«È una scommessa per me vivere qui», dice Mario Peqini. All'attivo anni in alcune delle cucine più blasonate d'Italia (tra le altre quelle di Piazza Duomo ad Alba e de Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano), Peqini è chef e pasticcere, parte originaria di quel collettivo chiamato Pass121 che vedeva al suo interno fuori classe come Fabrizio Fiorani e Loretta Fanella, talenti capaci di creare connessioni dirette tra cucina e pasticceria, mettendo insieme tecniche, rigore scientifico, visionarietà. Lo avevamo perso di vista per un certo periodo, complice anche la foschia che l'epoca del Covid ha lasciato cadere sulle cose. Oggi lo ritroviamo a Canicattì, nell'agrigentino, non proprio l'epicentro dell'alta ristorazione; «L'entroterra siciliano è difficile – commenta – non ci sono troppe persone che danno valore al meridione». Nella città dell'uva è arrivato un paio di anni fa per prendere in mano Aquanova Hosteria di Pietro La Torre. La Torre, pugliese di nascita e siciliano per amore, è stato tra i primi imprenditori dell'isola a investire nel mondo dei catering, negli anni '90; ancora oggi la banchettistica è il main business della famiglia, ma durante gli anni della pandemia ha tirato fuori un sogno dal cassetto mettendosi alla prova con un ristorante vero e proprio in un 'incredibile struttura del '600: una Casa d'Acqua che assicurava le riserve idriche alla città di Canicattì, sorta di acquedotto-cisterna risalente all'epoca della dominazione spagnola convertita grazie a un restauro conservativo.
Superati gli stop&go imposti dal Covid chiama Mario Peqini ad affiancarlo in questo progetto: Aquanova Hosteria deve essere il biglietto da visita di tutta l'azienda, il suo fiore all'occhiello, ma anche il laboratorio in cui studiare i piatti per il catering, fare ricerca, formare il personale. Il tutto mantenendo un'ospitalità familiare, una cucina semplice in termini di gusti, legata alla tradizione, ma nelle coordinate del fine dining. È l'unico della zona. «Vogliamo portare anche le giovani generazioni a scoprire nuovi sapori e nuove texture, scoprire delle cose semplici in una versione contemporanea». È un modo per fare coscienza e cultura gastronomica. «Vogliamo che chi viene possa dire senza incertezze: sì siamo in Sicilia».
L'orto e i piccoli produttori
Il ristorante ha un piccolo orto interno alla struttura: erbe aromatiche, qualche agrume, cime di rapa, cavolo riccio e nero, pomodori. In base a quel che offre Peqini crea il menu: la filosofia in cucina parte dal prodotto. Dove non arriva l'orto ci sono i piccoli produttori della zona che gli vanno direttamente da lui con quanto raccolto: «Una cosa che ho scoperto in Sicilia: lavorando in grandi cucine non vedevo mai i produttori, qui invece ho un contatto diretto con chi mi porta verdure o altre cose. Questo mi dà modo di lavorarle al meglio». Usa cicoria spontanea con le radici rosse, bietole, broccolo siciliano, tenerumi. «Il mio compito è mettere in tavola al meglio ogni cosa» spiega, secondo una filosofia di cucina in cui la tecnica segue il prodotto, mai il contrario. «Cerco di dare valore ai frutti del territorio mediante le tecniche che conosco, ma anche cercando di avere uno sguardo che si spinge fuori dalla Sicilia, sia per la mia esperienza, sia per le origini pugliesi di Pietro».
Cosa si mangia da Aquanova Hosteria
Ecco allora che insieme all'uovo poché con crema di tenerume, olio al cipollotto bruciato, patata affumicata e cavolo nero leggermente abbrustolito - «un piatto con tanto gusto che trasmette l'idea che anche i prodotti molto semplici possono avere un grande valore» - ci sono cose come lo spaghettone di Tenuta Costa (con grani siciliani) con estratto di cicoria dell'orto e plancton, ricci di mare e concentrato di origano cubano anche questo dell'orto, o il rombo chiodato al vapore con salsa di porri, salsa tamari home made (preparata con scarti di verdure), olio al basilico, verdure a foglia verde, bietole a coste colorate con polveri di erbe dell'orto. Le carote di Polignano, invece – omaggio a La Torre – diventano una tartelletta colorata con cavolfiore in vellutata con capperi e cucunci, e verdure in carpione; «come se fosse una giardiniera in versione contemporanea» commenta.
Tra i piatti più rappresentativi, però, c'è una zuppa di cipolla paglina, servita con un panfrutto (con fichi e altra frutta secca), riduzione di mosto di uva Italia e ragusano grattugiato, un'immersione nel territorio: il vegetale locale, presidio Slow Food di Castrofilippo, «che non viene ancora valorizzata a dovere come protagonista di piatti», ma anche l'uva di cui Canicattì è tra i maggiori produttori, il formaggio. La carta (4 opzioni per ogni passaggio) e i due degustazione (5 portate di mare o di pianura e collina, da 55 a 80 euro, nei periodi di tartufo bianco) variano spesso, in base all'orto e al mercato, e i piatti completano il loro ciclo finendo spesso nei menu degli eventi.
Su tre livelli, Aquanova ha una sala con 18 coperti accanto alla cucina, un privé al piano superiore dove si trova la pasticceria – nei periodi di vendemmia vale la pena assaggiare Terre d'uva un dolce a base di budino di uva con crema allo yogurt vaccino e caviale di storione – delle sedute nell'antica cisterna che ora ospita la cantina con oltre 2mila bottiglie di vino siciliano, e non solo: i sommelier Emanuele Mangiapane e Danilo Mangiavillano hanno selezionato etichette da tutta Italia, Francia, Australia e persino Cina. Per il futuro si pensa a una proposta analcolica, ma nel frattempo la cisterna è aperta, e scommette su Canicattì
Aquanova Hosteria - Canicattì (AG) - via Monsignor Ficarra, 59 - 0922 629468 - https://aquanovahosteria.it