Una riapertura nel segno della rinascita e della contemporaneità per il Charleston, lo storico ristorante di Palermo che torna nei luoghi del centro del capoluogo siciliano dove tutto è iniziato. Con Casa Charleston, la terza generazione della famiglia Glorioso continua l’ambizioso progetto iniziato nel 1967 e che ha portato il ristorante, primo in Sicilia e nel Sud Italia, ad ottenere due stelle Michelin.
Spinto da un incessante spirito di avanguardia, ricerca, e dalla straordinaria vocazione internazionale, il Charleston è sempre stato il simbolo della Palermo cosmopolita e di una certa cucina innovativa in grado di intercettare anticipatamente tecniche, tendenze, piatti della cucina internazionale e della migliore cuisine francese. Quel luogo-simbolo - che ha ospitato personaggi famosi come Maria Callas, Sergio Leone, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Al Pacino - ha continuato a vivere nella memoria collettiva anche con il trasferimento del ristorante a Mondello, dove è rimasto aperto fino allo scorso anno.
Della grandeur nata con il primo Ristorante Charleston resta lo spirito, l’ambizione e l’innovazione delle idee di un progetto moderno oggi declinato in caffè, bistrot, cocktail bar e ristorante fine dining. Due piani in un luogo unico dalle tante anime, dove convivono stile, design, architettura e ovviamente la cucina d’autore affidata all’executive chef Gaetano Verde, il giovane chef palermitano che torna alle radici dopo tante esperienze internazionali fuori dall’Isola.
La cucina “istintuale” di Gaetano Verde
Definisce la sua cucina “istintuale”, dinamica, fresca, piena di energia che sfugge alle tentazioni di suggestioni nostalgiche e viaggi nella memoria del patrimonio siciliano. Il giovanissimo chef Gaetano Verde, classe 1995, torna nella sua Isola dopo tante peregrinazioni che diventano ispirazioni per il suo bagaglio gastro-culinario.
Dalle cucine di Taverne Estia di Napoli a quelle di Organika in Toscana fino al Lebury di Londra. Tante e blasonate le esperienze dello chef Verde che continua a vedere Parigi come il faro illuminante e guida della sua rotta gastronomica. Nella Ville Lumière, lo chef ha acquisito esperienze sia nell’alta ristorazione a Le Pavillon de la Reine, a fianco di Joël Robuchon e Mathieu Pacaud, che nella grande ristorazione dell’hôtellerie del Ritz.
Ora, lo chef Verde ha una grande occasione e una nuova sfida: sperimentare e mettere alla prova le sue conoscenze ed esperienze diversificandole nei tre luoghi di Casa Charleston, affiancato dal sous- chef Claudio Terranova, da una brigata di quindici persone e dal bartender Flavio Giamporcaro con la sua cocktail list. La visione olistica di Verde e della sua squadra rivela capacità di coerenza e di continuità pur nella diversità degli spazi e dei concetti che identificano il Caffè, il Bistrot e il Ristorante.
Le mille declinazioni del Charleston
Il caffè rende omaggio al breakfast di respiro internazionale - dalle “viennoiseries” al Club sandwich, avocado toast, Caesar salad- senza dimenticare i classici della pasticceria francese e italiana. Non un semplice coffee bar quello di Casa Charleston, che si arricchisce di special coffee e una selezione di tè, e che diventa cocktail bar al crepuscolo.
Ma il fulcro di Casa Charleston è il Ristorante al primo piano. Un fine dining che non vuole essere intrappolato in nessuna nomenklatura limitativa della più complessa visione e progettualità dello chef. Tre menù degustazione definiscono un percorso dove il vero protagonista è l’ingrediente. «Tecnica, rispetto della materia prima, ricerca, studio, creatività. Per me fare cucina contemporanea è avere una grande capacità nel conoscere gli ingredienti, le materie prime, rispettando le stesse senza esasperarne la tecnica»- commenta lo chef Verde.
Cosa si mangia
Tra i signature, il Carpaccio di Pomodoro, acido e fresco, con olio di lavanda e more, che utilizza 5-6 tipologie di pomodoro diverse, servito in più passaggi, la Ventresca di tonno e farinello, a base di jus di vitello, pancia di tonno e spinacio selvatico, croccante, condito con aceto di mele non pastorizzato e limone maturato al sale (tre mesi con sale di Mozia) per la parte acida e cotto con il faggio della Sila.
«Conoscere la tecnica in cucina significa riconoscere l’identità del prodotto e trovare la giusta veste attraverso il giusto metodo di cottura che possa esaltarne le qualità. L’attenzione maniacale al prodotto vuol dire la valorizzazione netta dell’ingrediente attraverso la tecnica. Non è quest’ultima che deve prevalere ma la materia prima. La creatività dello chef viene dopo, come step finale», commenta lo chef Gaetano Verde.
Dalla brace che utilizza la quercia dei Nebrodi come combustibile alle basse temperature. Sono alcune cotture che Gaetano Verde usa per i suoi ingredienti e prodotti che arrivano dal “chilometro buono”, dice lui, da tutti quei fornitori, siciliani e non, che rispettano la terra e le materie prime, nonché dall’Orto del ristorante Charleston e quello urbano dove si coltivano erbe spontanee e fiori eduli. «Nel piatto non lavoro tanto per contrapposizione dei gusti ma spesso per sovrapposizione, evidenziando la texture che meglio rivela e rispetta l’ingrediente». Una cucina personale che è frutto di esperienze internazionali. «La mia - conclude lo chef Gaetano verde - è una lettura di tutto quello che ho imparato in Francia, in Toscana, a Napoli e in Sicilia».
Viaggio dentro Casa Charleston
Carta da parati di inizio secolo, stucchi, appliques in ferro e ottone recuperate e ridipinte a mano dagli artigiani; boiseries in legno, mosaici e cornici di foto storiche ricostruiscono il passato glorioso. È un viaggio nella memoria dei fasti del ristorante, la progettazione affidata al designer Sergio Colantuoni, che segue un progetto di stratificazione di stili giocando con il tempo passato e futuro. Una nuova identità stilistica che parte dalla memoria e dalla storia ma che si proietta nel futuro.
In questo complesso recupero architettonico degli spazi, nello stesso luogo dove era nata l’Antica Pasticceria Mazzara, altra storica azienda della famiglia Glorioso, c’è una grande attenzione ai materiali naturali o di recupero, come essenze di legno, marmi, ceramiche e ottone, cocciopesto, a tecniche antiche che convivono con sculture realizzate da designer e laboratori artigianali.
«È l’inizio di un nuovo corso nel segno della continuità storica oltre che del rinnovamento. Per dar seguito a questo progetto, abbiamo ritenuto che fosse opportuno ripartire da dove tutto è iniziato ma con un format più attuale e contemporaneo- commenta Gianfranco Anello, proprietario del Charleston. «Il mio impegno è quello di raccogliere la grande eredità familiare e proseguire in un percorso di qualità attraverso una formula più contemporanea di all day dining, in grado di trasformare il nuovo Charleston in un vero e proprio salotto cittadino, aperto alla città ed i suoi visitatori. Per noi, è come un ritorno a casa».