che con il suo nome rappresenta lโascensore per il paradiso, un paradiso perรฒ ci sui si addenta la fetta piรน piccola.
Lโanomalia Ascani
Certo, ogni tanto alcuni dei resident chef tirano fuori una personalitร che li mette al riparo da questa sorta di โfacentefunzioneriaโ. Pensiamo a Donato Ascani di Glam, il bistellato veneziano del solito Bartolini, il fabbricante di stelele. Perfino il grande cuoco massese si รจ dovuto accorgere che il ciociaro andava lasciato giocare a tutto campo, e ormai il bel locale di calle Tron รจ diventato โquello di Ascani e sรฌ, anche di Bartoliniโ.
Anche Gabriele Boffa sda quando ha portato La Locanda del SantโUffizio, altro locale bartoliniano, alle due stelle, pare avere acquisito una sua indipendenza di pensiero, non solo lotta ma anche un poโ di governo. Forse sono le due stelle il limite oltre il quale non si diventa piรน โlo chef diโ ma โlo chef cheโ, come se la prima stella fosse compresa nel pacchetto della fama, uno โstart kitโ della gloria. Poi certo, anche alcuni monostellati per conto terzi godono di una certa fama loro propria, come il bravo Vincenzo Manicone del Cannavacciuolo Cafรฉ & Bistrot di Novara o Karime Lopez che guida Gucci Osteria a Firenze con Massimo Bottura come mandante. Ma si tratta di eccezioni, di guinzagli piรน lunghi conquistati con personalitร inconsuete. Dura la vita degli executive chefโฆ